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Massimo Polidoro analizza l’esperimento di Lecconotizie

“Viviamo in un mondo che è sempre più attraversato e pesantemente influenzato da falsità, bufale, teorie del complotto”

LECCO – Il progetto dedicato alla Fake News che Lecconotizie ha sviluppato insieme alla società Creeo Studio di Lecco in occasione del Decennale, si chiude con la “lettura” finale affidata a Massimo Polidoro, giornalista, scrittore e divulgatore scientifico italiano, nonché volto noto della trasmissione Superquark ideata e condotta da Piero Angela. Polidoro è uno dei principali esperti a livello internazionale nel campo dei misteri e dei fenomeni insoliti. È fondatore, insieme a Piero Angela, Umberto Eco e Margherita Hack, del CICAP, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni Pseudoscientifiche. Inoltre è autore di oltre quaranta libri e scrive per Focus e The Skeptical Inquirer.

Polidoro ci aiuta a capire perché crediamo così facilmente alle bufale e cosa possiamo imparare dall’esperienza del progetto del Decennale di Lecconotizie.

Massimo Polidoro
Massimo_Polidoro (foto di Massimo Pistore)

 

La bufala del San Martino: che cosa possiamo imparare?

È possibile creare una notizia falsa, che sia capace di essere creduta vera, di scaldare gli animi e suscitare reazioni anche forti? È quello che Lecconotizie ha cercato di verificare con il suo “esperimento sociale”.

Il 10 settembre scorso, con un raggio laser si è proiettata la scritta: “Questa montagna fa parte della Provincia di Como” su una parete di un monte che riveste una particolare importanza simbolica per la città di Lecco. A firmare la rivendicazione un misterioso EUFN.

L’idea era quella di puntare su un argomento che si sapeva avrebbe potuto risvegliare rancori e campanilismi mai sopiti nei confronti dei vicini comaschi e le reazioni sono state immediate: indignazione sui social, telefonate di denuncia a Sindaco, Prefetto, Questore e Forze dell’ordine fino all’azione di uno sconosciuto che, sabotando l’impianto laser, ha messo fine alla proiezione.

La notizia è stata ripresa anche dalle altre testate locali, suscitando ipotesi e illazioni di ogni tipo. Almeno finché Lecconotizie non ha deciso di rivelare che si era trattato di una burla. O, meglio, del tentativo di dimostrare come sia facile creare una fake news, renderla virale fino al punto da provocare ricadute, potenzialmente anche pericolose, nella vita reale.

Una prima domanda che dobbiamo porci, dunque, è perché crediamo così facilmente alle bufale?

Perché prendiamo per vere sia le cose che ci vengono raccontate sul web o di persona, sia quelle che ci riportano i media tradizionali, senza farci troppe domande? Perché, per dirla in parole povere, il nostro cervello è “pigro”. O, se vogliamo metterla diversamente, il cervello è una macchina complessa che deve gestire una quantità impressionante di informazioni: di conseguenza, appena può utilizzare schemi che ha già elaborato e che conosce bene lo fa immediatamente.

Soppesare la plausibilità e la fonte di una nuova informazione, infatti, richiede uno sforzo cognitivo maggiore rispetto al fatto di accettare semplicemente che il messaggio che riceviamo sia vero, come dimostrano per esempio le ricerche dello psicologo Stephan Lewandowsky. Il ragionamento e la verifica sono attività che richiedono risorse motivazionali e cognitive aggiuntive. Se l’argomento non è così importante o abbiamo altre cose per la mente, insomma, è più facile lasciar correre le bufale che poi, però, finiranno per restarci attaccate.

Ma non si tratta solo di evitare uno sforzo di ragionamento. Su questo punto, lo psicologo Timothy R. Levine, dell’Università dell’Alabama a Birmingham, ha proposto la sua “truth-default theory” o tdt, la “teoria della presunzione di onestà”. Secondo Levine, quando leggiamo una notizia, quando ascoltiamo qualcuno, partiamo automaticamente dal presupposto che ciò che leggiamo o la persona che abbiamo di fronte dicano la verità. La sua idea è che, nel corso dell’evoluzione, l’uomo non ha sviluppato un sistema per riconoscere le bugie perché l’impegno che richiederebbe esaminare ogni singola parola, espressione o comportamento delle persone che ci circondano sarebbe troppo impegnativo e non ci darebbe reali vantaggi.

Chiaramente, il rischio di essere presi in giro esiste, ma secondo Levine, se mettessimo sul piatto di una bilancia la “presunzione di onestà” e sull’altro il rischio dell’inganno, la prima risulterebbe di gran lunga più vantaggiosa. «In cambio della nostra vulnerabilità a qualche rara bugia», dice Levine, «abbiamo una comunicazione efficace e un coordinamento sociale. I benefici sono enormi e i costi, al confronto, insignificanti. Certo, ogni tanto veniamo ingannati. Ogni scambio ha un prezzo».

Questo spiega anche perché le reazioni all’“esperimento” di Lecconotizie sono state spesso piccate e risentite: la dimostrazione ha messo a nudo questa nostra tendenza a presumere l’onestà altrui, dimostrandoci quanto possa essere rischiosa, ma anche mettendo per un momento in crisi un sistema che, normalmente, funziona bene nella vita quotidiana.

Non si può naturalmente vivere dubitando di tutto e tutti, altrimenti si diventerebbe paranoici. Quello che si può tentare di fare, però, è abituarsi a sviluppare una mentalità più critica.

Viviamo in un mondo che è sempre più attraversato e pesantemente influenzato da falsità, bufale, teorie del complotto: no vax, negazionisti del Covid, episodi come l’attacco al Campidoglio americano, o fatte le debite proporzioni quello alla CGIL di Roma, e altri ancora simili verificatisi in altre parti del mondo, incoraggiati sempre da false notizie e complottismi di ogni tipo…

Massimo Polidoro
Massimo_Polidoro (foto di Massimo Pistore)

Come ci si difende, dunque? Il fatto è che non esiste purtroppo una cartina al tornasole che permetta a ciascuno di noi di capire al volo se una notizia o un’informazione è vera o falsa. Il confine tra realtà e fantasia è quanto mai labile, soprattutto se si sovrappone alle ideologie e agli aspetti che definiscono la nostra identità.

Ed è qui che occorre fare più attenzione, come anche il caso di Lecconotizie ci conferma.

Quando dobbiamo andare più cauti, dunque? Quando le nostre capacità di analisi critica diminuiscono, ovvero quando ci troviamo di fronte a qualcosa che scatena le nostre emozioni, sia quelle positive che ci esaltano, sia quelle negative che ci fanno arrabbiare, ci indignano o ci spaventano. Proprio come la scritta sul monte San Martino è stata capace di fare.

Se siamo troppo arrabbiati, o anche troppo compiaciuti (nel caso in cui il nostro punto di vista venga confermato), a causa del contenuto di un post, di un video o di un articolo, dobbiamo controllare di nuovo. Occorre cioè assumere un atteggiamento di “scetticismo emotivo”. Se, cioè, diventiamo consapevoli del fatto che le emozioni sono spesso usate come grimaldello per la manipolazione psicologica, quando ci accorgiamo che qualcosa che leggiamo, sentiamo o vediamo accende in noi un’emozione di qualche tipo (paura, rabbia, ripulsa, entusiasmo…) dovremmo abituarci a sentire un campanellino d’allarme. «Aspetta un attimo,» dovremmo chiederci «sarà davvero così?»

Dobbiamo insomma abituarci ad affinare il nostro spirito critico, puntando a diventare “liberi dubitanti”. Stando però attenti a non trasformarci in dubitanti selettivi, come sono quelli che non si fidano assolutamente di nulla e vedono complotti ovunque, ma solo se confermano i loro pregiudizi sul mondo. Costoro si convincono di essere gli unici in grado di riconoscere le bugie e di avere aperto gli occhi sulla realtà, mentre tutti gli altri sono pecoroni. Ma credere che tutti mentano, siano ciechi o acquiescenti al potere non significa essere liberi dubitanti, è solo un’altra forma di creduloneria.

Bisogna imparare a ragionare con la propria testa e a mettere in discussione l’autorità, ovviamente, ma bisogna farlo sulla base di fatti e prove, e non solo per dare libero sfogo alle nostre passioni, ideologie e convinzioni personali. Se non impariamo a farlo, se non capiamo cioè come costruire una critica fattuale e costruttiva, anziché considerare le persone al potere come al servizio dei cittadini, ci ritroveremo a trasformarci in creta plasmata a proprio piacimento dalle mani di chi comanda.

Non si tratta di credere a tutto o dubitare di tutto, lo ripetiamo. La credenza, senza motivazioni fondate, non ci aiuta a capire la realtà. Allo stesso modo il rifiuto pregiudiziale di un’affermazione non ci aiuta a capire la differenza tra qualcosa che potrebbe essere vero o falso e qualcosa che, semplicemente, vorremmo fosse vero (o falso). Sapere è potere, è un aforisma attribuito a Francis Bacon e Thomas Hobbes, e ribadisce ciò che oggi appare ovvio: chi possiede la conoscenza possiede il potere, può cioè ottenere e fare ciò che desidera, a differenza di chi confonde il sapere con la fantasia o le illusioni, perché prende decisioni e compie scelte sulla base dei fatti reali; può individuare e superare gli ostacoli, prevedere i possibili esiti e avere quindi più possibilità di successo.

Ma sapere è importante non solo per ciò che possiamo fare con ciò che sappiamo. È importante, più semplicemente, perché ci permette di capire di più e meglio, e questa è già una ricompensa in sé. Come diceva Albert Einstein: «Esiste una passione per capire le cose così come esiste una passione per la musica.»

Quello che anche l’episodio di Lecconotizie ci incoraggia dunque a fare, è di coltivare questa passione per il sapere e per la comprensione, sforzandoci di renderla più forte con l’arte del dubbio che nasce da una mentalità tipicamente scientifica. Perché, come spiegava l’astronomo Carl Sagan, in un mondo infestato dai demoni dell’oscurantismo, del pregiudizio e della disinformazione, conseguenza inevitabile della nostra umanità, imparare e insegnare ai nostri figli il metodo della scienza, vale a dire la necessità di fare domande e chiedere prove, potrebbe essere tutto ciò che ci separa dal buio che ci circonda.

di Massimo Polidoro