Bettini: contro i trenta esuberi scatta la protesta dei lavoratori

Tempo di lettura: 4 minuti
Le proteste davanti alla Bettini di Monte Marenzo lo scorso luglio

 

MONTE MARENZO – Un’azienda che ai tempi d’oro dava lavoro a ben 160 dipendenti, oggi ne conta settanta ma il loro numero a settembre potrebbe scendere a quaranta se verranno realizzati gli esuberi annunciati: quasi metà Bettini verrebbe licenziata ed è per questo che giovedì mattina i dipendenti dell’azienda di Monte Marenzo hanno deciso di incrociare le braccia e presidiare, insieme ai sindacati, i cancelli della fabbrica.

“E’ una crisi che nasce da lontano – ci dice Massimo Ferni della Femca Cisl – difficoltà dovute al calo di lavoro nel settore meccano-tessile, poi nella meccanica. In passato sono state effettuate diverse casse integrazioni, contratti di solidarietà, ma da un anno a questa parte non è stato utilizzato alcun tipo di ammortizzatore sociale”.

I lavoratori in sciopero bloccano il traffico sulla provinciale di fronte all’azienda

 

Ed è quello che oggi vorrebbero i sindacati: “Capiamo le problematiche dell’azienda ma l’alternativa agli esuberi c’è ed è un periodo di cassa straordinaria in attesa di una ripresa delle commesse. L’azienda, con arroganza, ha detto di non essere disponibile a questo percorso”.

Gli ultimi licenziamenti risalgono al 2015, quando sono stati inseriti in mobilità 13 lavoratori, “l’azienda avrebbe voluto alzare il loro numero a 28 – spiega Nicola Cesana della Filctem Cgil – Il calo dei volumi c’è stato e la situazione è sicuramente complicata, non diciamo non si debba intervenire sul costo del lavoro che deve essere riallineato rispetto al fatturato, ma sosteniamo che è ancora possibile utilizzare ammortizzatori sociali, cassa straordinaria o contratto di solidarietà, per scongiurare i licenziamenti”.

I sindacalisti Nicola Cesana , Luigi Panzeri, Massimo Ferni e Marco Oreggia

 

E’ la famiglia Ferraris a guidare la Bettini, prima il padre Edoardo, già vicepresidente di Confindustria, oggi il figlio Matteo. “Nell’ultimo periodo – prosegue Cesana – il clima aziendale è diventato molto pesante, con enormi pressioni sui lavoratori utilizzando le contestazioni disciplinari e comminando sanzioni pesantissime, anche per aspetti irrisori dell’attività produttiva, con giorni di sospensione su errori nella produzione”.

Non tutti i dipendenti, nonostante l’assemblea di mercoledì avesse deciso per la protesta sindacale, hanno aderito allo sciopero: “Alcuni lavoratori dall’interno della fabbrica sono usciti chiedendo ai loro colleghi di accettare la situazione altrimenti avrebbero perso tutti il posto perché l’azienda sarebbe stata messa in liquidità” denuncia Luigi Panzeri della Fiom Cgil.

 

Lavoratori messi uno contro l’altro – gli fa eco Marco Oreggia della Fim Cisl – noi siamo rappresentanti dei lavoratori e non siamo sotto ricatto, rappresentiamo anche chi è rimasto dentro l’azienda”.

A gennaio, rivelano i sindacati, un possibile compratore si era palesato a loro in un incontro, un imprenditore cinese, le cui intenzioni non erano apparentemente differenti da quanto si sta oggi realizzando in azienda: “Non è mai stato chiaro se ci sarebbe stato un subentro totale o parziale di questo soggetto interessato – dice Panzeri – l’ipotesi che ci era stata avanzata da un suo rappresentante era quella di una riduzione della forza lavoro, entrare nel mercato e valutare in seguito eventuali assunzioni. Già a quei tempi avevamo proposto di fruire degli ammortizzatori sociali per preservare, non solo i posti di lavoro, ma anche le importanti competenze delle maestranze che operano in Bettini. La riposta, due mesi dopo, è stata la comunicazione dei trenta esuberi”.