IX Giornata Economia, l’intervento di Valassi

Tempo di lettura: 13 minuti

Oggi a Lecco è andata in scena la nona edizione della “Giornata dell’Economia”, iniziativa del Sistema camerale aperta ieri da Unioncamere italiana.

Di seguito pubblichiamo l’intervento integrale del presidente Vico Valassi in apertura dei lavori.

L’appuntamento, ormai consolidato (la prima edizione è del maggio 2003), consente di conoscere le dinamiche e l’evoluzione dei sistemi produttivi dei diversi territori italiani attraverso i dati raccolti ed elaborati dal sistema camerale con la qualificata competenza dell’Istituto Tagliacarne, qui oggi rappresentato dal Dr Giacomo Giusti (conoscitore del territorio lecchese e amico della nostra Camera, perché ci assicura la sua collaborazione tecnica da diverse edizioni).

 

Come dicevo, dati raccolti ed elaborati dal Sistema, che ha uno straordinario patrimonio informativo economico-statistico. Oggi presentiamo il “Rapporto 2010 sull’economia lecchese”: analizzeremo le informazioni e i dati (contenuti nel CD-Rom che vi è stato distribuito), e cercheremo di trarre riflessioni e orientamenti utili per la programmazione futura.

 

Anche il 2010 non è stato un anno facile, perché si è toccato il punto più basso della crisi e l’inversione di tendenza, che pure è iniziata, non è stata stabile e continua (l’anno scorso avevamo parlato di una curva di ripresa a “U” piuttosto che a “V”, e così è stato).

 

Dire che “la crisi è finita” non significa automaticamente affermare l’inizio della ripresa. I segnali sono discontinui e soprattutto non generalizzati: né in tutti i settori economici, né tanto meno in tutti i Paesi (la Germania è ripartita, gli Stati Uniti si stanno ancora assestando, i BRIC corrono, Spagna e Irlanda sono in difficoltà…).

 

In questo quadro, il nostro Paese registra difficoltà maggiori: l’Italia ha davvero bisogno di crescere di più.    Tra il 2000 e il 2007 il PIL è aumentato del 7% (meno della metà del decennio precedente), mentre l’area dell’Euro è cresciuta circa del doppio. Nel biennio 2008-2009 la crisi ha determinato una riduzione del PIL di 6,5 punti percentuali, mentre gli altri Paesi dell’area ne perdevano in media 3,5; il divario perdura tuttora. Il Paese sconta anomalie “croniche”, che richiedono interventi molto decisi: penso al debito pubblico, all’eccesso di burocrazia e, non ultimo, alle conseguenze in termini occupazionali e previdenziali del calo demografico con l’aumento della popolazione anziana.

L’andamento dell’occupazione segue con ritardo quello delle altre variabili economiche; le assunzioni tendono a seguire, anziché a precedere, il miglioramento del contesto e delle opportunità per le imprese. Anche nella nostra realtà l’elemento di maggior preoccupazione resta l’occupazione, e dovremo lavorare molto per il ritorno ai valori pre-crisi, auspicando che la ripresa favorisca il ripristino dei posti di lavoro perduti (in Italia oltre un giovane su quattro nella fascia sotto i 35 anni è disoccupato).

Altro effetto è che nel 2009 l’economia nazionale e quella lombarda hanno “lasciato sul campo” oltre il 5% del PIL, quella lecchese addirittura l’8,3%. La crisi ha inciso sulle performance e sui livelli produttivi; tornare ai valori precedenti richiederà dunque tempo, pazienza e fatica, molta determinazione e impegno comune.

 

Passando ai dati che emergono dal “Rapporto 2010 sull’economia lecchese”, voglio soffermarmi su alcuni:

 

  • Ø Le imprese attive iscritte al Registro aumentano di 150 unità (+0,6%), portando il totale a 24.442, che arriva a 30.945 considerando le unità locali.

 

  • Ø Crescono le attività del commercio e servizi e diminuiscono quelle del manifatturiero (-0,8%) ma, nonostante il processo di “terziarizzazione” in atto, Lecco rimane un territorio a forte incidenza industriale: il 37% delle imprese locali è attivo nel manifatturiero e nelle costruzioni (Lombardia 31,4%; Italia 26,4%).

  • Ø Il 35,4% del valore aggiunto è riconducibile all’industria in senso stretto: Lecco conferma (come nel 2009) il primo posto in Lombardia e il secondo in Italia dopo Vicenza (35,6%). Anche l’edilizia presenta un valore aggiunto (6,7%) superiore alla media nazionale e regionale (entrambe 6%), a scapito dell’agricoltura (0,4% rispetto all’1% lombardo e all’1,8% italiano) e del settore terziario. Nonostante l’aumento di commercio e servizi, la nostra area esprime ancora valori bassi (57,6%) rispetto a quello lombardo (68,3%) e italiano (73,1%).
  • Ø La crisi ha impattato fortemente sul manifatturiero: tra 2008 e 2009 il valore aggiunto dell’industria lecchese in senso stretto è diminuito del 16,1% (ordini -14,2%; produzione -10%; fatturato -17,6%). Meno negativa la dinamica degli altri settori. (In ogni caso, come vedremo,  “il Sistema Lecco ha tenuto”).

 

  • Ø Dopo la forte contrazione del 2009, buona la ripresa sia dell’export (+367 milioni di Euro, +13,2%, per un totale di 3,14 miliardi di Euro), sia dell’import lecchese (+695 milioni di Euro, +51,9%, per 2,03 miliardi di Euro). Ancora positiva, per oltre 1,1 miliardi di Euro, la bilancia commerciale. Alla luce di questi segnali, dobbiamo quindi avere fiducia e l’orgoglio di saper guardare avanti come Sistema e sfruttare queste nostre potenzialità.

 

  • Ø Il settore metalmeccanico esporta per oltre 1,8 miliardi di Euro (57,5% dell’export complessivo); segue a distanza il tessile (7,2%), confermando così il “peso” dei Distretti produttivi lecchesi, i cui Comitati in questi anni si stanno molto impegnando su interventi per l’innovazione  e l’internazionalizzazione, trovando nel Polo regionale di Lecco del Politecnico e nei laboratori del CNR partner scientifici e tecnologici privilegiati. Con i Distretti molto si può e si deve ancora fare per rendere ancor più interessante e fattiva questa collaborazione.

 

  • Ø È ancora l’Europa il principale mercato di sbocco dei prodotti lecchesi (82,7% dell’export, di cui il 72,2% verso l’UE). Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Polonia sono i primi 5 Paesi destinatari: un dato che ci induce a riflettere in chiave di ri-posizionamento competitivo delle nostre imprese, considerato che i Paesi in via di sviluppo (e in particolare i BRIC – Brasile, Russia, India, Cina) hanno ripreso a crescere a ritmi elevati.          Ri-posizionamento che deve essere accompagnato, e che può essere favorito anche da progetti sperimentali quali “Formare ingegneri stranieri” e “Crescita e Mercati MPMI”.

 

  • Ø Segnali incoraggianti vengono da un settore non “tradizionale” dell’economia lecchese: nel turismo, presso le oltre 300 strutture ricettive della provincia di Lecco (con circa 14.000 posti letto) si sono registrate nel 2010 oltre 473.000 presenze (+4,5%); in lieve crescita anche il numero di arrivi (+0,4%). Il calo dei turisti italiani          (arrivi: -6,6%; presenze: -2,9%) è stato più che compensato dalla componente straniera. (Il CD-Rom contiene gli approfondimenti dell’Osservatorio del Sistema Turistico Lago di Como, strumento del programma previsto sull’AdP tra Regione Lombardia e Sistema camerale lombardo).

 

Da questa sintesi, l’economia lecchese conferma di essere “pro-ciclica”: dopo aver “frenato” più di altre durante la crisi, ha messo a segno una buona ripartenza, da cui possiamo trarre fiducia e un ragionevole ottimismo.         Era inevitabile subire il contraccolpo della crisi, data l’apertura verso l’estero delle imprese locali, a forte vocazione manifatturiera e ad alta incidenza artigiana. Ciononostante, il tessuto imprenditoriale locale delle nostre MPMI “ha tenuto”, come confermano i dati del primo trimestre 2011 (nota informativa in distribuzione) e come meglio sottolineerà Dr Giusti nel suo intervento:

  • produzione industriale e artigiana (rispettivamente +12,4% e +5,2% rispetto al 1° trimestre 2010), ordini (+9,8% e +5,9%) e fatturato (+11% e +5,9%) sono tutti superiori alla media lombarda, anche se si nota un generale rallentamento rispetto al trimestre precedente;
  • positiva la variazione del volume d’affari del commercio (+2,4% contro il -1,6% lombardo);
  • cresce l’occupazione nell’industria (+1,3%) e nell’artigianato (+0,2%); invariata quella del commercio.

Come dicevamo il sistema “ha tenuto”, anche se è stato necessario fare ricorso alla cassa integrazione guadagni. Questa è cresciuta di ben 12 volte tra il 2008 e il 2009, fino a oltre 19 milioni di ore richieste dalle aziende; nel 2010 si registra una lieve inversione di tendenza (-6,1%), che mostra il graduale riassorbimento dei lavoratori nei processi produttivi.

 

Fonte di preoccupazione anche nel nostro territorio – in passato abituato a livelli di piena occupazione – è la crescita, dal 2008 al 2010, del tasso di disoccupazione di oltre due punti percentuali, dal 3,2% al 5,3% (circa 8.200 le persone in cerca di occupazione). Il tasso si è comunque mantenuto più basso di quello lombardo (5,6%) e nazionale (8,4%). Il calo di occupati nell’industria (-5.200 lavoratori) è stato in parte compensato dalla crescita del terziario (+2.200 occupati), sebbene non tutti nel cosiddetto “terziario avanzato”.

Luca Schionato del Gruppo CLAS riferirà con maggior dettaglio su “La situazione occupazionale e il grado di scolarizzazione nella provincia di Lecco”.                            Tema, quest’ultimo, che è una novità nell’annuale “Rapporto sull’economia lecchese”, dove si evidenzia come domanda e offerta di formazione si interfacciano tra loro e con le necessità di figure professionali delle imprese locali (pag. 60-70).           Sul rapporto tra scuola e mondo produttivo/mercato del lavoro credo che l’attenzione debba essere sempre più alta,                       e mi piace sottolineare il rinnovato ruolo delle Camere sulla materia, alla luce delle ribadite competenze della legge di riforma del febbraio 2010 (D. Lgs. 23/2010) che, all’Art. 2 lettera n), stabilisce la “cooperazione con le istituzioni scolastiche e universitarie, in materia di alternanza scuola-lavoro e per l’orientamento al lavoro e alle professioni”.

 

Come più volte ribadito, la vera ricchezza in generale – e in particolare di questo territorio – è il suo capitale umano, il patrimonio di competenze tecniche e saperi specialistici che stanno “dentro” le imprese e le organizzazioni. Le persone, infatti, consentono le progettualità, la sperimentazione e la realizzazione di processi innovativi. Dunque la formazione, l’aggiornamento professionale continuo, l’adozione di corsi di apprendistato, il dialogo tra scuola, università e imprese anche in chiave di trasferimento tecnologico e di attrattività (di imprese e talenti) sono elementi fondamentali per assicurare crescita e competitività al “Made in Lecco”.         È dunque determinante incrementare l’ancora troppo debole e discontinuo sostegno a formazione, ricerca e innovazione, assumere scelte decisive, avere la capacità di privilegiare scelte di sviluppo. Dobbiamo saper cogliere dai segnali positivi la forza per continuare ad operare e ad investire assecondando la forza performante della nostra area provinciale.

 

La realizzazione del nuovo Campus del Politecnico (“Cittadella universitaria, della ricerca e della scienza”), con la presenza del CNR, di laboratori e centri di ricerca (INAIL), non deve dunque essere vissuta come mera “infrastruttura”, ma come opportunità strategica e culturale per la crescita della realtà lecchese (in tal senso la recente acquisizione da parte del CNR di nuovi spazi nella nostra città è la testimonianza più concreta della volontà di investire e radicarsi).

Oltre che dalle competenze e dalle “abilità”, la solidità espressa dal nostro sistema è data anche:

 

–      dalla maggior presenza di società di capitale e di persone, mediamente più strutturate e meglio capitalizzate: Lecco complessivamente 43,5%; Italia 34,8%. Si nota una maggior tendenza degli imprenditori locali ad operare attraverso forme più ampie e complesse, per unire le risorse finanziarie ed essere più competitivi;

 

–      dalle maggiori dimensioni medie di impresa (a Lecco sono attive 7,2 imprese ogni 100 abitanti; in Lombardia 8,4; in Italia 8,8);

 

–      dalla vitalità imprenditoriale (+207 imprese nel 2010; il saldo è sempre stato positivo a eccezione del 2009);

 

–      dal crescente apporto delle imprese femminili (che hanno toccato quota 5.141 a fine 2010, +1,5%) (nel CD-Rom è presente il “Rapporto sull’imprenditoria e sull’occupazione femminile in Italia, in Lombardia e a Lecco”).                     (Tuttavia il tema dell’occupazione femminile resta una criticità, non solo per il territorio, ma per l’intero Paese:       il tasso nazionale è del 49,7% rispetto al 69,8% della Germania, al 68,2% della Gran Bretagna e al 65% della Francia. L’obiettivo di “Europa 2020” di raggiungere un’occupazione complessiva – maschile e femminile – pari al 75% nella fascia tra 20 e 64 anni appare         difficilmente realizzabile).

 

Dal Rapporto emergono – e non vanno sottovalutati – segnali di difficoltà:

 

–        la crescita di fallimenti e concordati preventivi: rispettivamente +22,4% e +33,3%: complessivamente 79 casi nel 2010, specie nel manifatturiero e nelle costruzioni;

 

–        i “colli di bottiglia” nell’accesso al credito delle imprese: nei primi 3 trimestri del 2010 il “peso” dei finanziamenti alle aziende scende dal 63,1% al 59,6% del totale, mentre quelli alle famiglie salgono dal 35,7% al 39,2%.  Nonostante l’incremento degli sportelli bancari – arrivati a quota 240 (+12,7% rispetto al 2004) – il ricorso al credito bancario è difficile e costoso per imprese e famiglie;

 

–        l’aumento delle sofferenze (il tasso d’insolvenza è salito dal 2,8% di fine 2007 al 4,6% di fine 2010);

 

–        il calo dei consumi delle famiglie (Lecco -1,2% nel 2009; Italia -2,1% con ripercussioni sulle vendite domestiche delle imprese) e la diminuzione del patrimonio delle stesse (-2,1% nel 2008, e solo +0,9% nel 2009);

 

–        le ben note carenze infrastrutturali, in particolare viarie (Lecco 33,8; Lombardia 85,3; Italia 100), economiche (Lecco 78,8; Lombardia 113), culturali/ricreative (Lecco 74,7; Lombardia 106,3) e per l’istruzione (Lecco 76,8; Lombardia 111,1; Italia 100). L’area lecchese è al 53° posto nella graduatoria nazionale delle dotazioni infrastrutturali; sul tema rimando alle analisi disponibili, a partire dallo studio del Laboratorio Brianza.

 

___________________

Cosa fare per “ridare fiato” e prospettive alle nostre imprese, ai nostri lavoratori, alle famiglie e ai giovani? Quali le priorità da perseguire e da sollecitare al Governo centrale e regionale?

Molte indicazioni sono emerse in occasione del recente incontro che questo territorio ha avuto – lo scorso 18 aprile – con Giuseppe Tripoli, Direttore del Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione del MiSE e “Mister PMI”. Ringrazio ancora gli esponenti del sistema economico lecchese per aver collaborato alla stesura del documento “Lecco e le sue MPMI – Il quadro economico e le istanze delle imprese”, presentato allo stesso Dr Tripoli e agli esponenti della Regione. (Il documento, contenuto nel CD-Rom distribuito, è il frutto del lavoro congiunto del “Sistema Lecco”: Camera di Commercio, Associazioni di categoria, OO. SS., con contributi del Polo regionale di Lecco del Politecnico, del CNR e di Unioncamere regionale).

In questo emergono richieste concrete a sostegno delle PMI:

 

  • semplificazione dei rapporti con la P.A., snellimento degli adempimenti e delle procedure, e soprattutto costante verifica dell’impatto delle norme sull’operatività delle micro e piccole imprese;

  • trasparenza e riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, in particolare delle MPMI, dando concretezza allo Small Business Act: “pensare anzitutto in piccolo”. Compresa la trasparenza delle informazioni relative agli appalti pubblici e l’accessibilità degli stessi anche alle MPMI;

  • armonizzazione e integrazione della legislazione, delle politiche e degli strumenti per il sostegno dell’impresa.          (il recepimento delle linee comunitarie non deve penalizzare le MPMI);

  • premialità e sgravi concreti: bisogna fare interventi significativi e coraggiosi a favore delle aziende:
    • che investono;
    • che innovano prodotti e processi, creando partenariati anziché delocalizzare;
    • che fanno ricerca e dialogano con l’università;
    • che attraggono giovani talenti e assumono;
    • che competono sui mercati esteri;
    • che “fanno rete” (distretti, filiere, reti di imprese, compresi i distretti del commercio e le filiere turistiche);

dove i necessari controlli siano a campione, così da impedire comportamenti non corretti, ma evitando di penalizzare chi opera in modo trasparente;

 

  • Ø tempestività dei pagamenti della P.A., superando le criticità del Patto di stabilità;

 

  • Ø accesso al credito e alle fonti di finanziamento per consolidare e dare competitività alle aziende; nuovo rapporto con le banche.

Queste istanze sono sempre più reclamate dal sistema delle nostre PMI, che hanno costituito la “rete” che ha tenuto insieme il Paese anche nei momenti più difficili della crisi. Una “rete” che ha forte valore sociale, perché intorno a queste realtà si riconoscono famiglie, lavoratori e giovani. “Rete” alla quale sembra essere finalmente dedicata una attenzione più significativa, a cominciare dal quadro normativo che si sta configurando con lo “Statuto delle imprese”. L’auspicio è che si possa operare con atti e fatti reali, e soprattutto che possa realizzarsi un cambiamento culturale nel nostro Paese e nella Pubblica Amministrazione, che guardi al “fare” e alla concretezza. La valorizzazione delle risorse umane, le proposte di progettualità “alte”, la riduzione degli adempimenti amministrativi devono costituire obiettivi primari delle Istituzioni, chiamate al governo del territorio e sempre più sollecitate ad orientare i propri comportamenti e le proprie organizzazioni su modelli efficienti, nella logica di servizio, eliminando la discrezionalità che spesso privilegia alcuni a danno di altri.

 

Lo Stato deve saper premiare le PP.AA. virtuose; graduare le misure che contengono impatti finanziari e sulla struttura tenendo conto della dimensione dell’Ente; rendere “reale” il federalismo fiscale; restituire ai territori in misura equa le risorse dagli stessi prodotti.

L’impegno della Camera resta quello di assecondare e accompagnare le istanze perché si traducano in risposte concrete, anche grazie alle relazioni e alleanze con i diversi livelli di governo e decisionali; la Regione è e resta interlocutore privilegiato. Lo sforzo sarà sempre più quello di saper individuare strumenti utili ed efficaci per attrarre risorse su priorità condivise e portare a compimento la realizzazione di progettualità sempre più “alte”, integrate e con orizzonte di medio periodo.

 

Sono sempre più convinto che i nostri investimenti, intesi come “Sistema Lecco”, debbano:

–           puntare sull’innalzamento delle conoscenze e delle competenze (alta formazione, formazione superiore e professionale, attrazione dei cervelli, monitoraggio dell’abbandono scolastico, aggiornamento professionale continuo), sul rispetto e sulla valorizzazione della Persona;

–           far leva sull’innovazione tecnologica e sullo stimolo alla creazione di nuova imprenditorialità, e qui gli apporti del Politecnico e del CNR restano fondamentali per alimentare incubatori di impresa, spinoff, start-up;

–           orientare le nostre imprese su altri mercati,                 con produzioni a sempre maggior valore aggiunto e difficilmente copiabili, dove la qualità è l’elemento distintivo;

–           mantenere le imprese già radicate nel territorio, aiutandole a migliorare il proprio posizionamento e la propria competitività.

 

Perché questo processo evolutivo si realizzi, sono necessarie condizioni ambientali favorevoli, e prime fra tutte quelle della trasparenza e della legalità. Per questo mi piace richiamare un evento che si colloca idealmente nel segno della continuità con questa Giornata: l’appuntamento della “Giornata del diritto penale dell’economia” in programma presso il nostro Auditorium venerdì 20 e sabato 21 maggio prossimo. Evento che vede amministrazione della giustizia e professionisti al fianco della Camera per favorire quel dialogo e quella collaborazione tra mondi e sistemi che spesso si contrappongono, ma che invece devono interagire sempre più, così che i limiti e le garanzie posti dalla norma siano a vantaggio della libertà di iniziativa economica e nell’interesse generale della comunità.

 

Anche in questo le Camere possono dare un contributo importante, attraverso il Registro delle Imprese che –          con l’enorme mole di informazioni accessibili (9 milioni di persone fisiche presenti; oltre 6 milioni di imprese registrate; 900.000 bilanci depositati ogni anno) – rende “trasparente” il mercato e contribuisce a superare l’“asimmetria informativa”, a tutto vantaggio delle MPMI.