Artigiani: serie perdite di fatturato nel 2020 e il futuro resta incerto

Tempo di lettura: 6 minuti
Daniele Riva confartigianato lecco
Daniele Riva, presidente di Confartigianato Imprese Lecco

Confartigianato sonda la situazione tra gli associati ad un anno dall’inizio della pandemia

Cali di fatturato per alcuni oltre il 30%, circa un terzo delle imprese teme la chiusura

LECCO – A un anno dallo scoppio della pandemia che ha travolto l’economia mondiale, qual è lo stato di salute delle micro-piccole e medie imprese lecchesi e quali le previsioni per i prossimi mesi da parte degli imprenditori artigiani?

A rispondere al sondaggio promosso da Confartigianato Lombardia, oltre 250 micro-piccole imprese e imprese artigiane. Al centro della survey, tematiche quali la dinamica passata (2020) e futura (primi nove mesi 2021) del fatturato, previsioni di recupero livelli fatturato pre-Covid, strategie di risposta alla crisi, Superbonus 110%, effetto Brexit, digitalizzazione, Piano Transizione 4.0 e gap di genere.

Nel 2020 il calo medio complessivo del fatturato per le micro piccole imprese lecchesi, rispetto al 2019, si attesta al -23,4% rispetto al 25,8% della media regionale. Per la prima metà dell’anno in corso le imprese prevedono invece una riduzione dei ricavi del -13,4%.

Le categorie che segnalano perdite più pesanti (superiori del 30%) di fatturato nel 2020 rispetto al 2019 sono: trasporto persone, alimentari (rosticcerie/cibi d’asporto, birrifici, etc.), moda, area benessere (acconciatori, centri estetici) e grafici. Sono le stesse imprese che prevedono di iniziare l’anno 2021 registrando variazioni tendenziali del fatturato negative e più ampie rispetto alla riduzione media.

Se le imprese di micro-piccola dimensione che esportano, nel 2020 rispetto all’anno precedente, segnano cali di fatturato in linea con quello medio, quelle che sia in modo diretto che in modo indiretto intercettano la domanda turistica registrano invece una riduzione più ampia, anche in questo caso superiore al 30%.

“La fotografia che emerge dall’indagine che riguarda il nostro territorio – commenta Daniele Riva, presidente Confartigianato Imprese Lecco – è quotidianamente sotto gli occhi della nostra Associazione. Come risulta dai dati, constatiamo che una buona fetta di imprenditori che afferiscono alle aree più colpite dai vari lockdown e zone rosse, è riuscita a far fronte alla prima parte dell’emergenza grazie a un po’ di fieno in cascina derivante da gestioni oculate delle attività. Ma adesso la benzina sta terminando e davvero in molti non sanno più come andare avanti”.

Ripresa difficile e l’incubo di non farcela

Rispetto alla capacità delle MPI di recuperare i livelli di fatturato pre-Covid, il 48,9% ha risposto al sondaggio di Confartigianato esprimendo incertezza rispetto all’andamento futuro del mercato e dichiara quindi di non essere in grado di prevedere quando avverrà il recupero. Incertezza che deteriora le aspettative degli imprenditori sulla base delle quali si parametra la domanda di lavoro e quella per investimenti.

La restante quota (51,1%) di imprenditori in media prevede di poter recuperare i livelli di fatturato pre-emergenza sanitaria entro la prima metà del 2022, più precisamente nel mese di marzo, spostando ancora in là il traguardo di recupero previsto per la seconda metà del 2021 (nello specifico nel mese di ottobre) nella survey precedente, svolta a settembre 2020.

Il 41,9 % delle MPI lecchesi risentono in modo particolare delle conseguenze della pandemia – domanda interna debole e in trasformazione, calo del potere d’acquisto dei consumatori finali, alternanza continua di chiusure e aperture – tanto da temere seriamente di riuscire a superare la prima metà dell’anno in corso.

Si tratta di imprese vitali, che nonostante tutto sono riuscite a sopravvivere allo shock conseguente alla diffusione del virus fino ad ora, ma che adesso, trascorso quasi un anno, devono fare i conti con un mercato ancora non favorevole al loro business (trasporto persone, rosticcerie/cibo d’asporto, birrerie, etc.). Va tenuto conto che queste MPI, che oggi si trovano davanti un mercato che risente ancora delle limitazioni per il contenimento della pandemia, avrebbero quasi certamente ancora spazio nel mercato post pandemia.

Misure di sostegno fondamentali

“La ripartenza è quindi necessariamente legata agli investimenti che il nuovo Governo farà sugli artigiani e sulle piccole e medie imprese che rappresentano il 94% del sistema produttivo – aggiunge Riva – Non possiamo permetterci di attendere i tempi infiniti visti nel passato e non possiamo perdere la storica occasione di utilizzare bene le risorse del Recovery Plan per cambiare ciò che non va”.

“Alle misure emergenziali a sostegno delle imprese colpite dalle restrizioni imposte dalla pandemia vanno fatti seguire rapidamente nuovi interventi strutturali: riduzione della pressione fiscale sui redditi Irpef e snellimento degli adempimenti tributari, riforma della Pa all’insegna della semplificazione e della gestione manageriale al servizio dei cittadini. Contemporaneamente ci aspettiamo investimenti in infrastrutture materiali e immateriali di collegamento delle persone, delle merci e delle informazioni, puntando sugli appalti ‘a Km zero’ e sugli incentivi, come il superbonus 110%, per la riqualificazione del patrimonio edilizio”.

 

Ad oggi il 7% delle MPI ha effettuato o prevede di effettuare ristrutturazione di immobili aziendali usufruendo del bonus 110%. Si tratta di attività allocate in condominio i cui soggetti titolari di reddito d’impresa possono usufruire del bonus in relazione alle spese sostenute per interventi realizzati sulle parti comuni degli edifici, qualora partecipino alla ripartizione delle spese in qualità di condomini.

Mentre dal lato dell’offerta la quota di imprese delle Costruzioni che ritengono il Superbonus 110% un’opportunità d’impresa si attesta al 39,7%.

“Per le piccole imprese – conclude Riva – va anche facilitato l’accesso a nuovi strumenti di finanza d’impresa, alla ricerca e all’innovazione digitale e tecnologica, ai progetti di transizione ecologica e di internazionalizzazione, agli interventi per la formazione e il trasferimento d’impresa e di competenze ai giovani, a partire dal rilancio dell’apprendistato quale canale privilegiato di ingresso nel mondo del lavoro. Sono tutti temi su cui la nostra Associazione di categoria sta sviluppando alcuni servizi che definiamo ‘potenziati’, come il nuovo Sportello Casa e il nuovo Ufficio Estero presentato la scorsa settimana. Abbiamo numerose attività ai blocchi di partenza per essere ancora più vicini alle nostre imprese e sostenerle in quella che non stento a definire una vera e propria guerra”.

Cambiare e rimettersi in gioco

Rispetto al prossimo futuro, l’ 80,1% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio intende affrontare i prossimi mesi introducendo almeno un cambiamento, in particolare: ampliare il numero di committenti, attivare nuovi canali di vendita, produrre nuovi beni e offrendo nuovi servizi non connessi all’emergenza, entrare in nuovi mercati, diversificare la produzione, accelerare la transizione digitale e attivare nuove relazioni d’imprese (reti d’impresa, ATI, etc.).

Quote più elevate di micro piccole imprese che intendono affrontare i prossimi mesi mettendosi in gioco e introducendo almeno un cambiamento si rilevano per panetterie, rosticcerie/cibi da asporto e ristorazione, taxi e NCC, pasticcerie, ICT Information and Communications Technology (servizi informatici), fabbricazione di macchinari, comunicazione, grafici e fotografi, bevande, distillerie e birrifici, moda (tessile, abbigliamento, calzature, occhiali e gioielleria) e noleggio autobus con conducente.

Sette imprese su 10 appartenenti a questi settori risultano essere proprio le “principali vittime” dello shock pandemico, in quanto registrano cali maggiori di fatturato 2020 e quote più elevate di imprese che segnalano seri rischi di sostenibilità dell’attività fino a metà anno 2021.