Confusione e timori tra le imprese, “prima la salute” ma le ricadute spaventano

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L’ordinanza regionale e il decreto del Governo hanno creato non pochi dubbi tra gli imprenditori

Bene i tre giorni di margine per organizzarsi, si spera in una ripartenza certa

LECCO – Centralini presi d’assalto nelle sedi delle associazioni datoriali lecchesi all’indomani del decreto della presidenza Consiglio dei Ministri che ha imposto la chiusura temporanea di tutte quelle attività ritenute come non essenziali, stilando una lista delle tipologie di impresa che potranno invece continuare ad operare.

Non poca, al risveglio, è stata l’incertezza degli imprenditori dopo le ennesime misure arrivate in tarda sera e a 24 ore dall’ordinanza di Regione Lombardia che ha imposto, oltre alla chiusura degli studi professionali, la sospensione delle attività artigianali “non legate alle emergenze o alle filiere essenziali”.

Gli artigiani

“C’è molta confusione e preoccupazione, questa mattina abbiamo ricevuto oltre 170 telefonate da associati che chiedevano chiarimenti ai nostri uffici – spiega Daniele Riva, presidente di Confartigianato Lecco – paradossalmente il decreto del Governo, per quanto riguarda la nostra categoria, è molto più restrittivo rispetto a quello di Regione Lombardia e al momento non è chiaro quale dei due provvedimenti prevalga. Noi stiamo consigliando ai nostri associati di attenersi al decreto governativo in attesa di maggiori indicazioni. Una cosa è certa, non faticano mai a complicarci la vita”.

Il presidente della Camera di Commercio Daniele Riva

Sono comunque già molte, spiega il presidente Riva, le attività dell’artigianato che hanno abbassato la serranda in queste ultime settimane e altre le abbasseranno da mercoledì. “Con spirito di coscienza molti imprenditori hanno deciso di chiudere in questo periodo per tutelare i propri dipendenti. Ripercussioni? Inevitabili per chiunque non fatturi per 15-20 giorni. Ci auguriamo che il sistema Paese metta in campo il necessario. Assordante è oggi il silenzio delle banche e ci preoccupa molto. L’auspicio è che, con l’intermediazione dei Confidi regionali, si possano avere finanziamenti per liquidità, con tempi brevi e a tassi buoni”.

Le piccole imprese

“Lo smarrimento c’è stato, non solo questa mattina, ma anche domenica, soprattutto per le aziende a ciclo continuo che stavano proseguendo l’attività senza sapere se all’indomani sarebbero rimaste aperte. Anche su nostra pressione è stato concesso il differimento a mercoledì per il fermo produzione e questo è stato fondamentale, certi impianti non si possono spegnere pigiando un bottone” spiega Luigi Sabadini, presidente di Api Lecco Sondrio.

“Tre giorni ci consentono di programmare la fermata e ma anche la ripartenza – prosegue Sabadini – sperando che il termine del 3 aprile resti tale, in realtà sarà evidentemente lunedì 6 aprile il termine utile per riaprire. Non sono operazioni che si fanno dalla sera alla mattina, serve una pianificazione, per questo vediamo con preoccupazione un possibile differimento”.

Luigi Sabadini (Api Lecco)

Tra le piccole medie imprese “tanti chiuderanno da mercoledì – sottolinea il presidente di Api – i codici Ateco sono definiti e chi è parte della filiera dei servizi essenziali oppure non può fermare gli impianti ha la possibilità di chiedere alla Prefettura l’autorizzazione a proseguire. Non sono in molti sul nostro territorio”.

Spaventano le ripercussioni, “ancora difficilmente calcolabili – dice Sabadini – i costi di questa situazione saranno impressionanti, sia per la salute delle imprese che, di pari passo, per l’occupazione, perché è difficile credere che non ci saranno perdite di posti di lavoro. Come Api sostenevamo il rallentamento, non il fermo, delle produzioni che avrebbero potuto proseguire con le necessarie tutele per i dipendenti. E’ giusto tutelare la salute pubblica ma gli atteggiamenti avuti finora dalle istituzioni non ci hanno convinto per nulla”.

Gli industriali

“La preoccupazione c’è – sottolinea Lorenzo Riva, presidente di Confindustria Lecco Sondrio – soprattutto per quelle aziende che sono rimaste fuori dalla tabella del Governo, alcune si ritengono comunque strategiche e quindi stanno chiedendo informazioni su come comunicarlo, altre si stanno muovendo per chiedere la procedura di cassa integrazione. Sono tante aziende, per questo stiamo lavorando ad un accordo con il sindacato per facilitare l’operazione”.

Lorenzo Riva (Confindustria Lecco Sondrio)

La proroga è stata richiesta “da un numero non così ampio di imprese sul lecchese, in Valtellina ancora meno – spiega il presidente degli industriali – sta nella forza degli imprenditori adeguarsi a questo particolare momento e non a forzare le produzioni che non sono essenziali”.

Lo stesso Lorenzo Riva, titolare dell‘ElectroAdda di Brivio, ha deciso di chiudere da mercoledì la propria azienda “pur rientrando tra i codici Ateco per i quali è possibile proseguire l’attività – spiega – Fermeremo comunque la produzione per una settimana, mentre per il personale d’ufficio è stato attivato lo smartworking. Riteniamo che, in questo momento, la salute dei nostri lavoratori sia al primo posto”.