Edilizia e crisi. L’appello dei costruttori: “Fate ripartire i cantieri”

Tempo di lettura: 4 minuti

L’intervento del presidente dell’Ance di Lecco, Sergio Piazza

Burocrazia, crisi e cantieri fermi: le ‘piaghe’ dell’edilizia

LECCO – “Il DL Semplificazioni rappresenta l’ultima occasione per gettare le basi per una ripresa delle costruzioni, dopo una Legge di Bilancio che ci ha fortemente deluso perché ha finito per far prevalere ancora una volta misure di tipo assistenzialistico rispetto a scelte tese al rilancio degli investimenti pubblici e dell’occupazione”.

“Se non saranno adottate misure rapide e incisive sarà difficile non solo porre fine ad una crisi di settore, dopo dieci anni di flessione continua che hanno determinato oltre 600 mila posti di lavoro persi e la chiusura di 120 mila aziende, ma anche far crescere l’economia del Paese e recuperare il gap infrastrutturale che penalizza l’Italia rispetto al resto dell’Europa”.

Sergio Piazza – ANCE Lecco

Sergio Piazza, presidente di ANCE Lecco Sondrio, guarda con evidente preoccupazione al prossimo futuro dell’industria delle costruzioni e, al tempo stesso, affida al decreto-legge Semplificazioni il valore di “ultima spiaggia” da cui ripartire:

“Già nella nostra Assemblea annuale lo abbiamo sostenuto con forza: serve fermare il declino. Ma i segnali che sono seguiti con l’approvazione della Manovra non vanno certamente in questa direzione auspicata. E ciò è grave: se è vero che da sole le costruzioni, nonostante la crisi, rappresentano ancora l’8 per cento del PIL, è anche vero che la filiera dell’edilizia attiva ben 31 settori economici su 36 e complessivamente partecipa al 22% del PIL. Dunque, rilanciare l’edilizia significa rilanciare l’economia del Paese”.

La crisi per l’edilizia non è finita

Oggi la crisi del settore delle costruzioni è tornata prepotentemente alla ribalta: “Quando i più grossi gruppi del settore evidenziano una situazione di grande difficoltà, è evidente che questo accada. Ma sono dieci anni che la crisi va avanti. E prime a pagarne il prezzo sono state le piccole e medie imprese. Eppure basterebbe aprire i 400 cantieri fermi per 27 miliardi di euro per avere, come risultato, 400 mila nuovi posti di lavoro. Il problema è che nel nostro Paese, e nella classe politica, manca una visione industriale del nostro settore”.

Per cambiare occorre individuare dove intervenire. E, a detta di ANCE, la burocrazia è il “mostro” da combattere: “In Italia ci vogliono in media oltre 4 anni per realizzare un’opera pubblica e 15 se l’opera supera i 100 milioni di euro. In questo iter, a pesare sono i tempi morti, che rappresentano il 54 % del totale. Per ottenere un titolo autorizzativo nel settore privato, poi, occorrono tempi biblici. Semplificare, dunque, è essenziale: occorrono interventi decisi, ripeto, per velocizzare l’utilizzo delle risorse stanziate per la realizzazione di infrastrutture e favorire la riqualificazione urbana”.

In questo quadro, il DL Semplificazione, per come è stato presentato, non soddisfa: “Forse l’unica vera nota positiva, a beneficio di tutti i settori produttivi, è l’abolizione del SISTRI. – spiega Piazza – Le altre novità non ci soddisfano affatto. La creazione di un Fondo di Garanzia per il sostegno alle PMI che vantano crediti nei confronti della P.A., per come concepito, è una misura poco utile per le imprese del nostro settore perché non riguarda la filiera e perché chi realizza lavori pubblici non utilizza mutui e quindi non ha bisogno di garanzie per allungarne la scadenza. Semmai, sarebbe necessario estenderne l’operatività anche alle imprese operanti nel settore dell’edilizia privata. Quanto alle norme per la semplificazione e l’accelerazione degli appalti pubblici sono state “svuotate” di ogni reale forza”.

Le proposte dei costruttori

ANCE, in audizione al Senato, ha presentato una serie di proposte “sbloccacantieri, per accelerare la trasformazione delle risorse – più di 140 miliardi di Euro stanziati negli ultimi 2 anni – in cantieri.

Esse vanno dalla abolizione della terna dei subappaltatori alla revisione dei criteri di aggiudicazione, vietando, sotto i 2 milioni di euro, l’offerta economicamente più vantaggiosa e ampliando la possibilità di ricorso all’esclusione automatica delle offerte anomale con metodo “antiturbativa”; dal superamento, nelle procedure negoziate sotto soglia, della pratica del sorteggio delle imprese da invitare al “congelamento” delle qualificazioni SOA attuali, in attesa della riforma del sistema; dal ripristino della possibilità di ricorrere all’appalto integrato per la realizzazione di investimenti pubblici, consentendo alle stazioni appaltanti di ricorrere all’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori sulla base comunque – e obbligatoriamente – di un progetto definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice fino alla limitazione della responsabilità solidale dell’ATI.

“Tutto ciò – conclude Piazza – in attesa che si metta davvero mano ad una riforma profonda del Codice degli appalti”.