Frena l’industria. “Segnali di peggioramento a causa dei rincari”

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Lo studio del Centro Studi di Confindustria inquadra uno scenario di rallentamento

Plinio Agostoni: “Situazione delicata ed equilibrio precario. Margini di profitto contratti e investimenti rimandati”

 

LECCO – Rallentano gli indici economici del mondo industriale lariano e valtellinese: come per la piccola industria (vedi articolo) anche le aziende più grandi stanno subendo una frenata per quanto riguarda ordini, produzione e fatturato.

E’ quanto emerge dai pareri delle singole aziende elaborati nell’ambito dell’Osservatorio congiunturale rapido sul mese di settembre, realizzato dai Centro Studi di Confindustria Lecco e Sondrio e Confindustria Como.

Gli ordini delle aziende lecchesi, sondriesi e comasche risultano principalmente improntati alla stabilità a settembre, come indicato da oltre quattro realtà su dieci del campione preso in esame. Nelle altre imprese però, i giudizi di diminuzione superano quelli di aumento e ciò è riscontrabile sia per quanto riguarda il mercato italiano sia per l’export.

La domanda in Italia è considerata mantenersi sui livelli del mese di luglio per il 41,8% del campione, crescere per il 21,3% delle imprese e ridursi per il rimanente 36,9%.
Le vendite all’estero sono indicate invece come stabili nel 44,7% dei casi, in espansione per il 19,7% e in rallentamento per il 35,6%.

Impianti al 78% della loro capacità

Produzione stabile in oltre una realtà su due (54,7%), dove varia invece, sono riscontrabili una maggior incidenza di giudizi di diminuzione (30,2%) rispetto a quelli di accelerazione (15,1%) dei ritmi produttivi.

Il tasso di utilizzo mediamente impiegato dalle aziende di Lecco, Sondrio e Como in settembre si attesta al 78,1%, dato di circa tre punti percentuali al di sotto di quanto esaminato per il mese di marzo 2022 (81%), ma sostanzialmente in linea con la media del primo semestre dell’anno (78,7%).

Si registra un utilizzo dell’81,5% per le realtà metalmeccaniche, del 81,1% per quelle tessili mentre del 72% per le imprese degli altri settori.

I giudizi formulati dalle imprese di Lecco, Sondrio e Como riguardo il fatturato rivelano una maggiore incidenza delle indicazioni di rallentamento delle vendite rispetto alla crescita, sia per l’Italia, sia a livello estero. Il fatturato sul versante domestico è considerato stabile dal 38% del campione, aumenta per il 28,9% e diminuisce per il 33,1%. L’export risulta invece in mantenimento sui livelli di luglio per il 41,9% delle imprese, in crescita per il 26,3% e in decelerazione per il 31,8%.

Le previsioni

Per le prossime settimane, le imprese dei tre territori riferiscono previsioni di rallentamento del business. A fronte del 48,2% di realtà che si attendono stabilità e del 13,5% di soggetti che prevedono una crescita, il 38,3% del campione segnala ipotesi di diminuzione.

L’orizzonte di visibilità sugli ordini continua a risentire delle dinamiche distorsive che penalizzano le catene di approvvigionamento di materie prime a livello generale. Per circa tre realtà su dieci (29,1%) il portafoglio ordini è sufficiente a coprire l’attività solo per poche settimane, per il 44% delle imprese la visibilità sale a qualche mese, mentre nel 26,9% supera il trimestre.

Materie prime e rincari

Le realtà lecchesi, sondriesi e comasche confermano di operare in uno scenario di forte tensione sul versante dell’approvvigionamento delle materie prime e delle commodities energetiche. Nel mese di settembre quattro realtà su cinque (80,1%) hanno segnalato di aver registrato un incremento dei prezzi degli input necessari all’attività aziendale.

In aggiunta, tre imprese su cinque (60,6%) hanno comunicato di dover ancora far fronte a ritardi nelle forniture, il 35,2% del campione ha indicato di aver ricevuto quantità inferiori rispetto a quelle richieste e, infine, il 5,2% ha evidenziato problemi legati al peggioramento della qualità delle forniture.

“Le dinamiche legate all’apprezzamento dei costi delle materie prime, dell’energia elettrica e del gas hanno di fatto determinato impatti significativi per l’85,9% delle aziende aderenti all’Osservatorio – spiegano Confindustria – impatti che hanno riguardato quasi sempre la contrazione dei margini di profitto (per l’85,2% del campione), ma anche la necessità di riorganizzare il lavoro e/o l’attività produttiva (43%), il posticipo o il ridimensionamento di investimenti (41,5%) nonché la riduzione di parte dell’attività aziendale (23,9%). In casi più estremi, ma fortunatamente più limitati (2,1%), le conseguenze hanno assunto la forma dell’interruzione dell’attività aziendale”.

L’occupazione resta stabile

Le aziende dei tre territori riferiscono per settembre un quadro occupazionale in generale conservazione, così come indicato in tre casi su quattro (73,2%). L’effetto di stabilità viene ulteriormente enfatizzato dalle indicazioni di variazione, in diminuzione (9,9%) e crescita (16,9%), con entità tra loro simili.

Le prospettive per l’andamento dell’occupazione nei mesi finali dell’anno, spiegano dalll’associazione, si mantengono improntate alla stabilità: oltre quattro imprese su cinque (81,3%) ipotizzano la conservazione dei propri organici, il 6,9% prevede nuovi inserimenti di personale, mentre l’11,8% prospetta una riduzione.

Agostoni: “Due imprese su cinque hanno posticipato investimenti”

Plinio Agostoni presidente di Confindustria

“I dati rilevati mostrano segni di peggioramento, ma l’evoluzione degli indicatori non ci lascia stupiti: da diversi mesi evidenziamo come la situazione che stiamo vivendo sia particolarmente delicata e come l’equilibrio sin a qui tenuto sia precario, con le sue ricadute sulle imprese e sulle famiglie – evidenzia il Presidente di Confindustria Lecco e Sondrio, Plinio Agostoni – Dal confronto con i colleghi imprenditori emergono situazioni eterogenee e in linea generale caratterizzate da ricorrenti segnali di difficoltà, a partire dalla contrazione dei margini che si riscontra anche nel caso di chi ha aumentato produzione e fatturato. Elementi dolenti e cause principali di questa erosione sono ovviamente i prezzi di materie prime ed energia, che volano anche per effetto della speculazione e per le conseguenze del conflitto russo-ucraino e che hanno fatto emergere l’esigenza di una politica energetica nazionale di prospettiva, che punti anche sulla diversificazione”.

“A preoccupare – continua il presidente Agostoni – è la constatazione che in due casi su cinque le imprese abbiano dovuto ridimensionare o addirittura posticipare gli investimenti aziendali, con il rischio che questa scelta si possa ripercuotere sui processi di sviluppo. Confidiamo che da parte delle Istituzioni arrivino scelte e interventi di ampia portata per imprimere una svolta capace di farci uscire dall’emergenza energetica quanto prima, anche considerando che l’autunno è iniziato e i consumi energetici sono destinati a salire, andando ad incidere ulteriormente su costi aziendali già notevolmente accresciuti”.