Lettera di un imprenditore: “Lockdown gestiti in modo assurdo e sconsiderato”

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Negozi chiusi ma costretti a pagare Imu e altre tasse

Un grido d’allarme che risuona forte in un momento davvero drammatico

LECCO – Un appello accorato alle istituzioni perché si scelga una strada diversa per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Un grido d’allarme che risuona forte in un momento davvero drammatico soprattutto per chi ha un negozio. Un racconto dettagliato e amaro di una situazione diventata sempre più insostenibile e inaccettabile. Un imprenditore brianzolo, con negozio in un Comune del Lecchese, ha scritto una lettera aperta, inviata a Confcommercio, per raccontare non solo la sua vicenda, ma il dramma condiviso da molti imprenditori. L’obiettivo della missiva? “Vogliamo far sentire la nostra voce e far capire a chi fa le regole quanto problematica sia la situazione e come i lockdown siano stati gestiti in modo assurdo e sconsiderato”.

Il racconto parte chiaramente dalla storia della sua azienda, che produce quanto vende nei suoi negozi diretti e che nel 2020 ha avuto perdite superiori al 60-70% del fatturato rispetto al 2019. Oltre a questa azienda c’è anche un’altra società immobiliare proprietaria di alcuni negozi a Milano.

“Dal 2015 abbiamo affittato i muri ad aziende nel settore della moda. I nostri inquilini, esasperati dai lockdown, prima ci hanno ‘costretto’ ad accettare la loro richiesta di ridurre gli affitti e ora hanno dato disdetta: così ci ritroviamo con i locali vuoti, il mutuo da pagare pesantissimo e l’Imu che incide per più di 40.000 euro all’anno oltre alle altre tasse locali solo per i negozi di Milano”.

Una situazione complicata aggravata “da un Governo che non ha saputo fronteggiarla: i morti sono e sono stati tantissimi, ma se il nemico attacca non bisogna “calare le braghe” e arrendersi. E soprattutto bisogna usare il cervello e non reagire di pancia”. Poi l’imprenditore aggiunge: “Il Governo chiude tutti noi, ma se si va in un negozio “necessario” trovi il parcheggio non pieno ma intasato e centinaia di persone al suo interno. Non capisco come sia possibile questo! Il problema non è chiudere i negozi, ma migliorare il trasporto pubblico, le scuole e gli ospedali. Lo Stato dovrebbe garantire i controlli mandando in giro le persone che noi paghiamo con le nostre tasse: i vigili, la polizia, l’esercito…”. E sui dipendenti pubblici in smart working il suggerimento provocatorio è duplice: “Una parte deve tornare in ufficio per fare il lavoro che oggi è sospeso, un’altra invece potrebbe essere “riconvertita” per dare una mano a gestire gli assembramenti”.

Nella sua missiva l’imprenditore attacca anche gli enti locali: “Che cosa stanno facendo ora? L’anagrafe del Comune dove ho il negozio è praticamente ferma e l’ufficio tecnico per depositare un progetto edilizio chiede mesi in più rispetto ai tempi già faraonici del periodo ante Covid. In questa situazione noi e i nostri inquilini non abbiamo potuto usare i nostri immobili per cui mi sembra assurdo dover pagare l’Imu e le altre tasse, ad esempio sui rifiuti non prodotti”.

La chiusura è molto dura: “Non voglio fare politica, ma a questo punto come la mettiamo? La situazione non è più sostenibile, ecco perché propongo che si faccia una class action contro lo Stato per la tutela dei nostri diritti e la salvaguardia delle nostre aziende. Chiediamo di farci riaprire immediatamente! E chiediamo che chi non ha potuto usare i propri immobili per imposizione statale non debba pagare l’Imu e le altre tasse applicate agli immobili resi inutilizzabili per decreto. Oltre al danno economico da noi subito non possiamo permettere di essere usati come scudo. Il Covid non lo prendi nei negozi! Salgono i contagi e chiudiamo i negozi…. Ma che discorso è? Se salgono i contagi o succede qualche calamità è lo Stato che deve trovare soluzioni con l’aiuto di tutti”.