Olio lariano in crisi: “È diventato più difficile che fare il vino”

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Una stagione olivicola tra le più problematiche di sempre, produttori in lotta con mosche e cimici

“Quantitativi di olive bassissimi, in alcune zone quasi azzerati, bisogna cambiare qualcosa”

BELLANO – “Fare l’olio è diventato più difficile che fare il vino. Nella storia è sempre stato il contrario”. Una frase forte, riassuntiva ed estremamente indicativa di quanto sia stata difficile questa stagione per gli olivicoltori lariani. A pronunciarla Leonardo “Poppo” Enicanti, vicesindaco di Bellano e gestore dell’omonima azienda agricola che comprende anche il frantoio di Biosio, a segnalare come il comparto sia arrivato a una situazione di stallo, e che servirà una svolta per continuare a garantire il futuro dell'”oro verde” nelle terre lariane e non solo.

“È prematuro capire quale sarà la resa, avendo aperto il frantoio all’inizio di questa settimana per la molitura. Dal punto di vista agronomico però possiamo parlare di una stagione problematica, anzi, la più problematica di sempre. I quantitativi di olive sono nettamente inferiori rispetto allo scorso anno”, spiega il gestore del frantoio. Mosca olearia e cimici le principali responsabili di questo calo, che ha interessato non solo il territorio lariano, ma tutto il Nord Italia: “In un convegno sul Lago di Garda svolto una quindicina di giorni fa si è parlato delle difficoltà di gestione di questi insetti, con cui anche i produttori più grandi hanno dovuto fare i conti”, aggiunge. Poco hanno potuto fare gli insetticidi, anche perché, come sottolinea Enicanti, la normativa è diventata più restrittiva, quindi anche i prodotti concessi hanno effetti più blandi sugli insetti da debellare.

Anche animali selvatici come cinghiali e cervi hanno messo a dura prova il raccolto, con le piante già posizionate su terreni scomodi e difficili da lavorare.

“Fino a quando ci saranno olive lavoreremo, le prenotazioni in frantoio sono attive fino al 10 novembre. Se il tempo resiste e il vento non sarà forte, avremo olive sane anche se, come già detto, i quantitativi sono bassi rispetto alle passate stagioni. Anzi, in zone che prima davano parecchi frutti (come Perledo, Lierna e Mandello) i numeri si sono quasi azzerati. Persino i produttori sono decresciuti, in particolare i piccolissimi, praticamente spariti. Non è più tutto rose e fiori, bisogna fare qualcosa. In venti anni di apertura del frantoio, che gestisco dal 2006, c’è sempre stata una crescita, che ora non vedo più”, prosegue “Poppo”.

E non bastano gli incentivi economici: “Sono pochi e a riceverli di solito sono le aziende, non i piccoli produttori che ci fanno ben poco. Eppure quest’ultimi, unendoli tutti insieme, rappresentano un grande numero che tutela una fetta importante di territorio”.

Sì, perché coltivare olivi non significa solo produrre olio, ma anche salvaguardare un territorio: “Gli olivicoltori conservano e danno utilità ai terreni, adibendoli all’agricoltura, altrimenti rimarrebbero in stato di abbandono. Il problema è che se questi piccoli produttori, che spesso coltivano ulivi per passione, non riescono più a generare un prodotto soddisfacente, smettono l’attività e così, a catena, ne risente anche il territorio”, precisa Enicanti.

Per discutere del regresso che sta vivendo il settore si sta pensando di convocare un incontro pubblico a fine novembre per far rendere conto a tutti (istituzioni, esperti del settore e cittadini) che dopo anni floridi il vento sta cambiando e che la produzione di olio lariano sta vacillando.