Osnago, sciopero alla Fomas: “Gli operai di Cernusco vanno ricollocati”

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Il presidio che si è tenuto oggi, giovedì, davanti alla sede di Osnago della Fomas

Il sito produttivo di Cernusco verrà chiuso. L’azienda ha comunicato ai sindacati l’intenzione di procedere al licenziamento collettivo

I sindacalisti Sgb: “Un gruppo come Fomas non può non riuscire a trovare un ricollocamento per undici suoi operai storici e qualificati”

OSNAGO – La richiesta è semplice e diretta: ricollocare in Fomas, azienda che ha unità produttive a Osnago e a Lallio nella bergamasca, le undici persone attualmente collocate nel polo di Cernusco. Diversi lavoratori della ditta specializzata nella forgiatura di acciai speciali hanno preso parte stamattina, giovedì, dalle 10 alle 11 allo sciopero indetto dal Sgb, sindacato generale di base, per accendere i riflettori sulla vicenda che vede loro malgrado protagonisti gli undici dipendenti della sede staccata situata in  via Cavalieri di Vittorio Veneto a Cernusco.

I sindacalisti Sandro Sartorio e Angelo Vaghi

Presenti insieme agli operai dei poli di Cernusco e Osnago, le Rsu interne e i sindacalisti Sandro Sartorio e Angelo Vaghi. Allo sciopero ha fatto capolino anche il consigliere di minoranza Salvatore Krassowski che ha espresso nuovamente un appello al sindaco Giovanna De Capitani per attivarsi, nei limiti delle possibilità di un primo cittadino, per scongiurare il licenziamento collettivo del personale.

Trattative ancora in corso

I sindacalisti presenti hanno riepilogato la situazione, puntualizzando che le trattative con l’azienda per evitare il licenziamento collettivo siano ancora in corso. “Abbiamo voluto promuovere e dobbiamo continuare a promuovere iniziative come questa per convincere l’azienda al ricollocamento. E’un assurdità non ricollocare undici persone in un gruppo come Fomas”. Solo a Osnago sono impiegati più di 160 lavoratori mentre l’unità situata in provincia di Bergamo è più piccola e vede coinvolti circa 25 persone.

“Durante l’ultimo incontro avuto con la dirigenza, ci hanno comunicato l’intenzione di aprire la procedura del licenziamento collettivo per i dipendenti di Cernusco all’inizio del mese prossimo. Un’eventualità contro cui lotteremo fino alla fine. Riteniamo che Fomas abbia tutte le possibilità di ricollocare al suo interno questi lavoratori, guardando alla realtà aziendale nella sua complessità”. Il riferimento è al possibile accompagnamento alla pensione di alcuni lavoratori o ad altre strategie da mettere in campo per evitare di lasciare undici padri di famiglia a casa senza uno stipendio e senza neppure la possibilità di avvalersi della cassa integrazione.

Allo sciopero anche il consigliere Salvatore Krassowski

Un polo, quello di Cernusco, già ridimensionato un anno e mezzo fa

Davanti al cancello di ingresso, rifugiati sotto l’ombrello per ripararsi dalla pioggia scrosciante, i lavoratori tirano fuori dagli zaini il giornalino aziendale di luglio in cui si parla di trend positivo di tutte le aziende del gruppo. “Già un anno e mezzo fa, quando avevano ridimensionato il polo di Cernusco riducendo il personale da 25 a 11 lavoratori, ci era stato promesso che il capannone sarebbe rimasto attivo. E invece non è così”. L’azienda starebbe già cercando di vendere i muri e di dismettere i macchinari, esternalizzando la produzione effettuata finora a Cernusco.

Azienda al lavoro per i colloqui singoli

I sindacalisti hanno poi spiegato che qualora dovesse effettivamente partire la procedura di licenziamento collettivo a inizio novembre, scatterebbero in seguito i 45 giorni di trattativa previsti dalla legge per trovare soluzioni alternative. “Dopodiché non resterebbe altro che percorrere le vie legali, impugnando il licenziamento. A quel punto però ogni lavoratore dovrebbe agire però per suo conto”. La speranza di dipendenti e sindacati è quella di concludere le trattative prima, riuscendo a ricollocare tutti i dipendenti: “Sappiamo che l’azienda sta avendo colloqui individuali a uno a uno con gli operai del polo di Cernusco. Qualora alcuni di questi dovessero accettare l’incentivo alla buona uscita, diventerebbe ancora più difficile sostenere per Fomas di non riuscire a ricollocare gli operai rimasti. A meno di non voler continuare a fare profitto sul risparmio del costo del lavoro eliminando i lavoratori”.