Metalmeccanico e Covid: in sei mesi, 38 mila lavoratori in ‘cassa’ nel lecchese

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Le difficoltà del settore metalmeccanico nei dati della cassa integrazione

Lo studio della Fim Cisl in Lombardia sugli effetti del Covid

LECCO – La pandemia ha impattato in modo notevole sulle situazioni di crisi dell’industria metalmeccanica lombarda: da gennaio a fine giugno 2020 hanno fatto ricorso alla cassa integrazione 18.673 aziende contro le 392 di fine 2019 (+4664%) e 382.885 lavoratori (+2115%; erano 17.288 nel periodo precedente).  È quanto emerge dal 49° Rapporto sulle situazioni di crisi dell’Osservatorio della Fim Lombardia, relativo al 1° semestre 2020.

I territori maggiormente coinvolti nel primo semestre sono quelli di Bergamo (il 23,88% sul totale dei lavoratori di aziende in crisi in Lombardia) e Brescia (il 17,62%) i più colpiti dall’esplodere del contagio, seguono Monza Brianza (il 15,36%) e Milano (il 13,36%).

Nel lecchese

La provincia prima in Italia per tasso di imprese metalmeccaniche, Lecco, viene subito dopo i territori già citati per numero di lavoratori in cassa integrazione (9,9%) in tutto oltre 38,2 mila dipendenti di 1.102 aziende.

I dati regionali

Nel semestre aumenta il numero delle imprese coinvolte dalla cassa integrazione ordinaria (14.468 aziende contro le 359 del semestre precedente) e il numero di lavoratori coinvolti (339.248 contro i 15.343 del semestre precedente).

Aumenta anche il numero delle imprese che hanno fatto ricorso alla cassa straordinaria intendendo, in questo caso, unicamente, la cassa integrazione in deroga, utilizzata da 4.195 aziende (24 nel semestre precedente) per un totale di 43.531 lavoratori coinvolti (1.762 nel semestre precedente).

La mobilità, anche e soprattutto per il divieto ai licenziamenti imposto per decreto, resta praticamente costante per quel che riguarda il numero di aziende interessate, ovvero 10 (9 aziende nel semestre precedente) fissando a 106 il numero di lavoratori coinvolti (183 nel semestre precedente).

“Impatto profondo”

“I dati dimostrano quanto l’impatto del Coronavirus sia stato profondo e quanto sia necessario che il piano per l’utilizzo del Recovery fund si concentri su: transizione tecnologica, formazione e politiche attive, investimenti a favore dei soggetti più deboli. Permanendo il divieto di licenziamento e gli ammortizzatori sociali, temiamo un contraccolpo occupazionale nel 2021”, commenta Andrea Donegà, segretario generale della Fim Cisl Lombardia, il sindacato dei lavoratori metalmeccanici.

“Temiamo che i lavoratori più colpiti, alla fine, saranno quelli a salario più basso, occupati in attività a bassi contenuto tecnologico e valore aggiunto, ai margini delle catene globali delle produzioni – sottolinea Donegà -. Il rischio è quello di aumentare le disuguaglianze e la forbice tra alte professionalità, che possono lavorare anche da remoto, e quelle più povere dal punto di vista dei contenuti professionali, con mansioni ripetitive o che necessitano di lavoro in presenza e in prossimità, una condizione resa difficile dal distanziamento. Sono questi i lavoratori che rischiano di pagare il prezzo più alto. Uno scenario a cui dobbiamo opporci con un investimento straordinario in formazione e riqualificazione per non lasciare indietro nessuno”.