Rioni e località, ci sono ma mancano i cartelli: perchè non metterli?

Tempo di lettura: 3 minuti
laorca
Laorca nelle foto di Ermille Dell'Oro

La proposta, già suggerita nel 2012, è quella di ridare una “geolocalizzazione” perduta

LECCO – “Scendo a Lecco”, “vado a Lecco”, “torno a Lecco”. E’ consuetudine dirlo per un lecchese che vive nei rioni, soprattutto se risiede in uno di quelli più lontani dal centro.

“Ma come ‘andiamo’ a Lecco? – mi chiese tempo fa un amico – Non siamo già a Lecco?”
“E no, attenzione – gli risposi secco – Qui siamo a Laorca”.

Vagli poi a spiegare, tra sberleffi e simil leggende, qual è Lecco, Lecco, e il resto del mondo (rionale) perché, un lecchese lo sa bene, di mondo si tratta. Se poi si dovesse riavvolgere il nastro di una cinquantina d’anni e più, sarebbe più opportuno usare il plurale, dato che ogni rione era davvero un mondo a sé.

Ricorda ancora una mia zia (laorchese doc), una sorta di filastrocca che veniva recitata (a quei tempi i componimenti popolari di questo tipo erano tantissimi) quando si volevano prendere in giro gli acquatesi, il cui dialetto differiva leggermente da quello laorchese, a dimostrazione di come allora i rioni fossero davvero mondi differenti, persino in alcune flessioni dialettali!

E la filastrocca recitava, in riferimento alle campane: “I’è sunadi, i’è rebatadi sura il punt de quadi”. Ovvero, “Sono suonate, sono risuonate, sopra il ponte di Acquate” (dove appunto si trova la chiesa e il suo campanile). Ma per i laorchesi quelle “i” finali allora usate dagli acquatesi erano motivo di sberleffo dato che a Laorca la flessione era diversa, ossia: “I’è sunà, i’è rebatu, sura il punt de qua”.

Insomma mondi diversi. Ma di quel mondo antico, che sembra lontanissimo nonostante non siano passati poi cosi tanti anni, qualcosa di identitario è rimasto persino nel modo di esprimersi odierno… “vado a Lecco”.

Poco più di 10 anni fa, dalle pagine di Lecconotizie, prendendo spunto da un vecchio cartello stradale che campeggia tutt’oggi lungo via Tonale all’altezza della Camera di Commercio, avanzammo la proposta di installare dei cartelli per indicate proprio i confini dei rioni lecchesi, ridando quella che oggi chiameremmo una geolocalizzazione perduta.

L’articolo lo riproponiamo qui sotto, e l’occasione dei 100 anni dell’aggregazione dei rioni, ci porta a rinnovare l’invito all’Amministrazione comunale di prendere in seria considerazione l’iniziativa.

Del resto, chi meglio dell’attuale sindaco Mauro Gattinoni (tra l’altro acquatese) vissuto in quel di Malnago (località da decenni segnalata proprio da un cartello, insieme a quelle di Falghera e Versasio) può comprendere la portata del sano “campanilismo” e il senso della proposta? Magari allargandola anche alle località (come già fatto per Falghera, Malnago e Versasio) conosciute dai lecchesi e persino riportate sui libri e non solo (alcune sono tratte dei bus di linea) come Cereda, Malavedo, Pomedo e quant’altre.

Va da sé, che al di là dell’aspetto scanzonato e frivolo di come stiamo ponendo la questione, i rioni conservano ancor oggi tradizioni e storia e nonostante la poca attenzione che nel corso degli anni hanno ricevuto, alcuni sono stati persino ‘abusati’ e maltrattati, dimostrano di essere ancora vivi. Su questo punto, ben più importante, andrebbe fatta una riflessione di portata diversa.

Ne frattempo, caro sindaco, da “crapone” di Laorca quale sono, il colpo non lo mollo.

Lorenzo Colombo
Crapone di Laorca


Articolo del 07/06/2012

Cartelli stradali: perchè non mettere quelli dei rioni?