Storia di una notizia frivola: viva gli ironici, abbasso i bacchettoni del “vero giornalismo”

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EDITORIALE – Bisogna essere capaci di non prendersi sul serio. Tanti lo dicono, pochi lo sanno fare, meno ancora sono coloro che dalle parole passano ai fatti. Del resto un vecchio proverbio recita: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.

Noi, ogni tanto, ci proviamo, con qualche “notiziola” frivola, fors’anche stupida.
Ne siamo consci, ovvio, non siamo “premi Pulitzer” ma nemmeno nati ieri.

Sappiamo benissimo (è il nostro lavoro) che le oche che attraversano la strada in fila sulle strisce pedonali, in termini di resa, superano di gran lunga la più importante delle dichiarazioni del politico di turno: più visite, più click, più like, più tutto.
Questo vale per Lecconotizie.com come per la testata più autorevole sul panorama nazionale.

Siamo ancor più consapevoli (e ci mancherebbe!) che quello che svolgiamo è un lavoro di responsabilità, a volte delicato (tragedie, morti, eventi di cronaca e non solo), che non può guardare alla sola legge dei numeri.
Insomma, il successo di un giornale non può dipendere dalle “oche”, men che meno la sostanza e l’autorevolezza.

Tuttavia, nel lavoro, come nella vita, ogni tanto qualche “oca” ci sta: per strappare un sorriso, per alleggerire una giornata pesante (nostra e dei lettori) e, perché no, per  dimostrare di essere davvero capaci (tutti) di non prendersi troppo sul serio.

Ed allora ecco la notizia del cazzo (finto)– passateci il termine – che galleggia nel lago.
Una foto scattata da un lettore che, con spiccata ironia, ha inoltrato via mail alla nostra redazione.

Dopo un breve e divertito confronto tra colleghi, abbiamo deciso di scrivere le classiche “due righe” e pubblicare.

Risultato: dopo il disastro del maltempo a Dervio e in Valsassina, quella è stata la notizia più letta (oltre 4mila visite), più condivisa (320 volte), la più commentata (531 volte) raggiungendo, sulla nostra Pagina Facebook, più di 25 mila persone. Alla faccia del bicarbonato di sodio, direbbe Totò.

Come premesso, siamo consci degli effetti che generano notizie come queste, della loro viralità, ma non per questo (è alla prova dei fatti) costellano il nostro giornale.

Vi è tuttavia un aspetto paradossale che ne alimenta la viralità. Sono proprio quelle persone che si ergono paladine del giornalismo (“quello vero”), quelle “prese sul serio”, quelle seriose (non serie). Quelle che, in buona sostanza, dimostrano di non saper ridere, ma sono capaci di vomitare su Facebook commenti del tipo: “È iniziata l’estate anche per i giornalisti eh….. cominciamo con i buchi di pagina, la mancanza di notizie ecc ecc…. complimenti per la professionalità, non c’è che dire”.
Oppure: “Ma veramente avete fatto un articolo su questa notizia?!?”
E ancora: “Wow che notizia. Giornalismo ed informazione ai livelli massimi”.

Ora, non spetta a noi giudicare, ma se si reputa una notizia di poca importanza ancorché insignificante, perché investire energie mentali e tempo per commentarla, incrementandone la viralità?
A voi la risposta.

Il dato di fatto è che una notizia (volutamente) “del cazzo” porta con sé una sequela di commenti, molti dei quali di pari valenza. E a noi, che di ogni aspetto piace sempre cogliere il bello, non resta che piangere… dal ridere.

Del resto si sa che “la giornata più perduta è quella in cui non si è riso”.

Il Direttore
Lorenzo Colombo