@2 Lecchesi nel Mondo: Irene e il biglietto di sola andata per la Nuova Zelanda

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Dopo il “viaggio” in Australia con il racconto di Matteo Aondio che sta vivendo la sua esperienza nella terra dei canguri e con il quale abbiamo inaugurato la rubrica “Lecchesi nel Mondo” (vedi articolo), oggi ci spingiamo ancora più lontano: in Nuova Zelanda, esattamente dall’altra parte del Mondo. E’ qui che incontriamo virtualmente Irene Frizzarin, lecchese di Lecco città, con al quale iniziamo questo secondo viaggio…

(Per inviare i vostri racconti scrivere a redazione@lecconotizie.com)

 

WANAKA – Nel febbraio del 2012, fresca di una laurea in lingue e abbastanza annoiata dalla routine dell’ufficio import-export in cui avevo appena iniziato uno stage, mi trovai a fantasticare per la prima volta sulla possibilità di partire per una working holiday, probabilmente in Australia, meta che sta diventando sempre più popolare e che rappresentava quindi la scelta più facile per questo tipo di esperienza. L’idea era solo un abbozzo, di piani ancora non ne avevo; in fondo, dopo più di un anno di studi in Germania, volevo dare all’Italia una possibilità.. magari avrei trovato un buon lavoro lì, nuovi stimoli. O forse stavo solo “aspettando un segnale”.

Questo segnale mi fu fornito dal sito scambieuropei.com, che tenevo controllato regolarmente e di cui consiglio la visione a chiunque cerchi un’opportunità (una “scusa”, come la chiamo io) per partire. Si tratta di un sito che raccoglie offerte di lavoro, stage, studio e scambi all’estero, in qualunque parte del mondo e per qualsiasi tipo di impiego, da opportunità per ingegneri a occupazioni più “umili”, alla portata anche di chi non possiede particolari qualifiche ma cerca semplicemente la famosa “scusa per partire”. La scusa è per me stata un’offerta di lavoro come governess/housekeeper in un Bed&Breakfast a cinque stelle di Wellington, NZ. Non avevo preso in considerazione la Nuova Zelanda; nelle mie prime riflessioni sulla working holiday mi ero fermata, come già detto, alla più banale Australia, non pensando che a ulteriori tre ore di volo da Sydney si trova il regno del Signore degli Anelli (ne sono sempre stata una fan!), e che questo paese, che è, geograficamente parlando, quanto di più lontano si possa pensare dall’Italia, offre esattamente la stessa opportunità di vacanza-lavoro della terra dei canguri. L’offerta di lavoro poi sembrava stata scritta apposta per me, avendo già avuto esperienza nel settore alberghiero e della ristorazione, e l’idea di un’esperienza relativamente lunga (il contratto presso questo B&B sarebbe durato dal settembre 2012 al giugno 2013) nel settore dell’hospitality era sicuramente interessante. È con queste riflessioni in testa che, senza pensarci troppo ma senza nemmeno troppe aspettative, mandai la prima email ai proprietari del B&B, Daniele, Italiano come me, e la moglie Fiona, Cinese, residenti in Nuova Zelanda da dieci anni. Fu così che, a inizio marzo, dopo uno scambio di email e qualche videochiamata via skype, senza nemmeno rendermene conto, stavo firmando un contratto in piena regola per iniziare a lavorare presso il B&B intorno alla metà di settembre 2012. Con un contratto in tasca e la sicurezza di uno futuro stipendio e un tetto sopra la testa (vitto e alloggio sono sempre stati inclusi), ho richiesto il working holiday visa e acquistato un biglietto di sola andata a cuor leggero e portafogli pieno. In questo senso la mia esperienza è stata un tantino diversa rispetto a quella della maggior parte dei backpackers, per i quali arrivare in Oceania senza un lavoro e un alloggio equivale veramente a un salto nel buio.

Il 17 settembre 2012, dopo quasi due giorni di volo, è iniziata la mia avventura in Nuova Zelanda. Trovare un lavoro e un’accomodation, le prime e principali difficoltà di ogni backpacker, non sono mai stati un mio problema, è vero, ma non per questo sono stata esente da paure e dubbi: in fondo mi sarei trovata a lavorare da sola per la maggior parte del tempo, senza colleghi o compagni d’ostello, in un B&B a 30 minuti di autobus dal centro città. Temevo avrei avuto difficoltà a costruire una vita sociale, e per questo, prendendo il toro per le corna e dissipando subito qualsiasi timore, ho, nell’ordine: 1. acquistato una macchina usata su Trademe (l’Ebay neozelandese) per 1000$ (che mi ha fatta sentire meno isolata dal centro e dalla “vita mondana” e che ho poi rivenduto, sempre su Trademe, a 1300$) e 2. iniziato a partecipare a eventi di gruppi quali Couch Surfing e Meetup, e in poco tempo trovare compagni di viaggio, camminate e uscite serali non è stato più un problema. Affermare che Wellington mi ha cambiato la vita è forse un po’ esagerato, ma è innegabile che tutte le novità e gli stimoli della nuova realtà “a testa in giù” mi hanno resa ancora più curiosa, attiva e intraprendente di quanto già non fossi. La scrittrice neozelandese Lauris Edmon ha definito Wellington la “città dell’azione”, e trovo non esista espressione migliore per descrivere la mia esperienza.

Dopo cinque mesi presso il B&B, decisi di lasciare il lavoro e Wellington per iniziare a viaggiare con un altro ragazzo italiano che ho conosciuto proprio durante un evento del già citato Meetup. A inizio marzo iniziò quindi la seconda fase della mia esperienza neozelandese, la “fase itinerante”. Il piano era quello di girare l’Isola del Sud in circa tre mesi, spostandoci con la macchina, facendo campeggio quando possibile (la maggior parte dei campsites pubblici costano 6$ a persona, alcuni sono persino gratuiti), riparando in ostello se volevamo concederci il lusso di un letto vero, ma generalmente cercando di risparmiare il più possibile su vitto e alloggio. Il modo migliore per farlo è il cosiddetto “work for food and accomodation”, categoria in cui rientra anche il “wwoofing”.

“Work for accomodation” significa lavorare 2/3 ore al giorno (4/5 ore se è incluso il vitto) per un ostello, o comunque nell’hospitality, in cambio di pernottamento e utilizzo gratuito dei servizi dell’ostello stesso (generalmente i titolari chiedono un impegno minimo che può variare dall’una alle tre settimane). Se si viaggia senza fretta, lavorare per accomodation è un ottimo modo per risparmiare e allo stesso tempo avere una base di partenza in una località di interesse per esplorare con calma l’aera circostante. Il WWOOF (World-Wide Opportunities on Organic Farms) è un particolare tipo di work for accomodation all’interno di fattorie biologiche. Chi è interessato ad offrire il proprio aiuto volontario può richiedere, in cambio di una quota d’iscrizione, la lista delle fattorie aderenti al programma e la tessera di socio. In senso stretto, sono considerati “wwoofer” solo i soci dell’organizzazione, ma è possibile trovare lavoro presso fattorie e proprietà in campagna anche senza essere ufficialmente iscritti: su siti come backpackerboard.co.nz vengono pubblicate ogni giorno decine di offerte di questo tipo, tant’è che il termine “woofer” viene ormai comunemente usato per indicare una persona che lavora per vitto e alloggio, anche non necessariamente in fattoria.

Poco prima di partire per il mio viaggio nell’Isola del Sud programmai quindi il mio itinerario, visitai il già citato backpackerboard.co.nz o seasonaljobs.co.nz (questi sono solo due esempi) e verificai se, lungo il percorso, ci fosse per caso qualche buona occasione di lavoro per accomodation. Di offerte ne trovai innumerevoli, e le località in cui mi sono per ora trattenuta più a lungo sono state Takaka (wwoofing in fattoria), Wanaka (tre settimane di lavoro in ostello) e Te Anau (quattro ore di lavoro presso una fattoria specializzata nella coltivazione di frutti di bosco in cambio di alloggio e ottimo vitto presso la proprietaria). Benzina e cibo purtroppo non sono sempre economici, quindi, pur avendo molte volte risparmiato sull’accomodation, viaggiare “alla pari” è sicuramente un miraggio, cosa che ha spinto me e il mio compagno di viaggio, dopo aver ultimato la visita dell’Isola del Sud, a fermarci e cercare un lavoro più stabile, per racimolare ancora qualche soldo (per il biglietto di ritorno e per viaggi futuri). Abbiamo scelto la splendida Wanaka, dove il passaggio dall’estate all’autunno, e poi all’inverno, è paesaggisticamente parlando davvero spettacolare. Ed è proprio da Wanaka (dove ho già trovato lavoro come cameriera in un busy yet friendly ristorante italiano) che sto scrivendo questo resoconto, con un po’ di nostalgia per la mia esperienza in Nuova Zelanda, che è ormai quasi al termine, ma in trepidazione per il futuro – ho infatti già in tasca un visto working holiday per l’Australia! 😉
Irene Frizzarin
Wanaka, NZ