Giulia Ragone: colonna del Meda in B, sogna i mondiali di Calcio a 5

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Giulia Ragone in azione contro l’Inter (credit photo Brianza Sport)

 

LECCO – Una passione smisurata per il calcio, coltivata e vissuta negli anni e “approdata” in serie B. Protagonista di questa bella storia sportiva è una giovane lecchese, Giulia Ragone, 23 anni di San Giovanni.

Uno sport cominciato come spesso accade per gioco, da bambina, in oratorio: lì Giulia (tifosa appassionata del Milan) ha giocato a pallone con i maschi fino alla prima superiore, quando “per forza di cose” come ci ha raccontato lei stessa, ha dovuto trasferirsi in una squadra femminile che l’ha portata prima in serie D a Rancio e quindi nella Meda, formazione che milita nel campionato di serie B, dove gioca da sette anni nel ruolo di centrocampista.

Una passione coltivata anche in Università, a Milano, dove Giulia è al quarto anno di Scienze Motorie e dove gioca nella squadra di calcio a 5 nel campionato nazionale universitario. In questa competizione si è fatta notare da un’osservatrice che ha colto il suo talento contattandola durante l’estate: “Mi ha chiesto se ero disposta a fare le selezioni per la Nazionale della Federazione Italiana Football Sala (Calcio a 5, ndr), la Fifs, che il prossimo anno parteciperà ai mondiali in Spagna. Ho naturalmente accettato e sono stata ricontattata successivamente per giocare un’amichevole con una delle squadre di A più forti d’Italia, la Fusal Breganze, sono in attesa di sapere se mi prenderanno”, ha raccontato Giulia.

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Foto di squadra con Carlo Tavecchio, presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio

 

Non diciamo che è “atipico”, ma di certo conoscere una ragazza forte a calcio è raro. Com’è nata questa passione, di chi è il merito della tua carriera calcistica?
“Tutta ‘colpa’ di mio padre che ha sempre ‘masticato’ calcio, trasmettendomi questa passione sin da piccola. Ma la prima maglia l’ho indossata grazie alla madre di un mio amico che ha insistito perché i miei genitori mi iscrivessero alla squadra maschile dell’oratorio di San Giovanni. Grazie a lei ho iniziato a giocare a pallone e da quel momento non ho più smesso. Qui sono rimasta per diversi anni, fino alla prima superiore, quando gioco forza dovevo esordire in una squadra femminile. Sono così approdata al Rancio, in serie D, dove è iniziata una nuova esperienza. Dover cambiare squadra, mi è spiaciuto, ma era il momento di trasferirmi in una squadra femminile anche se, la prima squadra e i miei primi compagni non potrò mai dimenticarli: è stato con loro che ho segnato il mio primo goal!”

Com’è stato? Te lo ricordi?
“Indimenticabile. Era una partita durante un torneo a Dervio, sarò stata in terza elementare. Vedere quelli della squadra avversaria che mi guardavano increduli come a dire ‘Oddio, ci ha segnato una femmina’ è stato qualcosa di indimenticabile”.

Oggi giochi nel Meda in serie B e nella squadra dell’Università, allo stesso tempo studi: come riesci a incastrare gli impegni sportivi e quelli sui libri?
“I sacrifici non sono pochi, attualmente mi alleno quattro volte alla settimana, tre volte sul campo e uno in palestra e nei weekend sono in giro per l’Italia per le partite. Vivo a Lecco e quindi faccio avanti e indietro da Meda per il calcio e da Milano per gli studi, ma va bene così. Coltivare la propria passione e il proprio sogno vuol dire anche questo”.

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Cos’è il calcio per te?
Il calcio è la mia vita, e anche se al momento non riesco a vivere della mia passione, resta comunque al centro di tutte le mie scelte. Per gli allenamenti alle superiori (Giulia ha frequentato il liceo artistico Medardo Rosso a Lecco, ndr) ho perso un anno, mi è dispiaciuto. Colpa mia, ma è altrettanto vero che le scuole italiane, come ho avuto modo di sperimentare sulla mia pelle, non aiutano dal punto di vista sportivo gli studenti, nel mio caso, come in tanti altri e gli atleti sono penalizzati”.

Ci puoi spiegare meglio?
“Il nostro sistema scolastico non tutela i ragazzi che fanno sport a livello agonistico, ai professori interessa che studi, fa niente se hai quattro allenamenti a settimana fuori provincia o gare importanti nel weekend. Finito il liceo ho deciso di fare un’università che mi permette di avere riguardo per i miei impegni sportivi, per ora ce la sto facendo, dopo la triennale ho deciso di affrontare anche la specialistica, ma secondo me in Italia qualche tutela scolastica in più per i giovani atleti dovrebbe esserci”.

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Giulia Ragone in progressione dopo un dribbling

 

Qual è la tua caratteristica come giocatrice? E come riesci ad essere così forte sia negli spazi ampi del calcio a 11 che in quelli ristretti del calcio a 5?
“Il mio punto di forza è la cattiveria agonistica, la grinta che mi anima per conquistare ogni pallone. Cerco di mettermi a completa disposizione della mia squadra, sia quando gioco a 11 che quando gioco a 5, coprendo gli spazi o inserendomi negli spazi vuoti per ricevere palla. Se vieni dal calcio a 11 a 5 sei sicuramente più facilitato a coprire gli spazi”.

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A quale allenatore ti senti di dovere qualcosa per dove sei oggi?
“I miei primi allenatori all’oratorio sono stati Roberto Lavelli e Maurizio Aldegani, due persone fantastiche che hanno sempre dato tanto per i bambini che allenavano e per la squadra. Ho avuto poi parecchi mister, ma sicuramente devo tanto al mio secondo allenatore, Luca Valsecchi e ai suoi fidi collaboratori Egidio Isella e Marco Dell’Orto, che mi hanno allenata nel periodo delle medie quando giocavo con i maschi. In un periodo così di transizione non è facile gestire ragazzi di quell’ età e soprattutto una ragazza in mezzo a una squadra di ragazzi: mi hanno dato tantissimo sia a livello umano che a livello calcistico, mi hanno insegnato a non farmi mettere i piedi in testa, mi hanno dato le basi per essere la persona e la giocatrice che sono”.

Sei scaramantica?
“No. Io non sono assolutamente scaramantica, a dire il vero non so se sia un bene o un male!”

Ti è mai capitato di versare lacrime per il calcio?
“Di piangere in campo invece mi è capitato spesso, più per le sconfitte che per le vittorie. Quando vedi svanire un obiettivo, come un playoff perso oppure perdere a due giornate dalla fine del campionato dove sei in testa e ti manca poco per raggiungere la serie A, è difficile trattenere la delusione, perché vedi tanti sacrifici svanire”.

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Giulia palla al piede detta i tempi a centrocampo

 

Tu sei una prova provata che non è vero che il calcio non è per femminucce, ma come sono viste le donne che giocano a pallone a livello agonistico?
“Ci sono tantissime donne che giocano meglio di tanti ragazzi messi insieme, non credo assolutamente che sia un sport esclusivo per ragazze/maschiacci. Per quanto ho potuto e posso vedere siamo ancora lontani dalla parità tra uomini e donne nel mondo del calcio, non vengono dati gli stessi meriti, a partire dagli stipendi anche se l’impegno è identico a quello di un uomo che gioca in serie A o B. Oggi l’ambiente del calcio femminile si sta sicuramente allargando, iniziano ad esserci anche più sponsor, ma il professionismo alle donne non è ancora riconosciuto e io oggi come oggi so che, in Italia, al momento non potrò fare del calcio il mio lavoro”.

Hai un sogno nel cassetto? Oltre al calcio hai pensato ad altro?
“Non so dove arriverò, so però che finché il fisico me lo permetterà non smetterò di giocare a calcio, spero di raggiungere obiettivi importanti con il Meda e che il calcio prima o poi diventi professionismo anche per le ragazze in modo tale da poter vivere facendo questo. Quando smetterò spero di rimanere a lavorare nell’ambito sportivo, che è il motivo per cui sto studiando a Milano”.

Che consiglio dai alle giovani leve?
“Mettete sempre il massimo impegno in quello che fate, fate sacrifici se volete raggiungere obiettivi importanti e non mollate alle prime difficoltà che incontrate ma impegnatevi il doppio per far ricredere chi non ha creduto in voi”.

Domanda finale: Maradona o Pele’?
“Son due giocatori straordinari che hanno fatto la storia del calcio mondiale, penso però che Maradona abbia fatto cose straordinarie come Napoli, tant’è che per i napoletani Maradona è considerato quasi una divinità”.