Lecco, l’infermiere Emanuele e quel gesto di umanità raccontato su Rai 3

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Infermiere all’ospedale di Lecco ospite da Massimo Gramellini su Rai 3

Il grazie dei familiari di una vittima di Covid per avere assistito il proprio caro fino all’ultimo

LECCO – Nelle sue ultime ore in ospedale non era solo, accanto a lui c’era un angelo in camice, che lo ha accudito facendogli compagnia e mantenendo il legame con i suoi familiari, mostrandogli le foto dei nipoti, leggendo i messaggi dei suoi cari: così, lo scorso marzo, si è spento all’ospedale di Lecco il 73enne Francesco Frigerio, una delle vittime lecchesi della prima ondata di Covid.

Chi lo ha accompagnato in quei giorni è Emanuele Moretti, 33enne originario dello Sri Lanka che da bimbo è stato adottato da una famiglia italiana e che svolge la sua professione di infermiere nel reparto Covid del presidio ospedaliero cittadino.

Nelle scorse settimane, i parenti di Francesco Frigerio avevano lanciato un appello sui social per poterlo rintracciare e ringraziare per essere stato vicino al proprio congiunto. Un gesto di umanità, il suo, che non è sfuggito a Massimo Gramellini: qualche giorno fa il giornalista aveva dedicato alla storia un editoriale sul Corriere della Sera e sabato sera ha voluto ospitare Emanuele nella sua trasmissione “Le parole della settimana” su Rai 3.

“Ho fatto solo il mio dovere” ha raccontato il 33enne spiegando in quel gesto una missione che sta accomunando gli infermieri impegnati sul fronte della pandemia, unico contatto umano dei pazienti colpiti dal virus e in isolamento nei reparti ospedalieri. “Abbiamo cercato di trasmettere ai pazienti questo rapporto con i familiari che non poteva esserci altrimenti”.

“Come fa a proteggersi da tutto questo dolore?” Gli ha chiesto Gramellini. “Ho cercato di essere punto di riferimento per gli altri infermieri che seguivo. No volevo avere punti di debolezza, di essere forte per tutti”.

“Non mi sento un eroe – ha risposto Emanuele Moretti ad una domanda del giornalista – non lo sono stato a marzo e non lo sarò mai. La nostra è una vocazione per la cura, mettiamo al centro il paziente come se fosse un nostro caro. Il mio ruolo è quello dell’infermiere e farò sempre quello che ho fatto prima, durante e continuerò allo stesso modo anche dopo la pandemia”.