Mandelli e Cendali a segno in Grigna, nel nome di Marco Anghileri

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La Grigna settentrionale, teatro della bella impresa alpinistica di Ballabio e del lecchese
La Grigna settentrionale, teatro della bella impresa alpinistica di Michele Mandelli Ballabio e del lecchese Claudio Cendali.

 

LECCO – Bravi, anzi doppiamente bravi! Non si può che dire così pensando ai due giovani lecchesi che hanno aperto una nuova via classica sul Sasso dei Carbonari, nella Grigna Settentrionale.

Bravi innanzitutto per come in 13 ore è stata portata a termine l’impegnativa arrampicata sulla parete Sud-ovest dell’imponente monolite, che si è sviluppata per 680 metri, di cui 380 sulla parte bassa del primo pilastro, per 90 metri su canale e per altri 210 sulla parte alta del secondo pilastro.

Sono stati effettuati complessivamente 16 tiri, su difficoltà di VI+, con tratti in AO, A1, A2, con 14 soste attrezzate, lasciando in parete 30 chiodi.

Marco Anghileri
Marco Anghileri

L’idea di questa arrampicata era venuta a Michele Mandelli dopo che lo stesso si era trovato a ripetere la via Danilo Mason (difficoltà V+ e A2), aperta nel 1980 dai Gamma Mario Valsecchi e Luca Borghetti. Una via di arrampicata mista, ma prevalentemente libera.

Bravi poi per aver scelto, tra molte altre alternative, di tornare su una montagna lecchese che ne valorizza il territorio per la sua notevole importanza sotto l’aspetto alpinistico, che già a partire dagli anni ’30 è stata teatro delle arrampicate dei nomi più prestigiosi dell’alpinismo lecchese, da Riccardo Cassin a Mario “Boga” Dell’Oro o a Gigi Vitali.

Ma bravi una terza volta perché i due alpinisti che frequentano il gruppo Gamma – Michele Mandelli di Ballabio e Claudio Cendali di Lecco, quartiere Germanedo – questa via l’hanno scalata portando nel cuore un preciso riferimento ideale, Marco Anghileri, al quale l’hanno dedicata attraverso il nome che le hanno dato, “Via atomica”, che era appunto il termine con cui il “Butch” indicava ogni cosa che riusciva a portare a buon fine in modo bello e soddisfacente.

Del resto questa è una decisione che non dovrebbe sorprendere sapendo che loro stessi (come pure il lecchese Pietro Bonaiti Pedroni, di Castello, con il quale insieme avevano affrontato il 4 agosto un primo tentativo poi interrotto a causa dell’intensità della pioggia) a Marco Anghileri si erano ispirati fin dai primi anni in cui si erano avvicinati all’alpinismo.

A loro Marco ha trasmesso, con l’esempio e l’entusiasmo, il senso e il valore dell’alpinismo, una lezione determinante per la loro formazione e che continua a trasmettere positivi impulsi, con un ricordo che rimane sempre vivo.