“Conoscersi”: un libro dove Filosofia (Sini) e Psicologia (Bassani) si interrogano

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Dallo psicologo Enrico Bassani e dal filosofo Carlo Sini un dialogo autentico sulla conoscenza e sulla vita

Conoscersi è un libro che nasce dall’incontro tra due mondi del pensiero: la filosofia e la psicologia. Nel dialogo tra Carlo Sini, filosofo, ed Enrico Bassani, psicologo e psicoterapeuta, prende forma una riflessione profonda sul senso della conoscenza e sul significato del conoscere sé stessi.

L’opera si colloca nel solco di una ricerca già avviata da Bassani con E tu, chi sei? Vita e conoscenza in Psicologia e in Psicoterapia (Mimesis, 2023), e ne rappresenta un naturale proseguimento. Se nel volume precedente l’autore indagava il legame tra biografia, linguaggio e verità, in Conoscersi la riflessione si apre al confronto con la filosofia, che interroga la psicologia nei suoi fondamenti teorici e nella sua legittimità come sapere della mente e dell’esperienza umana.

Enrico Bassani e Carlo Sini
Enrico Bassani e Carlo Sini

Nel dialogo con Sini, la ricerca di una conferma razionale lascia presto spazio a un movimento più radicale: il ritorno alla biografia personale, alle origini del proprio modo di pensare e di sentire. La conoscenza, suggerisce il libro, non è mai pura descrizione né semplice spiegazione dei fatti, ma un processo in cui chi conosce si mette inevitabilmente in gioco.

Conoscersi è quindi un confronto autentico e rigoroso, che attraversa i confini tra psicologia, filosofia e vita vissuta, restituendo al lettore una domanda essenziale: che cosa significa, davvero, conoscere?


Libro Conoscersi

PRESENTAZIONE (intervista a Bassani) 

Da dove prende avvio questo dialogo?
Questo incontro tra il filosofo Carlo Sini e me prende avvio dal testo che ho scritto nel 2023, “E tu, chi sei? Vita e conoscenza in Psicologia e in Psicoterapia”, edito da Mimesis: è una sorta di autobiografia che parla dell’autobiografia – come ha osservato il professor Sini stesso – Questo libro è infatti autobiografico nel senso che vi trovano spazio domande che da sempre percorrono il mio modo di frequentare la psicologia e, in generale, tutto il sapere. Nel corso dei capitoli mi chiedo infatti che cosa sia vero (ad esempio rispetto ad una storia di vita), che cosa oggettivo, che ruolo abbia il linguaggio nell’intessere le storie di vita e nel definire le esperienze. Proseguendo nei capitoli, ed entrando più specificamente nella psicoterapia, mi interrogo sulla psicopatologia e sulla sua “natura”, sul riduzionismo neuroscientifico, su che cosa sia terapeutico in una relazione di aiuto, per tornare, infine, sull’autobiografia e su quale sia un “racconto di sé” che produca benessere.

Che cosa è, dunque, questo dialogo? E quale ne è stato l’esito?
Rileggendo il confronto tra me e Carlo Sini, a me sembra che, da parte mia, questo dialogo sia, anzitutto, la ricerca di una legittimazione del sapere psicologico e, in particolare, del mio modo di intendere e di praticare la psicoterapia.

Spessissimo, infatti, in questo dialogo, io procedo nel mio argomentare, ma poi mi fermo. Ed è come se chiedessi conferma al filosofo (mio maestro per quanto riguarda l’aspetto epistemologico), del mio procedere: è giusto ciò che dico? È condivisibile? E tu lo condividi?

Ma per quanto io insista in questa ricerca di validazione, dal professor Sini non arriva mai. Non c’è un singolo passaggio in cui il filosofo dica: “Hai ragione”, piuttosto che “Questa cosa la vedrei diversamente”, “Sbagli”, e via dicendo.

Al massimo, Sini mi rimanda un messaggio del tipo “Ti capisco”, “Anche io provo qualcosa di simile”, in altre circostanze e su altre tematiche. Ma soprattutto chiede: “Da dove viene questo tuo credere in ciò che credi?”. E si torna, ancora una volta, alla biografia personale, all’autobiografia. Si ripassa dal punto di partenza.

È una sorta di inseguimento senza fine, senza soluzione di continuità, e di continuo rimando a sé, alla propria, di storia. E lo capisco. Questo è il procedere della filosofia (o, meglio, di un certo modo di intendere la filosofia).

Ed è ciò che, a ben guardare, faccio anche io, in modo diverso, con qualsiasi persona entri nel mio studio di psicoterapia, a prescindere dalla specificità del disturbo che lo porta lì. Chi sei? Da dove vieni? Chi erano tuo padre e tua madre? Che cosa provi? Che cosa pensi? Come interpreti ciò che ti succede e i tuoi stessi sintomi?

E, forse, la prima grande operazione, l’operazione preliminare a qualsiasi tipo di intervento ulteriore in psicoterapia, è proprio la legittimazione: “Sì, vieni da questa storia”, “Questa è la tua vita”. Biografia ed autobiografica che si sono incarnate in te, nel tuo corpo, nel tuo modo di vivere, sentire, pensare il mondo. L’emotività è un’autobiografia incarnata. Ma non solo l’emotività. Tutto ciò che provo, penso, dico, faccio proviene dalla mia storia di vita, intrecciata all’attualità che sperimento in questo istante e in questa fase di vita.

Enrico Bassani e Carlo Sini

Qual è l’obiettivo critico del suo (o del vostro) argomentare?
Io lo sintetizzerei in questi termini: descrivere non significa spiegare e ridurre non significa comprendere.

La “macchina da guerra” riduzionistica (oggi espressa appieno dalle neuroscienze) riduce – appunto – il vissuto di ciascuno ad una sorta di epifenomeno di ciò che accade nel cervello, e di quest’ultimo si occupa pensando di “spiegare”, così, il vissuto individuale.

Ma siamo di fronte ad una clamorosa tautologia. Descrivere non significa spiegare. Il punto decisivo, dopo aver chiaramente raccolto ciò che accade ad un paziente, è cercare di capire che cosa ha determinato questa condizione, nell’intreccio tra la sua storia di vita e la sua attualità esistenziale.

Nel riduzionismo neuroscientifico, la biografia individuale e la genealogia collettiva, ossia ciò da cui origina tutto ciò che siamo, che esprimiamo, e lo sguardo attraverso cui costruiamo il nostro mondo, sono semplicemente un accidentale, occasionale e inessenziale epifenomeno di ciò che accade a livello della biochimica cerebrale. Siamo tutti, indifferentemente, agenti anonimi di ciò che il nostro cervello “ci dice di fare”, attraverso impulsi elettrici ed equilibri biochimici. Del resto, è proprio del procedere della scienza sperimentale estromettere qualsiasi nota biografica e genealogica da qualsivoglia oggetto di indagine, in nome e in virtù di quell’oggettività che è contemporaneamente presupposto ed esito di questo specifico modo di intendete il sapere che la scienza sperimentale esprime.

Ma osservare e registrare, con opportune misurazioni fisiche, la concomitanza che avviene tra il vissuto che un soggetto sperimenta e ciò che accade nel suo cervello non significa conoscere e spiegare quel vissuto.

È opportuno specificare che, ovviamente, non ho nulla contro le neuroscienze intese come disciplina specialistica. Anzi, ci danno strumenti importanti per comprendere il funzionamento di alcuni meccanismi biologici, anatomici e fisiologici. Ciò che teoreticamente non regge, dal mio punto di vista, è l’attribuzione di un ruolo esplicativo a questa riduzione del fenomenico al fisico. Quello che accade nel cervello di un individuo è altra cosa rispetto a ciò che accade alla persona. Una scansione cerebrale effettuata contemporaneamente al verificarsi di un’esperienza nel vissuto di un individuo offre, tutt’al più, la descrizione di una concomitanza psico-fisica molto generica ed universale, non la spiegazione dello “psichico” attraverso il “fisico”.
Ripeto, descrivere non significa spiegare e ridurre non significa comprendere.

Ma allora, che cosa conosciamo?
Ogni volta conosciamo noi stessi – mi verrebbe da rispondere – sia in senso collettivo, riferito all’operare comune; che individuale, in rapporto a come ciascuno di noi si colloca nella verità pubblica e nel senso comune: la realtà condivisa e costruita comunitariamente. Possiamo dirlo anche in questi termini: conosciamo il nostro modo di attribuire senso alla realtà, ossia – ripeto per l’ennesima volta – di costruirla, dacché il linguaggio ci ha condannati a interpretare, a vivere in questo “trasferimento”.

Conoscere è conoscersi. Null’altro.
La conoscenza è un processo completamente autoreferenziale, che produce al proprio interno gli oggetti di cui poi si occupa, sia in senso sociale, nella definizione di una verità pubblica, sia individuale, rispetto a come ciascuna vita e conoscenza in quella verità pubblica si inscrive, dando forma alla propria esperienza.

E, alla fine, il professor Sini le ha dato ragione?
Né sì né no.


QUARTA DI COPERTINA

Conoscere, conoscersi. Nella dialettica tra queste due parole si gioca la partita decisiva tanto della Filosofia (conoscere), quanto della Psicologia (conoscersi).

Socrate, a suo modo, indica la strada della conoscenza al giovane Cherefonte, intimorito dalla possibilità di parlare a Gorgia, il più grande dei sofisti: “Chiedigli chi è”.

Vittorio Guidano, rivoluzionario psicoterapeuta novecentesco, gli fa eco 2.400 anni più tardi: “Vivere è, alla lettera, conoscere”. In ogni forma di conoscenza è in gioco la vita, e, contemporaneamente, la vita non può che darsi in una forma di conoscenza.

In questo dialogo schietto e sincero, senza sconti, Carlo Sini, filosofo, incalza Enrico Bassani, psicologo e psicoterapeuta, circa il sapere della Psicologia e la legittimità della sua pratica teorica e clinica: che cosa sa il sapere sulla psiche? Quali sono i suoi fondamenti? E perché una teoria della mente dovrebbe essere “migliore”, o “preferibile”, rispetto a un’altra?

Prende così forma un percorso inevitabilmente ed irriducibilmente autobiografico, in cui Sini smaschera i pregiudizi teorici e scende nel profondo biografico di ciò che muove le argomentazioni di Bassani. Un procedere sempre più stringente, fino alla domanda delle domande: “Che cosa significa conoscere?”. Qui il filosofo si troverà egli stesso interrogato dal proprio domandare, com’è tradizione nella più autentica pratica filosofica, e dovrà dar conto del proprio stesso dire.


ENRICO BASSANI

Enrico Bassani, psicologo e psicoterapeuta, è membro della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva. È responsabile del Centro Psicologia Lecco, che ha fondato nel 2012, con un’equipe di psicoterapeuti, psichiatri e professionisti della salute mentale. È socio fondatore e membro del Comitato Scientifico del Laboratorio di Filosofia e Cultura “Mechrì” di Milano. Ha all’attivo diversi interventi in riviste e pubblicazioni collettanee nell’ambito della psicologia, della psicoterapia e della cultura. Nel 2023 ha pubblicato “E tu, chi sei? Vita e conoscenza in Psicologia e in Psicoterapia” per i tipi di Mimesis. www.bassanipsicologo.it