I Ragni in Patagonia, il racconto delle loro ultime imprese

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I protagonisti delle due spedizioni: Luca Schiera, Matteo Bernasconi, Matteo Della Bordella, David Bacci, Paolo Marazzi

 

LECCO – “La Patagonia ha segnato la storia dei Ragni, una regione particolare, difficile, che si presenta a voce alta. Il meteo quest’anno non ha concesso nulla, solo tre salite importanti sono state effettuate, due sono dei nostri”.

Non nasconde l’orgoglio, Fabio Palma, introducendo le imprese portate a termine nelle ultime settimane dai suoi giovani scalatori in terra americana: prima il Cerro Murallon, , già teatro nel 1984 della prima salita del pilastro Nord Est compiuta da Casimiro Ferrari, Carlo Aldè e Paolo Vitali, riconquistata trentatre anni dopo, a metà febbraio,  da Matteo Bernasconi, Matteo Della Bordella e David Bacci, che hanno aperto una nuova via sulla parte est; poi la cima del Cerro Mariposa, nella valle del Rio Turbio, con una nuova via aperta da Luca Schiera e Paolo Marazzi lo scorso giovedì 16 marzo.

Una doppia vittoria per il gruppo che meritava di essere presentata alla cittadinanza e così, mercoledì’ pomeriggio, i protagonisti delle due spedizioni hanno raccontato di persona quanto di spettacolare hanno saputo portare a termine, nell’appuntamento organizzato a Palazzo delle Paure.

Al centro il presidente dei Ragni, Fabio Palma, a sinistra il sindaco Virginio Brivio

 

“C’è un filo rosso di continuità che lega le imprese del passato a quelle compiute oggi, le attrezzature sono combiate rispetto a quelle usate dai vostri predecessori, non è mutata la capacità di saper fare la cosa giusta, dosare forze e fatica per lo sprint finale.. questo ha sempre fatto parte della tradizione dei Ragni” li ha accolti così il sindaco Virginio Brivio, aprendo l’incontro con gli alpinisti.

Fatica, ma sopratutto tanta pazienza: entrambe le spedizioni hanno dovuto attendere il momento giusto per essere portate a termine perché, come anticipato dal presidente Palma, il meteo non è stato affatto d’aiuto. Entrambi i gruppi hanno aspettato a lungo una finestra di bel tempo estremamente ridotta, per poter compiere la salita.

Il ghiacciaio di Upsala, sullo sfondo il Murallon

 

Lo stesso avvinamento alla parete non è stato semplice: “Abbiamo dovuto superare il ghiacciaio di Upsala, immenso e pieno di crepacci, sono state necessarie quattro traversate prima di capire come oltrepassarlo– ha raccontato David Bacci – alla fine ci siamo piazziati sotto la parete e abbiamo atteso per tre giorni prima di avere certezza che le condizioni del meteo fossero favorevoli”.

Il Murallon è una montagna alta 2885 metri, al confine tra Argentina e Cile, la nuova via aperta dai Ragni la risale per mille metri. “Avevamo tre possibilità – ha spiegato Della Bordella – Tentare di ripetere la via aperta nel 1984, sarebbe stato fantastico, oppure provare sulla parte Nord Ovest o la Est. Alla fine è stato il meteo a dettare la scelta”.

 

Quindi la decisione di attaccare la parete Est. “Era un misto di neve, ghiaccio e roccia – ricorda Matteo Bernasconi – alla sera eravamo a circa 300 metri dalla cima, abbiamo bivaccato quella notte”. La sfortuna ha voluto che una piccola slavina tagliasse il materasso di Bernasconi, costretto così a dormire sullo zaino e non al riparo dal freddo. “All’ultimo tiro, il più difficile, il tempo ha iniziato a cambiare, sono iniziati a scendere i primi fiocchi di neve – ha proseguito l’alpinista – non potevamo mollare ad un passo dalla vetta”.

 

Il bivacco in parete

 

Alle 13.30 circa l’arrivo in cima, la gioia per la il traguardo raggiunto ha lasciato spazio al pensiero della discesa: “L’idea era quella di scendere dal versante ovest sull’altopiano Italia. Invece ci siamo trovati sul ghiacciaio opposto al nostro campo base”. “Il brutto tempo continuava, noi eravamo tutti bagnati e non c’era un posto dove ripararci, nemmeno le tende perché avevamo un’attrezzatura leggera. Alla fine abbiamo trovato riparo sotto un enorme masso – prosegue Della Bordella – ci ha cambiato la vita metterci li al riparo, abbiamo avuto modo di asciugarci e mangiare le ultime cose rimaste, prima di rimetterci in marcia all’indomani e fare rientro”.

Carlo Aldè

 

Anche i loro ‘avi’ dovettero fare i conti con il maltempo: “Abbiamo trascorso due mesi sul ghicciaio e solo sei giorni previsti di bel tempo, non continuativi – ha ricordato Carlo Aldè, allora giovanissimo, appena 19 anni così come Paolo Vitali – La salita era durata quattro giorni, due in mezzo alla bufera. Al ritorno, girammo in tondo per un giorno, senza vedere nulla, ritrovandoci di nuovo in cima”.

Hanno dovuto invece districarsi tra i boschi, armati di machete, a cavallo e in canoa per superare fiumi e laghi, Luca Schiera e Paolo Marazzi, impegnati nel raggiungere il Cerro Mariposa. “Abbiamo fatto tre viaggi per verificare come fosse la parte, quanto tempo servisse, come fosse la situazione, poi i due giorni di bello che attendevamo sono arrivati – hanno raccontato i due – la parte era sempre zuppa d’acqua, noi sempre bagnati fradici”.

In piena notte, intorno all’una, arrivo in cima alla parete. “Inizialmente pensavamo di sfruttare un canale per il ritorno, ma era molto secco, allora abbiamo di scendere per la parete”.

Il Cerro Mariposa