L’idea arriva dagli Anni ’80, oggi gli istruttori della scuola di Scialpinismo del Cai Lecco l’hanno realizzata
L’avventura a due passi da casa: “Dicevano che non avremmo trovato neve e invece…”
LECCO – Un’avventura lunga 170 chilometri e 12600 metri di dislivello: dal Pizzo dei Tre Signori fino al Telenek, sopra ad Aprica, in dieci fantastici giorni.
Questo, in sintesi, il “Viaggio tra le Orobie con gli sci ai piedi” intrapreso da cinque amici, tutti istruttori della Scuola Nazionale di Scialpinismo del Cai Lecco, in occasione dei 50 anni del gruppo.
“Siete matti, vedrete che non troverete neve”. Questo quello che si sentivano dire alla vigilia della partenza e invece, forti di una preparazione durata parecchi mesi, sono riusciti a portare a casa un’impresa riuscita a pochissimi.
“L’idea è nata da alcuni vecchi documenti ritrovati negli archivi dove, già per i 15 anni della scuola di scialpinismo, si parlava di questa traversata che però non è mai riuscita a concretizzarsi” racconta Stefano Bolis, uno dei protagonisti dell’impresa con Massimiliano Gerosa, Jacopo Gregori (loro tre hanno compiuto la traversata integrale), Paolo Riboldi e Silvia Favaro (questi ultimi due hanno fatto “solo” 6/7 tappe per impegni di lavoro).
“Un altro dei motivi che ci hanno spinto a partire è stato quello di vivere una vera e propria avventura sulle montagne dietro casa nostra che, in modo diverso, frequentiamo tutti gli inverni”.
Si tratta di una traversata, quella integrale, riuscita a ben pochi scialpinisti, i primi furono Angelo Gherardi e Franco Maestrini nel 1971. I lecchesi hanno seguito le loro orme riuscendo finalmente a chiudere una questione aperta da anni nella scuola del Cai Lecco.
“Abbiamo avuto una fortuna indescrivibile: eravamo partiti da un paio di giorni quando ha messo giù circa 30 centimetri di neve che ci siamo portati fino alla fine riuscendo a compiere sciate fantastiche con una neve eccezionale”.
Partenza il 16 marzo e arrivo ad Aprica il 25: “Abbiamo trovato un ambiente davvero selvaggio a un paio d’ore di cammino dal fondovalle, sul percorso abbiamo incrociato solo tre persone. Abbiamo messo a frutto tutta la nostra esperienza di istruttori sia a livello scialpinistico che alpinistico. E’ stata l’avventura di cinque amici e ci ha fatto crescere anche nei rapporti”.
Il viaggio è stato svolto in totale autosufficienza: “Solo in un caso abbiamo utilizzato il Gps, altrimenti ci siamo mossi solo con bussola e cartina. Dietro c’è stata una preparazione puntigliosa anche perché il tragitto presentava diverse alternative e, di volta in volta, siamo stati chiamati a scegliere”.
Sulle spalle uno zaino di 17 chili: “A parte i primi tre giorni dove abbiamo potuto contare sui rifugi, per il resto ci siamo affidati a punti d’appoggio ‘non sicuri’: malghe, baite, bivacchi… fortunatamente non abbiamo mai dormito all’aperto”.
E poi, la grande soddisfazione di essere arrivati alla fine: “Quando abbiamo capito che avevamo la possibilità di concludere il nostro viaggio l’entusiasmo è arrivato alle stelle. Anche la stanchezza, in ogni tappa, è sempre passata in secondo piano di fronte alla bellezza del paesaggio”.
Un’esperienza unica: “Fortunatamente ogni situazione è sempre stata gestibile sotto il profilo del rischio. L’aspetto più complicato è stato valutare di volta in volta le condizioni della neve, anche perché durante una giornata cambiavamo più volte versante. Alla fine la neve c’era ed era anche bella”.
Tra le curiosità dell’avventura attraverso le Orobie c’è da segnalare che Silvia Favaro è stata la prima donna a cimentarsi nella traversata, mentre Paolo Riboldi è stato il primo a utilizzare uno snowboard.
Insomma, è la dimostrazione che l’avventura si può trovare anche a due passi da casa basta saperla cercare.