Montagna, 400 interventi di soccorso in un anno. Pesano disattenzione e impreparazione

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Il capo della XIX Delegazione Lariana Marco Anemoli: “Nonostante i mesi di lockdown tanti interventi, soprattutto per dispersi”

Tra le novità 2021 i piloti di droni che aiuteranno nelle operazioni di soccorso

LECCO – Anche la XIX Delegazione Lariana del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (Cnsas) si appresta a chiudere un anno anomalo e complesso, segnato dall’emergenza sanitaria legata al Covid. Nonostante i lunghi mesi di lockdown, il lavoro per i tecnici delle sette stazioni che compongono la delegazione lariana (Dongo, Lario Occidentale Ceresio, Lecco, Pavia Oltrepo, Triangolo Lariano, Valsassina Valvarrone e Varese)  non è mancato, come confermano i numeri.

Dal 1° gennaio 2020 al 14 dicembre, la XIX Delegazione Lariana ha effettuato 392 interventi e recuperato 409 persone. 31 i decessi (calcolati quelli al momento del recupero). Per quanto riguarda la sola stazione di Lecco, 86 sono stati fino ad ora gli interventi, 100 le persone soccorse e 2 i decessi.

Il Delegato della XIX Delegazione Lariana Marco Anemoli

Tanti interventi di soccorso nonostante il lockdown

Nel 2019 gli interventi del Soccorso Alpino sono stati più numerosi, ha ricordato il Delegato Marco Anemoli, ma il dato complessivo del 2020, se rapportato ai 4 mesi totali di chiusura causa Covid (tra primavera e il mese di novembre) è significativo: “Pur non avendo praticamente effettuato soccorsi durante le fasi più critiche dell’emergenza, il totale degli interventi di quest’anno è incisivamente più alto rispetto all’anno scorso – ha dichiarato – la differenza è di circa cento interventi, con un lungo lockdown di mezzo. Questo fa riflettere sicuramente”.

La motivazione, per il Delegato, è semplice: “Dopo tanto tempo chiusi in casa la voglia di tornare a fare attività motoria e sportiva ha spinto molte più persone sulle nostre montagne con un aumento dei fattori di inesperienza e disattenzione. Tra le principali cause di incidenti rileviamo le cadute e la perdita di orientamento, spesso legate ad inesperienza o alla mancata conoscenza del posto”. Domenica scorsa, 13 dicembre, dopo oltre un mese di lockdown, la Lombardia è tornata in zona gialla: “Come prevedibile il bel tempo e la possibilità di spostarsi tra i Comuni ha portato in montagna tante, tantissime persone. Per far fronte ad eventuali emergenza tutte le stazioni hanno preparato le squadre di pronto intervento: ricordo che il rischio valanghe era 3 marcato/4, come prevedibile le abbondanti nevicate delle scorse settimane, unite al rialzo termico e alla mancanza di fondo, hanno causato importanti distacchi di manti nevosi, ad esempio in Grignetta. Siamo stati graziati, ma la quantità di gente sulle montagne, chi a piedi, chi con sci e ciaspole – alternativa più semplice ora che gli impianti da sci sono chiudi – è stata preoccupante”.

“Prima di andare in montagna, informarsi bene”

Il delegato Anemoli ha ricordato le principali regole per affrontare in maniera più sicura possibile un’escursione: “Sia che ci si appresti ad una scalata che ad una semplice passeggiata è bene partire preparati – ha detto – soprattutto ora che siamo in inverno, occorre informarsi sulle condizioni meteo e della neve. A seconda della nostra destinazione portiamo l’attrezzatura e l’abbigliamento adeguato. Nello zaino oltre al telefono carico è bene avere anche una luce frontale o una pila. Se si è in gruppo, importante anche valutare la preparazione dei compagni: per qualcuno anche una banale escursione in presenza di tanta neve può diventare faticosa e potenzialmente pericolosa”.

Negli ultimi 20 anni, stando a quanto riferito dai soccorritori, la curva degli interventi è salita vertiginosamente: “Oggi siamo chiamati spessissimo per persone che si perdono. Il più delle volte si tratta di escursionisti che vengono da fuori, che non conoscono i luoghi, che sottovalutano un percorso o si ritrovano al calare del buio senza luce. Possiamo sicuramente dire che è cambiata anche la coscienza con cui si va in montagna: chiamare il Soccorso Alpino è giusto, non si deve rischiare per nulla, poi con l’elisoccorso facciamo molti più recuperi e questo ci aiuta notevolmente, avendo le risorse è giusto sfruttarle. Ma un’attenzione in più, probabilmente contribuirebbe a diminuire alcune tipologie di intervento”.

Con il capo della stazione di Lecco Giuseppe Rocchi

I numeri della delegazione

Ad oggi le sette stazioni della XIX Delegazione Lariana contano 220 volontari. In questi mesi il Soccorso Alpino sta facendo un grosso lavoro di reclutamento per ampliare il numero di soccorritori: “Nel mese di gennaio, Covid permettendo, dovrebbe partire il corso per una trentina di ragazzi che saranno poi ‘smistati’ nelle diverse stazioni”. Due sono destinati alla stazione di Lecco: “Siamo in una situazione di difficoltà – spiega il capostazione Giuseppe Rocchi – ad esempio la stazione di Lecco conta 30 volontari di cui 20 operativi. Servirebbero almeno dieci nuovi volontari per essere a pieno regime”.

La burocrazia, inoltre, non aiuta: “Attualmente per diventare soccorritore devi anche sapere sciare, competenza che ad esempio in un territorio come il nostro, per sua propria conformazione, non è fondamentale. Dal prossimo anno le cose dovrebbero cambiare e contiamo di riuscire ad intercettare più persone”. Le richieste di entrare nel Soccorso non mancano ma spesso arrivano da fuori territorio: “E’ indispensabile conoscere bene i luoghi dove si interviene, sia per una questione di coordinamento che di ‘agilità’ sul soccorso stesso” ha sottolineato Rocchi. Il prossimo 22 dicembre, come annunciato, la Delegazione è chiamata a votare i nuovi capistazione e vice capistazione, diciassette persone in totale.

Covid e soccorsi in montagna

L’epidemia di Covid ha inevitabilmente colpito anche le modalità di intervento del Soccorso Alpino: “Ovviamente dobbiamo avere le mascherine e seguire una specifica procedura in caso di feriti – ha spiegato Anemoli – nei mesi scorsi tutti i volontari hanno seguito appositi corsi di formazione. Quello che è venuto a mancare è il cosiddetto ‘terzo tempo’: prima della pandemia, quando si terminava un intervento ci si prendeva del tempo per stare insieme, parlare di quello che era successo e rielaborarlo, soprattutto in casi gravi. Oggi invece terminato il soccorso ognuno torna a casa sua. Viene a mancare la condivisione e anche il coordinamento da remoto non è spesso facile, ma questa è la situazione e non resta che adattarsi, considerando che, verosimilmente, toccherà conviverci ancora per un po’”.

Il delegato ha continuato: “Su diversi fronti il 2020 è un anno da dimenticare, purtroppo a causa dell’emergenza sanitaria abbiamo interrotto molti progetti, tra cui la formazione, che speriamo di riprendere in mano presto”.

I droni in aiuto

Risale ad un mese fa circa la nuova legge che a livello nazionale ‘amplia’ i compiti del Cnsas. Tra le novità è prevista anche una nuova figura, il pilota di droni, che supporterà le operazioni di soccorso: “Il progetto è ancora in fase progettuale – ha specificato Anemoli – ma sarà davvero di grandissimo aiuto al nostro lavoro”. “L’utilizzo dei droni sarà molto utile in caso di ricerche di dispersi ma non solo, penso anche ai monitoraggi: ad esempio in caso di slavina o frana, per verificare la situazione e il rischio di nuovi distacchi a monte un sorvolo del drone può dare molte informazioni, in maniera immediata”.

Insieme all’elisoccorso, insomma, una nuova e importante risorsa per il Soccorso Alpino: “Non dimentichiamo inoltre – ha ricordato il delegato – l’aiuto garantito dai Vigili del Fuoco che diverse volte ci hanno supportato in interventi di ricerche e recupero illesi con il loro elicottero”.

Nel ricordare la collaborazione con i pompieri Anemoli ha auspicato una più incisiva organizzazione nella gestione dei compiti e degli interventi: “Capita che su alcune tipologie di soccorso vengano inviati sia i Vigili del Fuoco che il Soccorso Alpino, l’ultimo caso recente risale a domenica scorsa per un gruppo di sei persone dispersi sul Sentiero Natura ai Piani d’Erna. Un intervento facilmente gestibile in cui entrambi gli Enti sono stati chiamati ad intervenire. La collaborazione tra i due enti è fondamentale e nessuno può esimersi dal rispondere a una chiamata di Soccorso, ognuno con le proprie competenze cercando di migliorare sempre di più la collaborazione tra chi riceve  la chiamata di soccorso – NUE (numero unico emergenza) e 118, e  chi interviene – Soccorso Alpino, VVF e Guardia di Finanza. Una parte di  difficoltà per la nostra Delegazione risiede anche nel fatto che lavoriamo su tre Province, Lecco, Como e Varese, quindi con tre piani prefettizi diversi e un coordinamento più laborioso. A livello nazionale si sta lavorando per semplificare le cose”.

L’elisoccorso di Como (foto archivio)

Ponti radio e elisoccorso

Procede infine il lavoro di rafforzamento dei diversi ponte radio, fondamentali per la comunicazione con l’elisoccorso e la ricezione dei cellulari: “Stiamo ultimando i lavori di posizionamento di un ponte radio sul Monte Colmegnone che permetterà  la copertura della zona del Triangolo Lariano, l’unica area scoperta attualmente resta la Valbiandino – ha fatto sapere Anemoli – per i recuperi in elisoccorso, sempre più comuni anche in orario notturno, il funzionamento dei ponti radio è fondamentale soprattutto per comunicare in fase di avvicinamento”. Sempre più utilizzato, anche in zona impervia, l’elisoccorso del 118: “Tanti interventi si risolvono con l’elicottero, questo permette di preservare il paziente, grazie ai tempi di recupero più veloci, e talvolta facendo evitare rischi inutili ai nostri tecnici, come in queste giornate in cui il rischio slavina è molto alto” ha concluso Anemoli.