Montagna. Fabio Palma racconta il Berna: “Un uomo speciale”

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LECCO – Fabio Palma, ex presidente dei Ragni, ricorda alcuni momenti passati con Matteo Bernasconi. L’improvvisa scomparsa di Berna ha messo a dura prova tutti, ma è tanta la voglia di ricordare una persona e un alpinista che ha lasciato il segno.

“Avevo organizzato un team building, si chiamano così. C’erano professionisti della finanza e io e i ragazzi che avevo scelto, guide alpine, appartenevamo a un altro mondo, economicamente e socialmente. Mi aveva dato una grossa mano organizzativa Luca Moroni, poi c’erano Matteo Pasquetto e il Berna, il quale si era infilato in macchina esordendo con una miriade di buffonate, a registrare dieci minuti ci sarebbe stato da mettersi le mani nei capelli.
A Courmayeur incontrammo Ale Penco, che era diventato un manager, insieme col Berna avevano salito insieme la Nord dell’Eiger per la celebre via normale molti anni prima, e praticamente subito dopo Ale aveva smesso con l’alpinismo.
Berna no, Berna era in rampa di lancio, prima il Cerro Torre, antipasto di scelte alpinistiche da tre stelle Michelin.
Prima di andare avanti con il ricordo, vorrei dire quanto sia paradossale che ieri abbiano cercato me e Teo in almeno dieci giornali e Tv mainstream, quando invece morire se si degnavano di trafiletti a certe salite che faceva.
Una volta lo dissi a una tavolata, Berna se scali nudo sul Medale sei in prima pagina, mica con la Egger o con il Murallon. E naturalmente con una tragedia, anche. Altrimenti devi raccontare cose enormi di cose piccole.
E Berna non ne era proprio capace, come Teo e Luchino ridimensionava piuttosto che ingrandire o anche solo sottolineare.
Comunque arriviamo sotto il Bianco e le persone da accompagnare sul ghiacciaio sono una settantina, a gruppi piccoli. Io faccio una conferenza, parlo dei ragazzi appunto, parlo della Egger, l’alpinismo. Sono bravo in queste cose come lo è Teo, siamo portati a parlare su un palco alla gente e spiegare la psicologia dello sport e l’alpinismo come espressione altissima di una pianificazione. Quando andarono sulla Egger, il primo anno fecero degli ovvi errori di strategia, poi furono sempre più acuti e sottili, anni dopo al Murallon fu un capolavoro.
Berna era ammiratore incondizionato dei migliori al mondo ed era il più tecnico a discorrere su sfumature e dettagli, ma mai con un microfono in mano o una telecamera davanti.
Andarono sul ghiacciaio, furono tutti bravissimi, professionali e simpaticissimi, i professionisti da dubbiosi timorosi e qualcuno pure prevenuto tornarono così entusiasti da davvero chiedere autografi.
E la sera alla cena Berna fu praticamente una star del cinema, lo attorniarono manco fosse Brad Pitt, lui raccontava e rispondeva, e veramente quando Berna raccontava non ce n’era per nessuno, era il migliore.
Fuori da un palco, è stato il miglior storyteller di alpinismo mai ascoltato.
Ho organizzato decine di serate per Sport Specialist, li ho sentiti tutti. Il migliore fu Dean Potter, ma vi dico che Berna ti sapeva dire dei micro dettagli a cui mai avresti pensato, analizzava le imprese di un Honnold o di uno Steve House o di uno Steck in modo superiore, e poi ci metteva dentro delle considerazioni divertenti, stavi lì ad ascoltarlo ore.
E quella sera al suo tavolo si formò un capannello di professionisti, gente milionaria, tutti dietro a lui.
E naturalmente al ritorno in macchina ci fece morire dal ridere, Berna era come i miei vecchi amici Cecco e Pitax, era come avere Troisi al tavolo, o Ale e Franz.
Berna ammirava Teo (Matteo Della Bordella, ndr) in una maniera che Teo non so mica se l’abbia mai saputo. Lo ammirò fin dal primo momento, 2005. E poi soprattutto dal 2006, quando Teo aveva smesso per qualche mese ed era tornato moooolto ingrassato.

Andammo io e Berna al Wenden, era casa mia e affrontammo ‘La strada del sole’.
Il primo tiro toccò a lui, io lo avevo già salito con mia moglie e lo avevo trovato molto psicologico. Un ‘banale’ 6b con chiodatura oltre i sei metri e prese sfuggenti e liscioni per i piedi. A un certo punto lo vedo andare verso un buco enorme molto lontano dalla linea, gli urlo, Berna dritto non di lì, c’era da temere. Lui non risponde, vedo i polpacci tremare e avanza obliquo, allora sto zitto ma temo molto. Dal buco allo spit c’eramo almeno 5 metri ma obliqui, e io conosco i buchi del Wenden, più li vedi grandi più sono lisci e ti sputano fuori, Berna è mooolto lento, silenzio totale, arriva al buco in allungo, 2 secondi e lo senti urlare ‘lo sapevo, lo sapevo’, dice una parolaccia e poi fa ‘lo sapevo che doveva esserci’.
Aveva trovato un chiodo
“non poteva essere salito lassù senza mettere niente, quello stronzo”
e io stupefatto risi fortissimo, aveva trovato un chiodo completamente fuori via perché si era immedesimato nel primo salitore.
“nessuno avrebbe fatto 10 metri 15 anni fa senza mettere nulla” mi urlò ancora pieno di adrenalina
Poi vide i nostri tiri e mi disse ma voi siete matti
Ma lo disse con ammirazione e poi diventarono cordata, sperimentarono la porta ledge al Castello, sulla strada per lo Spluga, mi telefona il Teo che era buio, mi fa che dalla strada il soccorso vuole andare a prenderli pensando che siano in difficoltà, “non riesci a telefonare a qualcuno e dirgli che stiamo qui la notte per provare la porta ledge”.
Sento Berna che ride e dice, che cazzo dici, Teo era serio ed erano tipo le 23 e io devo aver detto qualcosa tipo, Teo ma chi cacchio chiamo a quest’ora?, e Teo, mandali via, come se fossi Obama non il presidente dei Ragni, Berna sparava intanto delle battute da teatro mentre Teo era furibondo, erano una coppia formidabile, unica al mondo pensai.
Erano tutti preoccupati per la Egger ai Ragni gli esperti di Patagonia, era la parete più pericolosa che si conoscesse da quelle parti ma io sapevo che stavano andando là due uniti da una chimica leggendaria.

Il messaggio che Bernasconi ha mandato a Fabio Palma solamente qualche giorno fa

Questa cosa che allego come foto l’ha scritta Berna qualche giorno fa.
Non ero fra i primi 100 suoi amici perché frequentavamo posti diversi. Pero’ ci rispettavamo tantissimo.
Sabato scorso a cena si parlava di cortometraggi e film, e io tirai fuori del Berna, di come fosse più bravo di me, Teo e Giga a raccontare solo in veste NON ufficiale, dissi che io lo provocavo sempre
“si ma Berna in fondo Freerider se la provi per due anni è normale che poi la provi senza corda”
facevo apposta a provocarlo con assurdità, serissimo, e lui ci cascava sempre,
“ma che cazzo dici!?!?!”,
rispondeva fisso così
e via a spiegarti come un Piero Angela o un Morgan Freeman tutto quello che riguardava Honnold, in maniera impareggiabile.
Così decidemmo di mettere un paio di telecamere nascoste e organizzare talk show di alpinismo col Berna. E vi dico sarebbe stato un capolavoro.

In tempi di restoacasisti e di distanziamentosociale come filosofia di vita auspicata e regolamentata, di droni a caccia e multe a fidanzati o amici in un prato, Matteo Bernasconi detto Berna era un fossile.
Berna era la socialità fatta persona.
Un mese fa sotto casa sua lo avevano insultato dai balconi perché era in giro con la bambina.
Mi disse questa cosa più stupito che dopo la notizia di Honnold.
Quei professionisti se lo ricordano e lo ricorderanno per sempre. Berna mi aveva scritto dopo il prolungamento del lock down che era molto preoccupato per il lavoro, per il suo futuro, per come la gente fosse diventata terrorizzata del contatto. Me lo scrisse settimana scorsa.
Lui la quarantena l’ha sofferta tantissimo perché era vitalità allo stato puro e la caccia alle libertà per lui era un assassinio civile. Berna non penso che avesse idee politiche particolari, ma di sicuro qualunque forma di autorità esagerata non faceva per lui.
Berna era uno degli alpinisti più forti della storia dei Ragni e prima un ragazzo poi un uomo speciale”.