“Salviamo il Magnodeno”, il comitato chiede lo stop agli scavi

Tempo di lettura: 3 minuti

Mobilitazione dei cittadini per fermare le escavazioni sul monte Magnodeno

Una petizione di oltre 29 mila firme. “Il Magnodeno torni ad essere uno spazio per tutti”

LECCO – La data importante sarà quella del 31 marzo, quando si terrà la Conferenza dei Servizi in cui la Provincia di Lecco che deciderà se autorizzare o meno la ditta Unicalce ad allargare di 2.791.000 metri cubi il fronte di cava di Vaiolo Alta , che delle tre cave è quella situata più in alto.

Proprio in vista di quell’appuntamento sta proseguendo la mobilitazione del comitato “Salviamo il Magnodeno” che nelle ultime settimane ha promosso una petizione on line per chiedere lo stop agli scavi che ha già superato le 29 mila firme.

“Da una parte vogliamo che le osservazioni del Comitato su alcune problematicità specifiche dell’attività di escavazione nell’area del Magnodeno vengano prese in attenta e seria considerazione da parte degli amministratori provinciali e comunali coinvolti nella decisione, allo scopo di bloccare l’autorizzazione – spiegano dal Comitato – dall’altra siamo convinti della necessità di rendere note al numero più ampio di persone possibile le motivazioni profonde e la varietà dei fattori che ci spingono a chiedere con forza che si interrompa definitivamente l’escavazione”.

“Come sottolineato attentamente nel testo della petizione – proseguono dal comitato – l’escavazione del Monte Magnodeno presenta conseguenze gravi per la salute pubblica e dell’ecosistema: il processo di combustione della roccia calcarea cavata al fine di ricavarne la calce genera emissioni di CO2 elevatissime, di circa 200.000 tonnellate all’anno (ben superiori alle già consistenti 130.000 del forno inceneritore di Valmadrera); per la tenuta idrogeologica dell’area e per la qualità dell’acqua dei torrenti, minacciati dall’inquinamento industriale; per l’inquinamento acustico e delle polveri; per il paesaggio e la natura, fortemente compromessi, insieme con la flora e la fauna autoctone, colpite da tagli continui che portano a una conseguente perdita della biodiversità e degli habitat naturali; infine, per la sopravvivenza di nuclei dotati di storia e ricchi di ricordi per ognuno di noi come Neguggio, Campo dei Boi, Carbonera e Piazzo”.

L’obiettivo del Comitato non è solo quello di fermare gli scavi ma anche fare sì che quell’area del Magnodeno “torni ad essere, da spazio inaccessibile e degradato nelle sue potenzialità naturali e paesaggistiche, un’area di cui la collettività possa fruire nella sua totalità, riappropriandosi di un bene privato per troppo al beneficio di tutti” spiegano.

“Per restituire quest’area ai cittadini – concludono – e perché possa avere luogo il necessario ripristino ambientale, è necessario porre fine all’escavazione: non vorremmo mai vedere altri camuffamenti spacciati per ripristini, almeno quanto non basta disinfettare una ferita e poi disinteressarsene; occorre spendersi con ogni mezzo e forza per richiuderla: crediamo che le autorità pubbliche possano prendere posizione senza recedere di fronte agli interessi dei cavatori”.