Lecco ‘riferimento’ dell’outdoor? Intervista all’alpinista Gogna

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L’alpinista Alessandro Gogna

 

LECCO – Una vocazione naturale all’arrampicata e alla montagna che ha lasciato il segno a livello internazionale, nomi e imprese che hanno contribuito a portare Lecco e le sue montagne in alto nel mondo.

Città alpina dal 2013, forte di un ambiente montano unico e apprezzato e di una tradizione ‘montana’ salda, Lecco è a ragione considerata una patria dell’alpinismo e molto si è ragionato, soprattutto negli ultimi anni, su come trasformare questa prerogativa in una risorsa per il territorio, in chiave turistica e, perchè no, economica.

Dell’argomento ne abbiamo parlato con Alessandro Gogna, il noto alpinista genovese profondamente legato alle montagne e all’alpinismo lecchese. Lo abbiamo incontrato a Valmadrera, dove lo scorso sabato ha presentato in anteprima assoluta la riedizione del suo libro “Cento Nuovi Mattini”, must per tantissimi arrampicatori seguaci del movimento nato alla fine degli anni ’70.

In quell’occasione abbiamo potuto ‘chiaccherare’ con Gogna sul tema della frequentazione delle montagne lecchesi (dalla nota Grignetta alle falesie) cercando di capire come mai Lecco, pur avendo la “materia prima”, non è ancora riuscita a diventare un capoluogo dell’outdoor (su modello Arco di Trento, per intenderci) riferimento per gli amanti degli sport di montagna.

L’alpinista ci ha consegnato qualche riflessione che riproponiamo nell’intervista che segue.

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La Grigna meridionale, meglio conosciuta come Grignetta

 

Partiamo dal tuo legame con Lecco: com’è nato?
Quando abitavo a Genova con i miei compagni di arrampicata venivamo a Lecco praticamente tutti i weekend, andavamo soprattutto in Grigna, d’estate ma anche di inverno. Così ho conosciuto tante persone della mia età, tra cui Aldo Anghileri, ma molte altre. Si è  instaurato un rapporto di amicizia molto forte, a Lecco non ho solo amici alpinisti, ma amici veri.

Lecco patria dell’alpinismo: perché secondo te non si è riusciti a trasformare questa prerogativa in chiave turistica? E’ possibile ‘importare’ il modello Arco di Trento a tuo parere?
Arco di Trento e Lecco sono due terreni apparentemente simili, ma abbastanza differenti in realtà, anche per il tipo di frequentazione. Arco, Riva del Garda e i paesi nei dintorni sono diventati negli anni un polo di attrazione per tante persone provenienti dal Sud Tirolo e dall’Austria. Poi c’è stato il fenomeno Heinz Grill, che ha dato un bello scossone, ripetendo 130 vie di cui molte storiche con una formula nuova e divertente, a metà tra l’arrampicata sportiva e l’alpinismo. Questo è servito molto, ha permesso di rendere accessibili cose impegnative senza snaturarle. Dal 1987 inoltre Arco ospita annualmente il Rock Master, famosa gara di arrampicata sportiva, evento che ha contribuito ad accendere i riflettori sulla città e ad incrementare un circuito già ben avviato.

Si può fare anche a Lecco? Come?
Lecco è più antropizzato di Arco e Riva del Garda, nel momento in cui uno va a cercare del relax questo aspetto ha la sua importanza: se là ovunque vai e metti il furgone sei nel verde qui devi cercare il posto, non è immediato. Tenendo conto anche di queste differenze ambientali credo che il primo passo da fare sia monitorare e quindi mantenere determinati itinerari, cioè quelli che si presume possano essere interessanti. Heinz Grill ha preso itinerari vecchi e difficili, rendendoli appetibili: lo ha fatto come volontario, da solo, a Lecco per vastità di itinerari c’è bisogno di considerare un intervento del genere come un lavoro vero e proprio, per cui servono progetti, e anche soldi.  Ma è quello che andrebbe fatto per favorire la frequentazione delle falesie e delle vie di arrampicata: prendere gli itinerari classici, i Comici, Cassin, Boga, e quelli moderni, rispettarne le qualità e renderli fruibili.

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L’ex rifugio Medale, sopra Laorca

 

E poi?
Poi è necessario, fondamentale, favorire l’accoglienza, e su questo Lecco mi spiace dirlo ma ha ancora molta strada da fare. Bisognerebbe riuscire ad incentivare rifugi e agriturismi, qualcosa che faccia da posto-tappa, come lo era l’ex Rifugio Medale a Crogno, sopra Laorca (oggi casa privata, ndr). Serve un circuito di strutture e servizi che consenta ai frequentatori di ‘appoggiarsi’ a qualcosa quando vengono a Lecco per arrampicare e non solo: ricordiamoci che l’attenzione agli altri sport non deve mai mancare in questo tipo di progettazione. Penso alla bici e alla mountain bike: c’è sempre più gente che arriva con la bici e poi arrampica, bisogna tenere conto anche di questo.

Qualche consiglio per le giovani generazioni?
Prendete, andate, esplorate, sperimentate. Arrampicare è anche questo. Quando sento dire dai più ‘maturi’ frasi come “ai miei tempi c’era”, “ai miei tempi si faceva” non posso che pensare che le cose di oggi sono belle quanto quelle di allora e vanno sfruttate.

Ci completi la frase “La montagna è…”
La montagna è una ricerca dello scopo nella nostra vita. Non che la vita non ce l’abbia senza, ma è un mezzo per cercare una strada. Almeno per me è così.