Abbadia, il sindaco ricercatore che studia i cambiamenti climatici

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Roberto Azzoni in spedizione sul Perito Moreno in Patagonia

Roberto Azzoni, climatologo e sindaco di Abbadia, ospite al Planetario

Studioso dei ghiacciai, interviene sul tema del surriscaldamento globale

ABBADIA / LECCO – A 20 anni aveva installato la sua prima stazione meteo in località Castello di Abbadia, poi una seconda ai Piani Resinelli, intanto l’università lo ha portato ad allontanarsi dalla meteorologia, rimasta la sua passione, per specializzarsi nella climatologia e nelle scienze ambientali legate allo studio dei ghiacciai: Roberto Azzoni, che lo scorso maggio è stato eletto sindaco del suo paese, Abbadia, è un ricercatore della Statale di Milano.

Ha già partecipato a diverse spedizioni, la prima di carattere internazionale sul monte Ararat, il più alto della Turchia, insieme al comitato scientifico centrale del CAI, in Patagonia sul Perito Moreno, sulle nostre Alpi e questa estate in terra artica sulle isole norvegesi delle Svalbard, le terre abitate più a nord del pianeta.

Il ghiaccio è il suo ‘pane’ quotidiano e può raccontare tanto riguardo al cambiamento climatico e la responsabilità degli esseri umani in questi mutamenti.

Roberto Azzoni insieme a Loris Lazzati al Planetario

“Roberto è l’unico sindaco scienziato che abbiamo sul nostro territorio, teniamocelo stretto” lo ha presentato Loris Lazzati, presidente del gruppo Deep Space, alla serata che ha visto il climatologo protagonista venerdì al Planetario di Lecco.

Clima, non meteo

“Riscaldamento globale: i pericoli del negazionismo” è il titolo dell’incontro che ha conosciuto la partecipazione di tanto pubblico. “E’ evidente che negli ultimi anni si stia parlando molto di clima, grazie alla mobilitazione dei giovani e di Greta Thunberg alla quale sembrava ormai certa la consegna del premio Nobel per la Pace – ha ricordato Azzoni – gli scienziati da oltre 50 anni studiano i cambiamenti climatici, non sempre sono bravi a divulgare i risultati di questi studi. Bene quindi che se ne parli e che lo facciano i giovani”.

“A volte però, soprattutto nel dibattito emerso su media e social – dice il climatologo – non se ne parla in modo corretto. La scienza è una cosa diversa dalle chiacchiere da bar” .

Il riferimento è in particolare ad alcuni titoli di giornale pubblicati sulla stampa nazionale (“Riscaldamento del pianeta? Ma se fa freddo?” ). “Si tende a confondere il clima con il meteo, intervengono pubblicamente scienziati, sicuramente esperti nel loro campo, che nulla hanno a che vedere con la climatologia”.

Falso, spiega Azzoni, dire che i ricercatori siano divisi sul tema. Il dato è statistico: “Negli studi compiuti negli ultimi 20 anni, ben 30 mila, il 98% concorda nel dire che il riscaldamento climatico esiste ed è colpa dell’uomo”.

Ghiaccio rivelatore

E’ una linea praticamente verticale quella nei valori di CO2 e metano nell’atmosfera registrati nell’ultimo mezzo secolo, rispetto invece ad un andamento più contenuto e costante nei secoli precedenti e nei millenni precedenti all’arrivo dell’uomo.

E’ il ghiaccio a rilevare la verità attraverso un incredibile studio realizzato da un’equipe europea in Antartide dove, attraverso dei profondi carotaggi, si è riusciti ad estrarre dal ghiacciaio campioni risalenti a ben 800 mila anni prima. “Il ghiaccio intrappola gocce d’aria che è stato possibile estrarre e studiare ricostruendo così la sua composizione nelle diverse ere. I picchi di gas serra del lontano passato erano dovuti principalmente alle eruzioni dei vulcani, ma dal 1989 ad oggi è stato evidenziato un picco così’ repentino ed una crescita così esponenziale che, in assenza di una attività vulcanica altrettanto forte, non possono che essere imputati ad altre cause”.

“L’effetto serra è stato studiato per la prima volta nel 1820 – ha proseguito Azzoni – di per sé non è un male: senza di esso il nostro pianeta avrebbe una temperatura talmente bassa da non essere abitabile. E’ però un equilibrio sottile quello che regola il clima del nostro pianeta e basta poco per modificarlo”.

Lo scioglimento dei ghiacciai

Questa estate si è dato molto risalto alle condizioni del ghiacciaio Planpincieux sul Monte Bianco e il suo scioglimento. “Tutti i ghiacciai stanno soffrendo – ha sottolineato Azzoni – se le conseguenze per noi, che viviamo in luoghi dove non mancano le piogge, possono essere meno evidenti, altrove come in Afganistan la scomparsa dei ghiacciai crea gravi problemi di approvvigionamento idrico”

Il ghiacciaio dei Forni in Valtellina in una foto del 1890 e nel 2014

Nel frattempo si scioglie anche la calotta artica, una vastissima distesa di bianco “capace di riflettere i raggi solari, senza la quale però i raggi del Sole  finiscono per scaldare la temperatura dell’acqua degli oceani”. Al Polo opposto, in Antartide si sta assistendo allo stesso fenomeno di scioglimento dei ghiacci con conseguente innalzamento del livello dell’acqua dei mari (+3,3 mm all’anno). “Se, per ipotesi, dovesse sciogliersi tutto questo ghiaccio, avremmo un innalzamento del livello dei mari di ben 60 metri”.

L’innalzamento dei mari, ha ricordato Azzoni, ha già avuto conseguenze sulla biodiversità con l’estinzione di due specie, un roditore (Melomys rubicola in Nuova Guinea) e un anfibio (Rospo dorato in Costa Rica) i cui habitat sono stati compromessi dalla crescita del livello dell’acqua.

Le estati più calde

“Dal 2003 il tema del riscaldamento globale è sulla bocca di tutti. Quell’anno si ebbe una delle estati più calde fino allora registrate, con il picco di 40° toccato a Milano e 41° a Firenze nel giorno dell’11 agosto. Si disse che era un fenomeno eccezionale, eppure non fu l’unica estate eccezionalmente calda degli ultimi tempi”

I dieci anni più caldi si sono registrati, in ordine: nel 1998, 2009, 2005, 2013, 2010, 2014, 2018, 2017, 2015 e il più caldo nel 2016. “Quasi tutti, quindi, dopo il 2003 anche se non si registrò quello specifico picco”.

Cosa contribuisce  all’aumento delle temperature? Le emissioni di anidride carbonica di cui sono i maggiori responsabili i Paesi asiatici in via di sviluppo, la Cina, l’India, gli Stati Uniti, seguiti dall’Europa.

La deforestazione è un altro dei fattori determinanti perché gli alberi, ha ricordato il climatologo, assorbono la CO2 e la rilasciano in atmosfera quando vengono abbattuti e consumati. Ci sono poi gli allevamenti intensivi responsabili della crescita in atmosfera di gas metano e Nox.

Le “buone pratiche” non bastano

“E’ una problematica planetaria, che esiste e serviranno interventi strutturali per ottenere dei risultati importanti”

Roberto Azzoni

Azzoni tiene a placare, non solo i negazionisti, ma anche i catastrofisti: “Oggi si sta facendo molto per cercare di ridurre le emissioni di gas serra, soprattutto nei nuclei cittadini, si è arrivati ad una stabilizzazione delle emissioni. Non abbiamo una meteora che rischia di caderci sulla testa ma qualcosa inevitabilmente cambierà se non si farà nulla per evitarlo, ci saranno cambiamento reversibili, quindi nuovamente modificabili, altri irreversibili”

“Trent’anni fa – conclude Azzoni – non si parlava affatto di ambiente mentre oggi sì,  è un passo avanti che mi rende ottimista. C’è più attenzione anche nelle abitudini quotidiane delle persone. Deve essere chiaro, però: spegnere lo stand-by della televisione non salverà il pianeta, serve che dall’alto vengano imposte determinate scelte”