La Grande Lecco? Divisi i sindaci. “Collaboriamo di più tra Comuni”

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Incontro sulla Grande Lecco, al tavolo il sindaco di Morterone, Antonella Invernizzi, Corrado Valsecchi e Rinaldo Zanini di Appello per Lecco, Virginio Brivio e l’ex sindaco Guido Puccio

 

LECCO – “E’ una questione che da decenni viene affrontata, magari in maniera sporadica, non sempre approfondita da parte di amministratori, politici, movimenti, ma che merita una riflessione. Anche perché la riduzione degli ottomila comuni italiani è nell’agenda del governo. E’ quindi necessario iniziare un percorso di discussione seria, non vorremmo che in futuro da Roma qualcuno intervenga col compasso. E’ meglio sbagliare con la nostra testa che con la testa degli altri”.

Corrado Valsecchi introduce così la serata organizzata da Appello per Lecco che rilancia il tema della fusione tra Lecco e il suo hinterland per diventare un’unico grande comune, la Grande Lecco, l’idea ampiamente sostenuta dal compianto sindaco di Malgrate, Gianni Codega, ma che, oggi come allora, divide gli amministratori: da un lato incontra la resistenza di quei comuni fieri della loro autonomia e tipicità, che tanto hanno lavorato per migliorare il proprio territorio e temono di trasformarsi in una periferia degradata del capoluogo, dall’altro il grido d’aiuto di quei municipi più piccoli che, stretti da tagli a risorse e personale, faticano a garantire i servizi ai propri cittadini.

Corrado Valsecchi, assessore comunale di Lecco

 

E’ emerso chiaramente negli interventi dei sindaci dei Comuni limitrofi a Lecco e gli ex sindaci del capoluogo che hanno preso parola durante l’appuntamento di lunedì sera a Palazzo Falck. L’invito di Appello per Lecco, pronunciato dal presidente Rinaldo Zanini, è quello ad adottare uno sguardo glocal, “una visione globale ma che porti vantaggi alle persone che vivono qui”, diventare competitivi e attraenti. “Isolati si è troppo piccoli per competere nel mondo” ha sottolineato Zanini.

Riinaldo Zanini, presidente di Appello per Lecco

 

Vista dall’alto esiste già una grande città, un continuo urbano rotto solo dal fiume, unito dai ponti, ma oggi diviso in sette comuni diversi, pur essendo grande quanto un quartiere milanese” ha sottolineato Guido Puccio, sindaco di Lecco tra il 1970 e il 1975, che ha incitato il capoluogo a muoversi per primo in questa direzione sollecitando i comuni più piccoli. E con Morterone, di 34 residenti di cui 11 effettivamente fissi tutto l’anno, si sfonda una porta aperta: “Le difficoltà sono tante – ha detto il sindaco del piccolo ‘borgo’, come l’ha definito la stessa prima cittadina, Donatella Invernizzi – io sono responsabile di tutti i servizi, abbiamo un’impiegata part time e non è facile assolvere a quanto la burocrazia richiede. Morterone non morirà mai, conserverà la sua storia, ma lo Stato non può imporre ad un Comune di esistere solo grazie alla buona volontà degli amministratori”.

Da destra Giuseppe Resinelli, Cristina Bartesaghi, Giulio Boscagli, Donatella Crippa e Benedetto Negri

 

Dai monti al lago, le fatiche nel governare il territorio sono le stesse: “Pur essendo realtà medio-piccole le nostre, devono rispondere agli stessi servizi di un comune grande a fronte di una struttura poco più che sufficiente, fronteggiando tagli e blocco delle assunzioni al personale” ha riferito il sindaco di Abbadia, Cristina Bartesaghi, che ha guadato anche alla bellezza di una dimensione paese “dove tutti si conoscono, c’è vicinanza tra la gente che è un valore da salvaguardare”

Per questo vanno coinvolti i cittadini, secondo l’ex primo cittadino lecchese Giuseppe Resinelli, ed anche Donatella Crippa, borgomastro di Valmadrera, vuole che l’attenzione sia posta in primis sui bisogni della comunità, “che ha problemi semplici ma di estremo impatto, penso al tema della sicurezza, le persone vogliono risposte concrete” pur ricordando anch’essa “le difficoltà di lavorare in un contesto di città-paese, mentre il mondo sta andando avanti”.

La Grande Lecco, per l’ex sindaco di Lecco, Paolo Mauri, “deve essere il punto di eccellenza di una rete allargata” perché già esistono rapporti di rete nel commercio, sui trasporti, la finanza e le imprese, “occorre una progettualità e capacità di guardare a quello che sarà l’area lecchese nei prossimi anni”.

I sindaci Alessandra Consonni e Riccardo Fasoli

 

Sviluppo del territorio e capacità di offrire servizi migliori ai cittadini sono il punto d’incontro della discussione, la differenza sta nel modo di raggiungere questo obiettivo. Per Benedetto Negri di Galbiate la fusione è un’opportunità da cogliere, altri, come Alessandra Consonni di Ballabio, chiedono solo una maggiore collaborazione tra il capoluogo e l’hinterland.

“Ballabio ha rischiato di essere tagliata fuori dagli istituti comprensivi scolastici di Lecco – ha detto Consonni ricordando la riforma dei plessi di Lecco che stava per escludere la scuola elementare del paese valsassinese – Come per la scuola dovrebbe essere per altri ambiti, alla Grande Lecco si arriva solo facendo partecipare i comuni limitrofi, decentrando i servizi, creando distaccamenti di ciò che serve, è un atto dovuto perché tutti i cittadini pagano le tasse ma gli uffici sono concentrati nel capoluogo, questa è una discriminazione. Roma non potrà separare ciò che i servizi condivisi già uniscono”.

 

dal fondo i sindaci Giuseppe Conti, Dante De Capitani, Carlo Greppi e il vicesindaco Innocente Vassena

 

Anche Carlo Greppi, sindaco di Vercurago, contrario alla fusione, è invece favorevole ad una rete più sviluppata di funzioni e servizi associati. “Per noi l’indipendenza è importante e la vicinanza al capoluogo sopperisce i limiti di un comune piccolo come il nostro. Serve però una visione aperta e non egocentrica – ha detto portando anch’esso ad esempio il tema della scuola – Calolzio ci chiedeva di chiudere le nostre medie per far confluire da loro i nostri alunni, Lecco ci chiedeva invece di tenere aperto per accogliere gli studenti di Chiuso”.

Sono le funzioni degli enti locali che vanno ridefinite per l’ex sindaco lecchese Giulio Boscagli, “E’ falso dire che ci sono troppi Comuni in Italia, in altri Paesi europei come Francia e Germania sono di più. Il problema non è il numero”.

Scettico ma aperto al confronto il vicesindaco di Malgrate, Innocente Vassena, totalmente contrari invece Dante De Capitani di Pescate e Giuseppe Conti di Garlate.

“La Grande Lecco converrebbe solo a Lecco perché acquisirebbe dei piccoli gioielli – ha detto il primo – nel mio comune non c’è una cartaccia a terra e nessuna situazione di degrado. I residenti vivono bene, a differenza delle grandi città dove c’è poca attenzione al cittadino. Anche a Lecco si vive bene e penso che neanche i vostri cittadini vogliano una Grande Lecco”.

Per Conti, “le alchimie istituzionali senza senso se non calati nella realtà concreta. C’è un motivo dietro l’esistenza, la storia e l’identità di ogni comune e i cittadini ne sono affezionati. Piuttosto che Grande Lecco parlerei di città diffusa, perché i problemi non si fermano ai confini amministrativi dei Comuni, allora facciamo vivere questa idea sui problemi concreti della gente”.

“Dobbiamo essere capaci di creare situazioni virtuose – ha sottolineato il sindaco di Mandello, Riccardo Fasoli – e capire che oggi dobbiamo confrontarci con un campanile molto più lontano da quello dei nostri vicini”.

L’ex sindaco di Lecco, Antonella Faggi

 

E’ anche una questione di fiducia, che forse manca, nei confronti del capoluogo; “Lecco deve dimostrare di avere tanta capacità di sviluppo e di saper dare ai comuni limitrofi quello che loro non sono capaci di fare da soli affinché un giorno siano loro a bussare alla sua porta” ha suggerito l’ex sindaco Pino Pogliani e lo stesso, in altre parole, ha detto un altro ex amministratore della città, Antonella Faggi: “Lecco deve essere forte e fare in modo che con lei tutto il circondario sia forte”.

Il capoluogo risponde con una sfida: “Realizziamo insieme il Pgt – ha proposto il sindaco di Lecco, Virginio Brivio – Può essere l’occasione per ragionare insieme su come rendere più attrattivo il nostro territorio nel suo complesso. Ci sono stati già dei cambiamenti in questi anni che non riguardano solo Lecco ma l’area lecchese, dalle sfide viabilistiche a quelle della sanità che ci vede uniti con Monza, dei trasporti con la nuova agenzia che ci vede con Como e Varese, ci sono tantissimi interessi concreti. Allora perché non istituire un’assemblea dei sindaci, non della Grande Lecco, ma del lecchese? – ha chiesto Brivio – così come accade già per l’area del meratese, del casatese e dell’oggionese. Lecco da sola non va da nessuna parte ma quello che Lecco può fare dà un valore aggiunto anche agli altri Comuni”.