Decreto Sicurezza. Galbiati: “Non lasceremo le persone per strada”

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Grande partecipazione alla serata organizzata in Sala Ticozzi

Si è parlato del decreto sicurezza e dei suoi effetti sul nostro territorio

LECCO – Una risposta di pubblico così forte non se l’aspettavano nemmeno gli organizzatori dell’iniziativa per spiegare il Decreto Sicurezza e raccontare i suoi effetti territorio lecchese: la Sala Ticozzi giovedì sera era piena al punto che i posti a sedere si sono in breve esauriti e molti hanno assistito in piedi all’appuntamento.

Un incontro moderato dal giornalista Duccio Facchini di Qui Lecco Libera,  promosso dall’Anpi di Lecco, l’associazione dei partigiani, insieme a tanti enti e associazioni impegnati sul tema dell’immigrazione, con il patrocinio del Comune di Lecco.

“Dal 1947 l’Anpi è impegnato nella difesa dei valori della carta costituzionale e i diritti da essa sanciti – è intervenuto Enrico Avagnina, presidente dell’associazione – un compito diventato nel tempo sempre più pressante. Oggi la nostra preoccupazione non può diminuire, quando assistiamo a scelte politiche che hanno portato all’approvazione di una legge che sembra ignorare, non solo i diritti umani, ma anche quel principio di solidarietà che permea tutti gli articoli della carta. Con questi provvedimenti si è creata una situazione di apartheid giuridico”.

Enrico Avagnina, presidente di Anpi Lecco

Un giudizio severo quello espresso dall’Anpi, in linea però con quanto ha illustrato il legale Giulia Vicini dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione, l’esperto chiamato ad illustrare nel dettaglio il decreto e le sue conseguenze.

“Sono tempi bui per il diritto all’immigrazione – ha spiegato il legale – l’Italia ha finora gestito il fenomeno il maniera emergenziale, dagli anni ’90 ad oggi, questo non è giustificabile. Ma non è l’immigrazione, bensì l’irregolarità a creare insicurezza. Il sistema finora non ha saputo gestire l’irregolarità e il Decreto Salvini continua su questa strada, cancellando la protezione umanitaria che fino a ieri garantiva una maggiore regolarizzazione, soprattutto delle situazioni di vulnerabilità”.

Da destra l’avv. Giulia Vicini, il giornalista Duccio Facchini, Brizida Haznedari della coop. L’Arcobaleno,

La protezione speciale, che sostituisce il permesso per motivi umanitari, limita ad un anno rinnovabile a due anni il permesso di soggiorno “anche per le donne vittime di tratta, persecuzione e tortura”.

L’accoglienza si complica

“Se già in passato non era semplice l’accesso ai diritti per i migranti, oggi è ancora più difficile – ha proseguito l’avvocato Vicini – Il richiedente asilo trova ostacoli fin dal suo arrivo sul territorio, oggi può essere trattenuto fino a 180 giorni per la sua identificazione, la legge dice ‘in luoghi a disposizione dell’autorità di pubblica sicurezza’, quindi anche in Questura. L’assistenza sanitaria e legale di fatto non esistono più, si abbandona il progetto degli Sprar, che hanno consentito percorsi di integrazione, per favorire i Cas, i centri di accoglienza straordinaria”.

E’ però l’impossibilità per i richiedenti asilo di iscriversi alle anagrafi comunali, questione evidenziata dalla protesta di alcuni primi cittadini, a creare le maggiori difficoltà:

“Senza iscrizione all’anagrafe non è possibile accedere al servizio sanitario nazionale, ai centri per l’impiego e neppure alle agenzie interinali. Senza lavoro non c’è integrazione – ha sottolineato Brizida Haznedari, operatrice della cooperativa L’Arcobaleno, una delle realtà che si è occupata dell’accoglienza agli stranieri sul territorio lecchese – senza residenza non si può accedere all’assistenza sociale, aprire un conto corrente, conseguire una patente di guida o convertire la propria patente conseguita in altro paese”.

In prima fila l’assessore Riccardo Mariani e il vicesindaco di Lecco, Francesca Bonacina, accanto alcuni rappresentanti della CGIL

La questione ha ricordato Haznedari, “non riguarda solo chi arriva con i barconi, anche chi giunge in Italia attraverso altre frontiere, in aereo, e chiede il diritto di asilo, alloggiando da conoscenti o amici quindi non fruendo dei servizi di accoglienza, non potrà comunque iscriversi all’anagrafe”.

“Nei centri di accoglienza sparisce la formazione linguistica e professionale – ha proseguito l’operatrice- così come non ci sarà più una figura infermieristica che garantiva il diritto alla salute dei migranti e monitorava le situazioni a rischio, rappresentava una tutela anche per la salute pubblica dei cittadini”.

Altri casi ‘Kabobo’?

Le riflessioni più forti sono però quelle degli enti locali, dei Comuni rappresentati da Filippo Galbiati, presidente dei sindaci del distretto di Lecco:

“Nel nostro territorio avevamo creato un sistema di accoglienza efficace, che ha saputo coinvolgere da vicino le amministrazioni comunali nella gestione del fenomeno, insieme alla Prefettura, alla Comunità montana e il volontariato del terzo settore. Pilastri che oggi crollano con il nuovo decreto”.

Il sindaco di Casatenovo, Filippo Galbiati, presidente del distretto dei sindaci

In provincia di Lecco oggi sono 900 i migranti ospiti dei centri di accoglienza, mentre gli Sprar contano 91 posti. “Avevamo chiesto al Ministero di convertire 194 posti Cas in Sprar, a parità di risorse, ma ci è stata negata questa possibilità”.

“La nostra preoccupazione oggi è per quei soggetti vulnerabili – ha proseguito Galbiati – contiamo 20 casi psichiatrici fino ad oggi assistiti dal sistema sanitario pubblico, altre 20 persone affette da patologie organiche”.

“Come possiamo pensare di abbandonare persone con queste problematiche? – ha proseguito Galbiati – A Milano, un soggetto affetto da delirio psicotico, ha provocato la morte di tre passanti, colpendoli con un piccone. E’ folle e pericoloso per tutti pensare di lasciare queste persone al loro destino”.

Il problema riguarda anche le mamme con bambini. Proprio nei giorni scorsi, due donne nigeriane insieme ai loro piccoli hanno trovato ospitalità ad Abbadia, grazie alla disponibilità del sindaco che ha fornito un’abitazione di proprietà comunale. Era stata loro revocata la protezione umanitaria:

“Il Comune di Malgrate, dove erano accolte, avrebbe dovuto provvedere a loro, con una spesa sicuramente ben superiore ai 35 euro. Il Governo si sottrae, ma un sindaco non può ignorare la situazione di un minore e i costi ricadono sulle tasche dei suoi cittadini, in misura maggiore che in passato”.

“Noi – ha concluso Galbiati – andremo avanti, nonostante tutto. Non lasceremo per strada le persone”.