Referendum, le ragioni del Sì e del No. Il dibattito in Sala Ticozzi

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LECCO – Sala Ticozzi gremita per la serata-dibattito organizzata dal Comune di Lecco sul referendum costituzionale. Ospiti e relatori, rispettivamente per le ragioni del sì e del no, il consigliere regionale Roberto Bruni e il giornalista Duccio Facchini, moderati dal cronista dell’Avvenire Diego Motta.

Una serata rivolta ai cittadini, per fare chiarezza e informare circa i contenuti della riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi e per i quali gli italiani il prossimo 4 dicembre saranno chiamati alle urne. 

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Roberto Bruni a sinistra, Diego Motta e Duccio Facchini

 

Tanti i cittadini presenti, insieme al sindaco Virginio Brivio e al vicesindaco Francesca Bonacina.

“Un tema attuale e importante”. Così il moderatore della serata, Diego Motta, ha introdotto, dopo il presidente del Consiglio Comunale di Lecco Giorgio Gualzetti, il dibattito, che ha visto i due relatori dapprima esporre la propria posizione e quindi rispondere alle domande del pubblico.

“Questa riforma arriva dopo un percorso che ha interessato tutta la legislatura, in un contesto politico frammentato. Parte da Napolitano e ha riguardato il governo Letta e Renzi. Questa sera al di là della storia della riforma vorremmo fare con voi un confronto civile e di comunicazione, partendo proprio dalla lettura del quesito referendario. Non uscirete con le idee chiare probabilmente, ma sicuramente arricchite” è stato il commento di Motta.

Tra i principali “punti forti” della riforma costituzionale per il sostenitore del sì, l’avvocato e consigliere regionale Roberto Bruni, c’è il superamento del bicameralismo perfetto: “Un’anomalia tutta italiana – come commentato – che la riforma cambierebbe da un sistema paritario a un Senato che rappresenta le autonomie. Quindi regioni e comuni attraverso i senatori, che saranno consiglieri regionali e sindaci, avranno voce nel procedimento di formazione delle leggi nazionali. Questo rende più snello ed efficiente il sistema”.

“Per quanto riguarda il rapporto tra regioni e Stato – ha proseguito il relatore – si elimina ill pasticcio della legislazione concorrente, il tutto senza snaturare il sistema perchè la nostra di fatto resta una democrazia parlamentare. Il Governo diventerebbe più stabile ma non autoritario, un sistema istituzionale che saprà dare risposte più veloci, come richiede la civiltà contemporanea”.

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Sulle critiche mosse dai sostenitori del no Bruni ha commentato: “Il no si rifugia soprattutto in una critica di merito, quella di non essere una riforma condivisa. In realtà il tentativo è stato fatto tant’è che forze di opposizione all’inizio l’hanno votata. L’altra critica mossa è l’eccesso di centralismo: una critica fondata ma che non tiene conto che di fatto il senato sarà rappresentato dalle autonomie locali. Ci sarà pertanto una peridita parziale delle funzioni e competenze delle regioni”.

Per Duccio Facchini la riforma “distorce il ruolo del Parlamento e costituzionalizza lo strapotere governativo di questi anni”. 

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“In 20 anni – ha detto il giornalista – il rapporto tra le leggi approvate dal Parlamento e quelle del Governo è di 1 a 4. La riforma elimina una camera elettiva mantenendo il Senato che avrà poteri non irrilevanti soprattutto in materia costituzionale. I nuovi senatori – ha proseguito Facchini – saranno eletti non più dai cittadini ma dai consigli regionali in maniera molto confusa. La riforma del titolo quinto? Una favola che in realtà afferma una supremazia insindacabile del potere centrale anche attraverso una clausola esercitata dal governo. La revisione della carta accentra e verticalizza il potere, in contraddizione con chi invece sostiene l’efficienza dei tempi dettati dall’economia”.

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“Trovo la riforma non innovativa, vecchia, già vista. Per quanto ho potuto apprendere in questi mesi parlando con sostenitori del no ho visto che ampie parti di loro vorrebbero toccare anche ciò che della Costituzione è ritenuto intoccabile ma si rendono conto che la qualità del ceto politico è così bassa che è meglio non toccare la carta fondamentale – ha concluso Facchini – in definitiva va sfatata l’immagina di un Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali: il bicameralismo non sarà superato, Camera e Senato legisleranno insieme in ben 16 materie”.

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