Canottieri Lecco: 120 anni di Sport, Passione, Racconti @8

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– RICORDI SPARSI –

Dopo oltre 80 anni di socio della Società Canottieri vi propongo alcuni ricordi “sparsi” di questi ottant’anni.

Mi ricordo l’istruttore di canottaggio Tagliaferri, detto anche “sciur Cech”, che usciva con noi su una Jole a quattro per insegnarci a remare: i giovani dovevano tenere fermo il seggiolino e le gambe tese, sporgere le braccia in avanti e tirare il remo verso quelle che il Cech chiamava “mammelle” (ossia il petto) per poi spingere il remo verso il basso. Il Cech esigeva che tutti i ragazzi sapessero nuotare e, se qualcuno non era capace, glielo insegnava: legava loro una cintura in vita e appesi a un palo con una corda li faceva nuotare avanti e indietro nel lago lungo il molo fino a quando imparavano. Il sciur Cech fu poi sostituito da Sandro Fumagalli, detto “Disi Disi” per il suo intercalare, e il sciur Cech diventò capo timoniere, non so con quale esperienza.

 

cianino

 

Mi ricordo diverse barche che sono passate dalla darsena della Canottieri; nel 1938 ci fu il varo della goletta PINTA che era stata costruita in cantiere, alzando le fiancate, usando una vecchia scialuppa di salvataggio di non so quale nave donata dai fascisti per fare remare otto marinaretti, tra i quali c’ero io; aveva due alberi, sette posti per dormire ed era munita di un motore di un auto Balilla. A pagamento veniva affittata per crociere sul lago, anche di diversi giorni. Fu in quell’occasione che fu istituita la sezione vela e la quota, obbligatoria per chi voleva usufruire della Pinta, era di £. 25. Dopo vari anni di servizio fu ceduta (o venduta) al Colombo di Abbadia Lariana che la ormeggiò davanti alla sua villa. A causa di una malattia del proprietario la barca rimase ferma e si degradò e poi, un bel momento, dalla sera alla mattina sparì; credo che fu affondata in mezzo al lago, poiché non se ne trovò mai ulteriore traccia.

In darsena, oltre alla Pinta, c’erano tre o quattro altre splendide barche di legno: una era l’ANNIC e una il Mignon che era del sig. Molina di Milano, proprietario dell’ Ovomaltina. Il sig. Molina era un elegante anziano signore che aveva un marinaio, fisso sulla barca per curarla, che dormiva all’Osteria Piemontese in via Bovara. L’armatore arrivava la domenica con amici eleganti e con l’aiuto mio e del suo marinaio portava gli amici a fare un giro sul lago. Mi ricordo anche un Dragone del sig. Dante Milani e un altro cinque metri di un signore detto “America America” per le sue giocondità. E come non ricordare i dinghi? Il Carlo Corti ne aveva costruiti quattro nel laboratorio dove adesso c’è la sala tennis tavolo, DARDO, STRALE, FRECCIA e SAETTA.

Ricordo anche la Volpina 4 (era una 5/50 progetto Carcano) del sig. Guzzi sulla quale con Menegozzi, Merlini, Todeschini ed altri abbiamo partecipato a numerose regate, autorizzati dal proprietario. Era una barca eccezionale e vincevamo sempre, anche una prestigiosa Coppa Bellano. In sede c’era anche un Veronica di Carcano che, quando il lago era basso, non stava in darsena ed era ormeggiata vicino al trampolino; purtroppo una notte di gennaio con 15 gradi sottozero si ruppero le cime gelate, sbattè contro la scaletta e affondò. C’era anche un altro cabinato di 9 metri, un Re David senior, di Arsenio Bettega, che, sempre per il lago basso, era ancorata nel lago. Un giorno, causa una forte Bergamasca (vento da est) spiedò l’ancora e finì in mezzo al lago; la mattina il Tivano la spinse verso l’ Adda ma, fortunatamente, a pochi metri dal ponte l’ancora fece presa e la barca si fermò.

Come non ricordare, poi, Stanglino detto “Ammiraglio” per le sue tenute? La sua barca a vela, con la quale uscivamo spesso, era tipo Pinguino. Lui era tutti i giorni in sede perché essendo il marito di una nota sarta da donna non lavorava. C’era poi la bellissima Star dell’ Osvaldo Doniselli, che usciva spesso, ma sempre da solo.

Mi ricordo poi la stagione delle grandi gare internazionali di canottaggio; negli anni quaranta, a settembre, si tenevano queste famose regate con la partecipazione di società italiane ed europee; per l’ occasione veniva chiuso il lungo lago dalla Malpensata all’Orsa Maggiore. Gli spettatori pagavano l’ingresso e su degli alti pali di ferro c’era il tabellone con i nomi degli scafi partecipanti. Il campo di gara, di 2.000 metri a 6/8 corsie, era preparato con i galleggianti dal Gaudenzio e l’arrivo era segnalato da un filo tirato da dove ci sono adesso le gradinate e da un segno bianco tracciato sulla sponda della strada sulla Rocca di Paré. C’era anche un camion che seguiva da terra le regate e c’era anche una tinozza con acqua e ghiaccio fornita da mio padre per vendere gazzose ed aranciate freschissime. Il bellissimo disegno a colori del percorso delle regate di canottaggio è ora visibile sulla scala interna al bar che porta alla sala carte.

Mi ricordo che sotto il terrazzone c’era un battello con vetrinetta del Simone Brambilla che lo usava solo la domenica per i turisti e di notte lo lasciava in Canottieri. Noi ragazzi e ragazze salivamo su questo motoscafo e giocavamo al “dottore”. Spesso fummo sorpresi dal sig. Rossi, segnalati in segreteria ed espulsi per quindici giorni.

C’erano anche una ventina di barche a remi che venivano noleggiate per due ore; prima di uscire su un registro (tenuto fuori dal laboratorio del Carlo) bisogna scrivere l’ora di uscita; se, dopo le due ore stabilite (controllate dal Carlo) non rientravi, dovevi pagare una ulteriore somma. Il Gaudenzio ,la sera, le rimorchiava tutte sotto il terrazzone. Ricordo una domenica che, con la mia fidanzata Enza, uscimmo con una di queste barche; giunti al Pradello, però, arrivò un forte vento che ci obbligò a rientrare in Canottieri. Ma proprio a causa del forte vento e delle onde alte non riuscivo a remare e me la vidi brutta; usando i remi come timoni riuscii a tenere la barca in rotta verso la darsena e schivando la vecchia piscina entrai in darsena tra gli applausi dei presenti.

di Cianino Riva – Socio dal 1940

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