“L’Italia nel bicchiere”. Il Moscato d’Asti a fermentazione naturale

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Roberto Beccaria
Roberto Beccaria

RUBRICA – A tutti gli amici appassionati di enogastronomia che seguono “l’Italia nel Bicchiere” auguro un buon 2016. Da parte mia cercherò anche quest’anno di trattare in questa rubrica alcuni argomenti inerenti al mondo del vino in modo semplice, comprensibile e, almeno spero, non banale.

roberto_beccariaA proposito di semplicità, visto che si sentono ancora gli echi delle festività e “girano per casa” ancora diversi dolci tipici del periodo, vi parlerò del delizioso Moscato d’Asti a fermentazione naturale, del quale ho da poco assaggiato un paio di estasianti versioni dei nuovi 2015: splendida annata!

Dietro questo vino dolce, apparentemente semplice, aromatico e fresco, a volte un po’ snobbato, si nascondono tanto lavoro in vigna ed una complessa tecnica di vinificazione ed anche, non a caso, ne è stata riconosciuta la DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita). Partendo dai vigneti, distribuiti nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo, sono consentiti non oltre 100 q / ha e, salvo deroghe emanate dal Consorzio di Tutela o dalla Regione Piemonte, non sono consentite ne forzature ne irrigazione di soccorso. Resa uva-vino max 75%.
Il vitigno è 100% Moscato bianco o Moscato di Canelli, antica uva originaria della parte orientale del bacino del Mediterraneo, diffusa poi in tutti i territori dell’impero romano.

Con le moderne attrezzature di cantina si sono semplificate non poco le complicatissime tecniche di vinificazione descritte da G.Battista Croce in un trattato che risale addirittura agli inizi del 1600 in cui si parla di botticelle immerse nell’acqua per refrigerare il mosto ed anche di 5 o 6 passaggi attraverso filtri fatti con tele di canapa.

Ai giorni nostri le uve raccolte, spesso vengono sottoposte a “criomacerazione” per accentuarne la fragranza, poi pigiate delicatamente e separate dalle vinacce. Il mosto così ottenuto viene fatto fermentare solo parzialmente fino all’ottenimento di una gradazione alcoolica che va dal 4,5 al 6,5% ed una lieve presa di spuma che non deve superare le 2 Atm. Si procede quindi a travasi e filtrazioni allo scopo di eliminare i fermenti, quindi garantire stabilità e residuo zuccherino.
Ecco svelata, per chi già non lo sapesse, la terminologia “mosto parzialmente fermentato” o anche “filtrato dolce” che spesso si leggevano (oggi molto raramente) su diverse etichette di vini similari.

Il vino che si ottiene è piacevolmente brioso, tipicamente aromatico, con note fruttate che ricordano la pera Kaiser matura, ma ancor più note erbacee che ricordano la salvia, il timo e la mentuccia; la dolcezza non è mai stucchevole perché ben supportata da una fresca acidità. Da bere nell’arco dell’anno – anno e mezzo –  è assolutamente necessario servirlo attorno ai 10° per accrescerne la gradevolezza.

Recentemente ho potuto costatare che moltissime aziende Piemontesi hanno dedicato particolare cura per migliorare questo prodotto quindi, agli storici Rivetti, Vignaioli di S.Stefano, Contratto, Perrone o Scarpa si sono aggiunti diversi produttori che forniscono eccellenti moscati al giusto prezzo: vedi Icardi, Negro o Gatti Piero.

Vi accennavo prima di aver già assaggiato alcuni Moscati d’Asti del 2015, infatti da diversi anni è tradizione assaggiare il prodotto nuovo col panettone a Natale, appuntamento imperdibile per i buongustai, comunque vi auguro abbiate tante altre “dolci occasioni” per brindare nel corso dell’anno appena iniziato.

Assaggiare per credere
Roberto Beccaria

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