“L’Italia nel bicchiere”. Parliamo di Barbera o, meglio, de’ La Barbera

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Un saluto a tutti voi che seguite la mia rubrica sul vino , in particolare a coloro che mi hanno contattato e che condividono la mia passione per il vino e l’enogastronomia.

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Roberto Beccaria

Prendendo spunto dalle mie frequenti degustazioni , voglio parlarvi di un altro vitigno autoctono che non finisce mai di stupirmi: il Barbera o meglio, “La Barbera” al femminile, come viene chiamato il più delle volte dai piemontesi. Le sue origini sono individuate nella zona del Monferrato e le prime notizie certe su questo vitigno rustico con un’acidità fissa molto elevata, risalgono soltanto alla fine del ‘700. Fino ad un paio di decenni fa La Barbera, soprattutto in Piemonte, era considerata alla stregua di un vitigno di poca importanza con cui si producevano vini di una certa mediocrità, spesso troppo aciduli e squilibrati.

Poi, a cavallo fra gli anni ‘70 e ’80, l’intuizione di alcuni vignaioli lungimiranti che hanno capito come l’affinamento in botte (spesso in barrique) per periodi anche piuttosto considerevoli, rendesse la barbera più complessa e gradevole, facendone un’autentica protagonista della vitivinicoltura piemontese accanto al Nebbiolo.

Grazie ad oculate tecniche agronomiche in vigna ed all’evoluzione delle pratiche di cantina, attualmente si possono trovare sul mercato diverse tipologie di barbera, provenienti anche da regioni diverse Piemonte e con caratteristiche diametralmente opposte, partendo da quelle giovani e briose di Oltrepò o Colli Piacentini fino ad arrivare all’èlite delle grandi barbere d’Asti superiore “Nizza” (Monferrato). In mezzo ci troviamo ottime barbere nella zona di Alba , spesse volte più difficili da domare e adatte ad un discreto invecchiamento, nei Colli Tortonesi e Monferrato , generalmente più vinose e in diversi casi anche vivaci, ma un po’ in tutto il territorio vitato del Piemonte.

Come già accennato, il vitigno è diffuso anche in diverse altre zone e, dagl’ultimi assaggi effettuati, si sono rivelate particolarmente interessanti un paio di Barbere “ferme” dell’Oltrepò, dei Colli Bolognesi, fino ad arrivare ad una squisita bottiglia proveniente dal Sannio beneventano, ebbene sì proprio in Campania, dove sono previste persino le versioni spumante e passito (in tutta sincerità mai assaggiate).

Addentrarsi ancor più nello specifico, con la vastissima gamma di Barbere prodotte in territori diversi, con differenti sfumature legate al territorio, alla vinificazione o all’affinamento e con un’enorme forbice di prezzi tra buoni prodotti “abbordabili” e quelli più blasonati, sarebbe impresa ardua , quindi mi limito ad alcune utili considerazioni legate anche alla loro collocazione in tavola .

Per un’utilizzo quotidiano sono consigliabili Barbere, mai troppo giovani e acidule, provenienti dai vari territori del Monferrato astigiano o alessandrino, Colli Tortonesi ed Oltrepò Pavese. Qualora necessiti una maggior capacità sgrassante da accostare a timballi, salumi cotti o bolliti misti , non disdegnerei la versione “vivace”.

vino rossoIn questo contesto, gli ultimi due piacevoli assaggi si riferiscono a Barbera d’Asti DOCG Scarpa e Barbera Oltrepò Pav. Castello Cigognola. Salendo di livello si va alla scoperta di un’incredibile quantità di prodotti che hanno nel rapporto costo / qualità il comune denominatore. La Barbera d’Asti Superiore “Molisse” di Agostino Pavia oppure la “Montebruna” di Braida o anche la Barbera D’Alba “Rinaldi” di Abbona oppure la “Ciabot del Fj ” di Brovia, sono solo quattro esempi di piccole perle in un forziere stracolmo di prodotti altrettanto buoni, da abbinare a ravioli al brasato o cannelloni ripieni di carne, grigliate miste , carni in umido e diversi piatti della cucina tradizionale come ad esempio la “cassoeula”.

Per finire eccoci a quelle barbere che hanno fatto la storia recente di questo vitigno, che maggiormente ne hanno cambiato l’approccio e l’interpretazione; sto parlando del mitico “Bricco dell’Uccellone” di Giacomo Bologna (ora Braida) a cui s’è aggiunto “Bricco della Bigotta” , ma poi un lungo elenco di grandi vini che anno per anno si aggiungono alla lista, vini che associano la freschezza tipica del vitigno, la grande struttura, il calore del grado alcoolico e l’eleganza acquisita con il lungo affinamento in botte e bottiglia.

Anche se costano alcune decine di euro, mi vengono in mente Barbere d’Asti come “la Court” di M.Chiarlo, “Pomorosso” di Coppo, “La Bogliona” di Scarpa e “Costamiole” di Prunotto o anche Barbere d’Alba come “Marun” di Matteo Correggia, “Bric du Luv” di Cà Viola“Cerretta”di Giacomo Conterno. In questi casi gli abbinamenti consigliati sono carni rosse arrosto o alla griglia e formaggi mediamente stagionati e, siccome io parlo esclusivamente di cose che ho assaggiato personalmente per le quali non ho paura citare nome e cognome, vi porto ad esempio un “peccatuccio” pre-pasquale: taleggio a pasta cruda di Carozzi stagionato 45 gg. abbinato a Barbera d’Asti Superiore “La Marescialla” di Agostino Pavia , vino che fa 15,5 gradi alcoolici , condiviso e piacevolmente “asciugato” senza fatica con un paio di buoni amici. Formaggio eccellente, Barbera straordinaria, abbinamento perfetto…

…assaggiare per credere Roberto Beccaria

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24 febbraio – Viaggio nel mondo dei Passiti

13 febbraio – Il riscatto dei “Vitigni Poveri”

27 gennaio – Oggi con Roberto Beccaria parliamo del Nebbiolo

16 gennaio – Vino protagonista. “L’Italia nel bicchiere”, nuova rubrica di Roberto Beccaria