L’Italia nel Bicchiere. Passerina e Pecorino due bianchi tutti da scoprire

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Roberto Beccaria
Roberto Beccaria

RUBRICA – Cari amici, le vacanze volgono al termine, ma è ancora tempo di gustarsi qualche buon vino bianco.

Stavolta ho scelto un paio di simpatici vini ottenuti da vitigni autoctoni riscoperti recentemente nei territori della fascia adriatica tra le Marche e l’ Abruzzo: la Passerina ed il Pecorino. Al di là dei loro i nomi, che fanno un po’ sorridere per ovvi riferimenti, vi assicuro che con queste due uve si producono davvero degli ottimi vini che, presumo, molti di Voi avranno già avuto modo di  assaggiare in vacanza lungo la costa adriatica tra Ancona e Pescara.

In passato queste uve venivano utilizzate per ottenere dei vini bianchi locali, assemblate fra di loro o col trebbiano, attualmente vengono valorizzate in “purezza”con qualche sorprendente versione spumante, vendemmia tardiva e passito. La Passerina è un vitigno che ha molte affinità col Trebbiano, specie nella forma del grappolo, ha un’elevata vigorìa e adattabilità che garantiscono un’elevata produttività. Per questo è conosciuto anche col nome di Pagadebito gentile (o Scacciadebito) quasi analogo al “Pagadebit di Romagna” che si produce più a nord nella zona di Bertinoro. La zona di maggior prestigio è quella tra le provincie di Ascoli Piceno e Teramo, al confine tra Marche ed Abruzzo, dove ha ottenuto la DOC rispettivamente ad Offida e Controguerra.

Con l’uva passerina generalmente si ottiene un vino bianco piacevolmente  sapido, fresco ed equilibrato, non particolarmente complesso ne alcoolico. A tavola lo vedrei bene come vino da aperitivo, con primi piatti elementari e delicati e con insalate di mare. Davvero intriganti le versioni spumanti, valide alternative al solito prosecchino e l’ultimo assaggio della Passerina spumante “Alta marea” Az. Ciù Ciù – Offida mi ha proprio convinto.

Tra le versioni ferme ho apprezzato “Evoè”, sempre di Ciù Ciù, “Chicca” di Pantaleone e “Radiosa” di Cherri, tutti prodotti abbordabili anche nei costi, raramente sopra i 10 euro.

Il Pecorino ha una storia completamente diversa: questo è un vitigno autoctono che ha una propria originalità e che, contrariamente alla Passerina, era stato relegato a territori sempre più ristretti per la ridotta produttività. Con il rinnovato interesse per uve autoctone capaci di fornire vini di grande struttura e personalità, è stato recentemente  reimpiantato e giustamente valorizzato. Il nome, tale e quale a quello
del formaggio, probabilmente deriva dai luoghi dell’Italia centrale  dov’era conosciuta come Uva pecorina, o Uva delle pecore, in quanto
l’attività prevalente era quella della pastorizia con annessa transumanza.

Attualmente viene coltivato sia nelle Marche, dove nel 2015 ha ottenuto la DOCG ad Offida, in Abruzzo ma anche in Umbria, Lazio e Puglia
dove viene chiamato con vari sinonimi ed assemblato ad altre uve.

Il Pecorino è un’uva di maturazione abbastanza precoce per cui possono ottenere dei bei vini potenti e maturi e nel contempo freschi
di acidità e con buon potenziale di tenuta all’invecchiamento; a parer mio è decisamente meno adatto della Passerina ad essere spumantizzato.

Gli ultimi assaggi, tutti molto buoni, hanno riguardato l’Offida “Colle Vecchio” di Cocci Grifoni, l’Offida “Merlettaie” di Ciù Ciù, il Marche IGT di Colonnara, il Colline Pescaresi IGT “Sassanta passi” di Marramiero ed il Colline Teatine IGT della Cantina Tollo; diciamo che non è stato amore a prima vista come per il Verdicchio ma una “scappatella” ogni tanto la potrebbe fare più che volentieri.

A tavola un buon Pecorino (vino) lo si sposa con dei primi piatti saporiti, verdure grigliate o ripiene, grigliate e fritti di mare fino ad arrivare alle carni bianche ed ai formaggi giovani, naturalmente con vini più maturi e strutturati.

Quest’anno non ho avuto il piacere di andare al mare in Abruzzo, nel Teramano, e godermi l’eccellente cucina locale quindi mi limiterò ad organizzare a casa mia una bella cenetta con spaghetti alla chitarra al ragù accompagnati da un ottimo Pecorino: è comunque un “bell’accontentarsi”!

Assaggiare per credere
Roberto Beccaria

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