Arrivati anche a Lecco i farmaci per la cura dell’epatite C

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Due dei medici responsabili del progetto: il dottor Agostino Colli e il dottor Daniele Prati
Due dei medici responsabili del progetto: il dottor Agostino Colli e il dottor Daniele Prati

 

LECCO – Gli innovativi farmaci per la cura dell’epatite C sono arrivati anche all’ospedale Manzoni, nei giorni scorsi è già stato avviato il trattamento sui primi 30 pazienti, 10 dei quali sono co-infetti  con Hiv, e nel corso dell’anno è prevista la possibilità di questa cura per circa 230 pazienti affetti da questa patologia.

A presentare il progetto avviato al nosocomio cittadino sono stati i medici Paolo Bonfanti, primario del reparto Malattie Infettive, Agostino Colli, direttore del dipartimento Area Medica, e Daniele Prati, dirigente del dipartimento di Ematologia e Medicina Trasfusionale.

Il primo farmaco ad arrivare è stato il Sofosbuvir, mentre a breve arriverà anche il Sinepril, poi la pillola con i due principi attivi combinati, e, infine, gli altri farmaci sui generis che a cascata saranno presentati sul mercato nei prossimi anni.

Questa cura è innovativa perché con un trattamento che va dalle 12 alle 24 settimane si può avere la totale guarigione dall’epatite C nel 90% dei pazienti trattati e per gli ammalati non sarà più necessario il trattamento farmacologico con l’interferone che ha sul corpo molti più effetti negativi rispetto ai nuovi farmaci.

“Gli effetti negativi di questi nuovi farmaci sono quasi inesistenti – spiega il dottor Agostino Colli – e sono simili a quelli di qualunque altro farmaco più comune, come il prurito o il mal di testa, e inoltre sono efficaci sia sui pazienti gravi che su quelli in cui l’epatite C è meno avanzata, al contrario dell’interferone con cui avevamo difficoltà nella somministrazione a pazienti con cirrosi epatica”.

Riuscendo a eradicare l’epatite C si avrà anche un notevole abbassamento di cirrosi epatiche, quindi necessità di trapianti, di decessi per scompenso epatico e di cancri al fegato, dei quali questo virus ne è il responsabile in circa il 70% dei casi.

Se l’arrivo di questi farmaci innovativi è una vera e propria rivoluzione in campo medico, la brutta notizia è che il loro costo è talmente elevato da essere insostenibile per qualsiasi servizio sanitario nazionale, compreso quello italiano. Per ovviare alla questione, l’Aifa ha stipulato un contratto con la casa farmaceutica produttrice e lo Stato ha stanziato 50 milioni di euro per l’acquisto di tali prodotti, di questo fondo a Regione Lombardia sono stati destinati un numero di euro sufficiente per la cura di circa 50 mila malati e divisi tra i vari poli ospedalieri prescelti.

Grazie a questo contratto, il sistema sanitario nazionale è riuscito a rendere gratuita la distribuzione della cura, ma solo per un limitato numero di pazienti, scelti secondo i criteri dell’Aifa tra il circa milione e mezzo di persone affette da epatite C: priorità ai pazienti co-infettati con Hiv, nei quali l’epatite C risulta essere aggressiva, ai malati con F3, ovvero grave fibrosi del fegato, e con F4, meglio nota come cirrosi epatica.

L’ambulatorio lecchese di epatologia si occupa di circa mille pazienti l’anno, applicati i criteri Aifa e calcolata la disponibilità di posti, nel 2015 la cura sarà disponibile per circa 230 persone. In 30 hanno già iniziato il trattamento e nei prossimi mesi toccherà agli altri 200, fino a toccare tutti i malati nel corso dei prossimi anni quando i prezzi del farmaco diventeranno più accessibili.