Verso il 25 Aprile, Giancarla Pessina: “Allora, il nemico aveva un volto”

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25 Aprile in quarantena. Intervista alla partigiana lecchese Giancarla Riva Pessina

“Oggi siamo privati della vicinanza dei nostri cari, ma prima della Liberazione lottavamo per sopravvivere”

LECCO – Non sarà una Festa della Liberazione come le altre quella che vivremo sabato, 25 Aprile: la quarantena anche a Lecco costringerà ad una cerimonia tra pochi e un omaggio ai caduti, al monumento di Largo Montenero che ne preserva la memoria.

Non sarà un 25 Aprile come altri soprattutto per gli anziani, i soggetti messi più in pericolo da questa emergenza sanitaria, costretti all’isolamento e alla lontananza dai loro affetti più cari. Sono i nostri anziani a pagare il tributo più alto di vite di questa epidemia.

Sarà una festa della Liberazione diversa anche per Giancarla Riva Pessina, una delle ultime testimoni in città della resistenza partigiana contro l’occupazione nazifascista.

“Lo vivremo separatamente, purtroppo, pensando per prima cosa alla salute di tutti – ci spiega – Come ogni anno, esporrò la bandiera dalla finestra di casa, la metto sempre il 24 aprile per toglierla il 2 maggio ed esporla di nuovo al 2 di giugno”.

Un rito che Giancarla Riva Pessina, già presidente di Anpi Lecco negli anni Novanta, rispetterà con la stessa dedizione anche questa volta, con un pensiero ai compagni scomparsi. Purtroppo non sono pochi i partigiani che, in tutta Italia, hanno perso la vita in queste ultime settimane a causa del virus, un nemico invisibile che sembra accanirsi nel modo peggiore sulle persone in età avanzata.

“Siamo vecchi, vorremmo che si imparasse ad usare anche questo termine. Anziano è solo una copertina, un’etichetta non così lusinghiera perché spesso associata ai problemi dell’età – ci dice –. In passato erano chiamati ‘saggi’, non dico che lo siano anche oggi che di questa saggezza sembra non esserci bisogno. Abbiamo il computer, abbiamo Wikipedia… Ma credo ci siano modi diversi per vivere e concepire la vecchiaia”.

“I giovani di allora – quelli che hanno vissuto in prima persona la Liberazione dell’Italia – sono i vecchi di oggi e ormai ne sono rimasti pochi di partigiani ultranovantenni. La memoria si affievolisce e il mondo che abitano i nostri giovani non è quello che noi sognavamo da ragazzi. Abbiamo vissuto la nostra gioventù con un mare di speranze e gli anni successivi con molte delusioni”.

Oggi la quarantena, in guerra erano il coprifuoco e la fame

“La libertà era l’ideale che inseguivamo e dovrebbe esserlo anche oggi. Le restrizioni a cui siamo obbligati nella situazione attuale sono poca cosa. Non avete vissuto il coprifuoco, le privazioni del quotidiano, le paure continue, la tessera annonaria per poter ricevere la razione di alimenti”.

“Ricordo – dice ancora – quando mia madre mi disse di dare il nostro quarto di latte alla nostra vicina di casa, mamma di un bimbo di soli 2 anni. Si cedeva la propria porzione a chi credevi ne avesse maggiore necessità. Erano problemi di sopravvivenza autentica e c’erano anche allora le malattie di cui poter morire”.

Il corteo del 25 Aprile lo scorso anno a Lecco

“Sono passati ben 75 anni e tanto si è fatto per prolungare la vita ma personalmente, se mi dovessi ammalare, lascerei il mio posto ad un giovane – ci dice Giancarla -. Proviamo tutti un’angoscia emotiva, sopratutto per i nostri cari. Mio figlio maggiore, che vive a Varese, è stato appena dimesso dall’ospedale a causa del virus, ora sta bene. E’ una situazione che ci priva del rapporto affettivo con i familiari e degli amici. E’ una rinuncia pesante, non come quella della fame ma comunque forte. Spero presto di poter riabbracciare i miei figli”.

I ricordi della Liberazione

Il 25 Aprile del 1945, aveva 15 anni Giancarla Riva (Pessina è il cognome del marito Emilio, partigiano). Figlia di padre socialista, sorella più piccola di due fratelli entrambi entrati nella resistenza al ritorno dal fronte, ricorda bene quei giorni:

“Il 25 aprile è una data simbolica. La Liberazione a Lecco è iniziata il 28 dello stesso mese. Pioveva, noi ragazzi ci affacciavamo alle strade che portano ai sentieri del San Martino e dei Resinelli per vedere i partigiani scendere dalle montagne della Valsassina. Ricordo bene l’entusiasmo di quei momenti. Quel giorno non ci fu una festa, la situazione era ancora tesa in centro città. Il vero festeggiamento si è tenuto il Primo Maggio, con un grande corteo. Noi ragazze vendevamo le coccarde con il garofano e il tricolore. E’ stata la prima manifestazione popolare dopo la dittatura”.

Una nuova festa di Liberazione… dal virus?

La concomitanza con la fine della quarantena, fissata al 4 maggio, ha fatto parlare di una nuova festa di Liberazione. Un parallelo che Giancarla Riva Pessina non può accettare:

“Il 25 Aprile ci siamo liberati di un nemico che aveva un volto e sapeva bene quello che stava facendo. Sono morti in tanti, allora come oggi, ma sotto le bombe di una guerra decisa da uomini, dettata dalla sete di potere e alimentata dall’odio. Oggi parliamo di una malattia, qualcosa di inatteso e sicuramente drammatico come lo sono state altre epidemie, ma decisamente diverso da ciò che abbiamo dovuto vivere in passato”.