“Contro la violenza sulle donne, serve un patto!” la lettera di Femminile Presente

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Irene Riva presidente di Femminile Presente

La lettera di Irene Riva (Femminile presente) in vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

“Solo dalla consapevolezza dell’altro nasce il rispetto, che non è una gentile concessione…”

LECCO – “Ci vuole un patto! Questo è il titolo della performance che l’Associazione Femminile Presente avrebbe voluto portare all’attenzione dei Cittadini lecchesi, in occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, come già avvenuto lo scorso anno presso il lavatoio di Belledo.

Le norme anti-pandemia ce lo impediscono, ma l’Associazione, tramite i Media, vuole offrire un’occasione di riflessione, proponendo solo per iscritto quei contenuti che nello spettacolo sono più efficacemente veicolati dalle emozioni.

Nel 1500, un poeta, Ludovico Ariosto, nel V Canto dell’Orlando Furioso, condanna la violenza di genere, in un modo netto, senza possibilità di replica. Stigmatizzando il comportamento umano rispetto a quello degli animali (che combattono tra maschi ma mai fanno la guerra alla propria femmina, che giace sicura con il proprio compagno) arriva a definire l’uomo violento: “ch’uomo sia quel non crederò in eterno, ma in vista umana uno spirto de l’inferno”

Sono passati 500 anni e la violenza degli uomini sulle donne è ancora presente nella nostra vita quotidiana. La violenza, ogni violenza, è l’esercizio di un potere. Una disparità imposta con la forza. Sempre.

Ed è un potere ancor più nefasto quando è esercitato su chi non ha la capacità di difendersi, come i bambini o più spesso le bambine, ad esempio, con il fenomeno odioso della pedofilia o del turismo sessuale o quello delle spose bambine.

O contro chi non ha la volontà di difendersi, come le donne, che talvolta sopportano per evitare quello che, in un eccesso di senso di responsabilità, ritengono il male minore, capaci di subire per anni anche solo molestie fisiche e psicologiche.

Un altro esercizio di potere è lo stupro, l’asservimento della donna al proprio piacere, contro la sua volontà. Pochi sanno che dopo la Conferenza di Pechino del 1995 perfino lo stupro di guerra è messo al bando ed è diventato condannabile dai Tribunali Internazionali come un crimine contro l’umanità. Ma c’è un’altra forma di violenza che si sta diffondendo come una malattia contagiosa: lo stalking.

Per chi non lo sapesse, stalking è una parola che deriva da un verbo inglese che significa “Fare la posta”. La donna diventa la gazzella, che sente l’alito del predatore sul collo e non riesce a liberarsene, vivendo in uno stato di ansia che non accenna a spegnersi.
Ebbene, In Italia ci sono delle leggi avanzatissime per combattere il fenomeno della violenza. La difficoltà sta nell’applicarle.

Le ragioni sono tante, ma la prima è che non c’è una vera condanna sociale, una presa di posizione dura nei confronti di questo fenomeno.

Il linguaggio usato dai Media tende a colpevolizzare la vittima più che il violento, con le attenuanti della passione, della gelosia, del presunto cattivo comportamento della vittima.
Quindi il primo vero deterrente deve essere la condanna ferma degli uomini perbene.
Prendano le distanze. Si esprimano.

Ma il vero rimedio è l’educazione: quella di genere. Occorre, in famiglia e nella scuola, educare i bambini e le bambine che il maschile e il femminile non sono subalterni.
Non si devono reggere sull’esercizio del potere, ma sulla reciprocità.

Sono complementari e i codici maschili e femminili son presenti in ciascuno di noi e ne dobbiamo diventare consapevoli, prima in noi stessi, poi nella coppia e infine nella società.
Il codice maschile, della prestazione, si deve sposare con quello femminile della cura, perché la società ha bisogno di entrambi. Solo da questa consapevolezza, dalla capacità di recepire l’altro come portatore di una diversità ma dello stesso valore, nasce il rispetto.
Il rispetto non è una nobile concessione, ma un atto democratico.

Su questi contenuti lavora la nostra Associazione”.

La Presidente
Irene Riva