Felice, il decano dei servizi funebri, è andato in pensione

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Felice Corti, per oltre 43 anni ha lavorato nei servizi funebri e come organizzatore di eventi

Attraverso il suo lavoro ha visto cambiare i costumi dei Lecchesi

“Son sempre stato un ‘becchino atipico’ per il mio carattere solare ed eclettico”

LECCO – Da piccolo, a scuola, disegnava cimiteri, bare e funerali. “Ero la disperazione della mia professoressa di disegno. Frequentavo le medie a San Giovanni, in via Agliati, e quando dovevamo fare un disegno i miei soggetti erano sempre gli stessi. Non so nemmeno io perché…”.

Evidentemente qualcosa c’era perché poi, per tutta la vita, ha lavorato come dipendente di imprese funebri. Lo scorso 31 ottobre Felice Corti ha raggiunto la pensione dopo 43 anni e 2 mesi di lavoro. Nato e cresciuto nel rione di Rancio, dove vive tuttora, è conosciuto da tutti per il suo carattere estroverso e sempre allegro a dispetto del particolare mestiere che ha svolto, con passione, per tutta la vita.

“Quando ho cominciato avevo solo 15 anni, era il giugno 1976. Mia mamma incontrò per strada il signor Emilio Castagna, delle onoranze funebri Vallini e Castagna, e gli chiese se non aveva bisogno di qualcuno”.

Al contrario di quello che si potrebbe pensare per Felice è sempre stato un mestiere normale: “Quando ho cominciato c’era molta più superstizione. Quando si vedeva il ‘becchino’ c’era chi faceva le corna o gli scongiuri, col tempo questa cosa si è persa tanto che oggi, a differenza di un tempo, ci sono molti più giovani che fanno questo lavoro”.

“In realtà non ho mai fatto solamente funerali – racconta – ma facevo matrimoni, cerimonie civili, mi occupavo di addobbi per qualsiasi occasione o ricorrenza. Proprio sotto il signor Emilio Castagna ho imparato a fare di tutto e questo mi è servito molto lungo tutta la mia vita lavorativa”.

In oltre 43 anni di lavoro, Felice ha conosciuto 5 prevosti e dei sindaci ha perso il conto. In tanti anni ha visto mutare usi e costumi dei lecchesi: “Oggi i funerali sono vissuti in una dimensione più intima, una volta era molto più impegnativo: bisognava allestire la camera ardente, c’era il corteo dall’abitazione del defunto alla chiesa e poi dalla chiesa al cimitero, c’era molta partecipazione. Ricordo un corteo lungo da Malavedo a Laorca. Negli anni c’è stato un vero e proprio cambiamento dei costumi”.

Lo stesso Felice, con ironia, si definisce un “becchino atipico” per via del suo carattere solare ed eclettico: “Ho sempre vissuto a 100 all’ora. Sul lavoro sono sempre stata la stessa persona che ero nella vita privata. Ho vissuto tante situazioni, ho sempre dato il massimo e me la sono sempre cavata. I momenti più difficili sono quelli che mi hanno spronato maggiormente e fatto crescere. Il mio lavoro, poi, mi ha dato la possibilità di coltivare tanti rapporti, e oggi mi conoscono dappertutto”.

Dal 1991 è passato a lavorare per Ferranti dove è rimasto fino alla pensione. Non solo funerali, Felice ha organizzato un sacco di eventi: “Ho lavorato al matrimonio della figlia di un principe austriaco e poi ricordo un bellissimo matrimonio a Campione d’Italia. Eventi e sfilate mi piacciono molto, amo curare tutti i particolari”.

Tanti i fatti di cronaca della città che si sono intrecciati con il suo lavoro anche se il compito più arduo è stato portare le ceneri di due padri del Pime fino a Hong Kong: “Da poco non era più colonia inglese. Ricordo il lunghissimo lavoro burocratico per ottenere tutti i permessi, sono andato avanti e indietro da Milano un sacco di volte per ambasciate e consolati ma, alla fine, è andato tutto bene. Un’altra avventura che non scorderò fu il viaggio in Sicilia per accompagnare una salma. Oggi si va in aereo, all’epoca mi dissero che mi mandavano in ‘viaggio premio’. Ricordo il vecchio Peugeot verde che non superava i 100 Km/h”.

Cosa serve per fare un lavoro così particolare? “E’ importante saper sempre gestire la situazione. Bisogna dare sostegno e risposte ma sempre senza lasciarsi coinvolgere troppo perché quello, in fondo, è il tuo lavoro. E poi ho sempre cercato di imparare da tutti, assorbendo il più possibile e mettendolo a frutto”.

Di chiese, con il suo lavoro, ne ha viste e allestite tante. Quale è la più bella di Lecco? “Sicuramente la chiesa di Castione a Rancio, a quel luogo sono legati tanti miei ricordi. Ma la chiesa che più mi piace è il Santuario della Beata Vergine del Fiume, a Mandello, con il suo Barocco. Lì mia nonna faceva la sacrestana e si sono sposati i miei genitori, ogni volta che passo entro per una visita”.

E adesso, sei pronto per la vita da pensionato? “Non sono il tipo che sta con le mani in mano e soprattutto non mi vedo ‘vecchio’. Se qualcuno me lo chiederà continuerò a dare una mano per allestimenti e cerimonie. Ho vissuto 43 anni in maniera piena, adesso me la prenderò con più calma”.