Il biologo: “Le nutrie? Ecco perché è meglio sterilizzarle (e non abbatterle)”

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Parla Samuele Venturini, biologo di Progeco Ambiente e Natura

“Gli abbattimenti non risolveranno la questione delle nutrie”

LECCO – Per alcuni sono solo simpatici ‘castoroni’, per altri sono immagine di degrado, un problema da eliminare: per questo la decisione della Provincia di attuare un piano di eradicazione delle nutrie, con l’ipotesi di quattromila abbattimenti in tre anni, ha già diviso i lecchesi tra favorevoli e contrari.

La nutria è considerata una specie invasiva e negli ultimi anni il suo numero è evidentemente incrementato sul nostro territorio; se ne sono accorti i frequentatori della ciclabile del Lago di Garlate dove questo roditore si è diffuso, facendo casa lungo le rive. Un piano di contenimento sembra quindi necessario e il Comune di Lecco vorrebbe tentare una soluzione differente dalle uccisioni, sperimentando un piano di sterilizzazioni per ridurre il numero di esemplari.

Il biologo Samuele Venturini con un esemplare di nutria da lui ‘adottato’

La richiesta è già stata presentata all’Ispra e vede capofila l’Enpa di Merate, l’ente per la protezione degli animali. Un’opportunità che si basa sulla precedente sperimentazione attuata con successo in diversi comuni italiani tra cui Buccinasco, portata avanti nel comune del milanese da Samuele Venturini, biologo e ricercatore di fauna selvatica, referente di Progeco Ambiente e Natura.

Un metodo ecologico

“Gli abbattimenti hanno ottenuto risultati poco soddisfacenti dove sono stati tentati. I dati lombardi dimostrano che, all’aumento degli abbattimenti non è corrisposta una diminuzione di risarcimenti agli agricoltori che hanno subito danni per la presenza delle nutrie – spiega il biologo – questo perché, il prelievo dall’ambiente di un certo numero di nutrie offre maggiori spazi e risorse agli esemplari rimasti per moltiplicarsi. Si crea un meccanismo ormonale, una strategia ecologica per compensare le perdite che innesca un aumento di numero di nati per parto. E’ la stessa cosa che avviene con i cinghiali”.

Una nutria con i suoi cuccioli nella zona di Rivabella

“Un dato diffuso erroneamente in questi giorni e va corretto, la nutria partorisce sì due volte all’anno ma da alla luce (non quindici) ma quattro cuccioli alla volta, che non è detto arrivino a maturità. Dipende molto dalle risorse che trovano”.

Con le sterilizzazioni si andrebbe ad intervenire sulle nuove nascite, limitandole.“Si tratta di metodi ecologici attuati già da diversi anni oltre oceano e in diverse parti d’Europa. La legge 157/92 lo consente anche da noi – prosegue Venturini – a Buccinasco abbiamo portato avanti un progetto che ha avuto ottimi risultati, lo stiamo sperimentato anche in Provincia di Trieste insieme alle Associazioni MujaVeg e ENPA Trieste e altri Comuni del Nord Italia si sono fatti avanti in questi mesi”

Ridurre il numero di esemplari non basta

“Agire solo tasso di mortalità non è efficace – prosegue il ricercatore – è importante, oltre al contenimento, anche la gestione del territorio. Rogge diserbate e argini non curati diventano bersagli facili per le nutrie che vi costruiscono le tane. Rinforzare gli argini, mitigarne la pendenza a 45° circa ha un effetto benevolo non solo nel ridurre la presenza delle nutrie ma attenua anche il rischio di smottamento del terreno. Si chiama ingegneria naturalistica”.

Ma la nutria rappresenta un problema reale nel lecchese? “Per gli organismi internazionali è considerata tra le specie più invasive perché interagisce più di altre con l’attività antropica e non potrebbe essere altrimenti vivendo lungo i corsi d’acqua. E’ da considerasi tale, invasiva, quando ve ne è un numero talmente elevato da provare danno all’agricoltura. Sulle sponde del lago di Garlate credo l’unico problema possa essere legato alla percezione delle persone nei confronti di questo animale”

“Catturarle e sterilizzare per contenerle nel tempo – conclude il biologo – può essere il giusto compromesso per ridurne il numero, tutelando e rispettandone la vita”