“Il filo infinito”, il viaggio di Paolo Rumiz sulle tracce dei monaci di Benedetto

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A Leggermente lo scrittore triestino racconta il suo particolare cammino nel cuore dell’Europa

“Questi uomini  riuscirono a salvare l’Europa con la sola forza della fede”

Paolo Rumiz con il moderatore dell’incontro Mattia Conti

LECCO – “Il filo infinito” di un gomitolo che lega in una rete i monaci Benedettini di tutta Europa.

Sul palco di Leggermente, venerdì sera, è salito Paolo Rumiz, scrittore e giornalista che non ha bisogno di presentazioni. Quello che ha presentato non è solo un libro, “Il filo infinito” appunto, è un viaggio.

“Dietro a questo libro c’è una forte passione per l’Europa che viene da lontano. In me la passione europea nasce dalla disperazione: di fronte a certe cose l’unica alternativa è pensare di appartenere a una grande ‘mamma Europa’ che ha dato sempre il meglio di sé con l’accoglienza e si è autodistrutta quando ha alzato reticolati”.

“Nonno raccontami l’Europa”, il libro è nato proprio da questa semplice richiesta del nipote: “Mi sono sentito in dovere di raccontare in modo semplice cosa è questa nostra Europa”.

Ma cosa c’entrano di monaci di Benedetto? “Benedetto mi ha attraversato la strada senza che io lo volessi. Ero nel cuore dell’Appennino, stavo compiendo un viaggio lungo la faglia del terremoto, quando sono entrato a Norcia e mi son trovato davanti la statua di Benedetto accompagnata dalla scritta Patrono d’Europa”.

Per lo scrittore triestino è un segno da seguire alla ricerca di risposte: “Questi uomini  riuscirono a salvare l’Europa con la sola forza della fede. Con l’efficacia di una formula: ora et labora. Lo fecero nel momento peggiore, negli anni di violenza e anarchia che seguirono la caduta dell’Impero romano. Quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati”.

L’Appenino diventa il cuore dell’Europa: “Questi uomini sono nati sull’Appennino, terra di pastori, monasteri e terremoti. Gente abituata a ricostruire dalle macerie, gente che ha vissuto in un territorio dove in pochi chilometri si passa dal mare alle nevi delle montagne. Un territorio unico che i Benedettini hanno trasformato creando un’amalgama inimitabile tra uomo e ambiente”.

Il viaggio di Rumiz, attraverso l’incontro con le persone, è stata l’occasione per passare in rassegna una serie di valori perduti o in disuso.

“Nel canto Benedettino l’unisono si raggiunge solo rinunciando a una piccola parte del proprio ego, ascoltando chi ti sta vicino, solo a questo punto il canto diventa sublime”.