Il prof. Galimberti a Leggermente: “Abbiamo tolto il futuro ai giovani”

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Filosofo e sociologo, Galimberti ha presentato il suo libro a Leggermente

Protagonisti i giovani, “non lazzaroni, ma privati di prospettive”

LECCO – Vittima del traffico domenicale, che lo ha costretto in coda insieme a tanti altri automobilisti sulle strade cittadine, Umberto Galimberti è arrivato con decine di minuti di ritardo all’appuntamento con il pubblico lecchese che, però, lo ha aspettato pazientemente, senza batter ciglio.

Tanta era infatti l’attesa per l’incontro con il professore, profondo conoscitore dell’animo umano, e molti erano giunti anche da fuori Lecco per assistere al suo intervento al Teatro Invito di via Ugo Foscolo.


L’iniziativa è stata parte del Festival Leggermente, promosso dalla Confcommercio di Lecco, giunto anche quest’anno alle sue battute finali.

Il professore ha raccontato le riflessioni raccolte nel suo ultimo libro, “Parola ai giovani”, nel quale il filosofo e sociologo accede i riflettori sulle difficoltà vissute dalle nuove generazioni e il loro senso di inadeguatezza alla società moderna.

Una condizione che gli adulti faticano a comprendere: “Questo perché i ragazzi oggi vivono un mondo completamente diverso da quello dei loro genitori, un mondo di cui non sappiamo nulla perché non ne abbiamo avuto esperienza” ha spiegato il professore.

Il mondo reale degli adulti e il mondo virtuale dei giovani

“Le precedenti generazioni vivevano in una società povera, il messaggio che la famiglia dava ai propri figli era quella del sacrificio, del dovere e lo stesso messaggio era veicolato dalla società. Oggi – ha proseguito Galimberti – la famiglia tenta ancora di infondere lo stesso messaggio nei giovani, pur credendoci meno, mentre la società dice loro di divertirsi, di consumare e fare quello che vogliono. E’ una società dove vince il principio del piacere e il virtuale”.

Una trasformazione che inizia dalla socializzazione, “in passato erano i circoli e gli oratori luoghi di incontro, oggi i ragazzi si incontrano attraverso il web, nella solitudine del loro telefono o del loro pc. Una madre una volta mi chiese se comprare o meno lo smartphone al proprio figlioletto. Lei si sorprese della mia risposta positiva, la negazione dello strumento avrebbe rappresentato per il ragazzo la negazione della socialità”.

“Non vale più il detto ‘ai miei tempi’, perché ‘quei tempi’ sono radicalmente diversi dall’oggi – ha proseguito il filosofo – non possiamo proporre il nostro vissuto ai ragazzi, questa è la prima generazione che non può contare sull’esperienza dei genitori. Se vogliamo aiutarli dobbiamo porci al loro ascolto, cercando di capire di più di quel mondo”.

Vivere il presente perché il futuro non promette nulla

Un mondo scosso dall’irrequietudine: “I giovani bevono, e molto, dormono fino a tardi, preferiscono vivere di notte anziché di giorno, non solo per il piacere ma perché vogliono anestetizzarsi dall’angoscia che produce loro guardare il futuro. I giovani non sono lazzaroni, vivono solo il presente perché il futuro glielo abbiamo tolto. Nessuno li convoca, nessuno li chiama per nome. Faticano a trovare un’occupazione stabile tra lavori a progetto e cococo. Pur di non assaporare la loro inutilità sociale vivono il presente”.

C’è un ospite inquietante, così come Galimberti lo ha definito in un precedente volume, a infondere disagio soprattutto nelle nuove generazioni: quel nichilismo ben descritto da Nietzsche oltre un secolo fa e che ancora continua a tormentare l’essere umano.

“E’ la mancanza di una prospettiva, di qualcosa che sia in grado di attrarre e muovere verso di essa. Se manca uno scopo – conclude il filosofo- vuol dire che il futuro non promette nulla”.