Obbligo di vaccino per i sanitari. In ospedale vaccinati nove lavoratori su dieci

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Nel nuovo decreto stabilito l’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari

Nell’azienda ospedaliera di Lecco il 10% del personale ancora non si è vaccinato

LECCO – Era uno dei provvedimenti annunciati e che ha trovato posto nel nuovo decreto varato nel Consiglio dei Ministri di mercoledì: si tratta dell’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario, una misura decisa dal Governo “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura” si legge nel testo del decreto.

Sono interessate dal provvedimento “le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali”

“La vaccinazione – si legge nel documento – costituisce requisito essenziale all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”. La vaccinazione “non è obbligatoria o può essere omessa o differita” solo in caso “di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestato dal medico di medicina generale”.

Pochi i “no vax” nel lecchese

All’azienda ospedaliera di Lecco, la più grande struttura sanitaria in provincia, la campagna vaccinale al personale (che ha coinvolto 3,5 mila dipendenti) ha avuto ampia adesione: secondo il dato riferito dall’ASST di Lecco, il 90% degli operatori ha aderito (il dato comprende anche gli amministrativi) e ha effettuato già la doppia somministrazione.

Resta ancora un 10% di operatori che finora, però, non hanno effettuato il vaccino. Alta adesione anche tra i dipendenti dell’ATS Brianza, 197 vaccinati su 212 (93%). Tra i farmacisti, anche loro ora sottoposti all’obbligo di vaccinazione, sarebbe praticamente totale l’adesione alle vaccinazioni secondo Federfarma Lecco.

Complessivamente, la campagna vaccinale rivolta ai lavoratori della sanità in provincia di Lecco, nei dati dell’azienda sanitaria territoriale, ha registrato la vaccinazione di 10,5 mila persone, comprese associazioni di soccorso, Rsa, strutture socio-sanitarie, medici di base e professionisti del settore.

Cosa succede al dipendente che non si vaccina?

Entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, si legge nel decreto, ciascun Ordine professionale e i datori di lavoro degli operatori sanitari devono trasmette l’elenco degli iscritti, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma in cui ha sede.

Entro dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi, le Regioni devono verificare lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti e segnalerà alle ATS quelli che non risultano vaccinati.

Ricevuta la segnalazione, l’azienda sanitaria locale inviterà l’interessato a produrre, entro cinque giorni, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, l’omissione o il differimento. Alla scadenza dei cinque giorni, se l’operatore non presenterà la documentazione, l’ATS inviterà formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo

Scaduti i termini, l’azienda sanitaria locale accerterà l’inosservanza e ne darà immediata comunicazione all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza.

Il provvedimento di sospensione

L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determinerà così la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio. Anche l’Ordine professionale di appartenenza comunicherà la sospensione all’operatore.

Il datore di lavoro, dove possibile, dovrà quindi trasferire il lavoratore a mansioni diverse, anche inferiori, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a diverse mansioni non è possibile, per il periodo di sospensione non sarà dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento.

La sospensione resterà tale se non si provvederà all’assolvimento dell’obbligo vaccinale oppure fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.