Ospedale di Lecco. L’infettivologa Piconi: “Covid meno aggressivo, ma è verosimile un ritorno”

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A marzo è arrivata a Lecco dal Sacco per guidare il reparto di malattie infettive

“Stiamo mappando la popolazione per agire in modo mirato nell’eventualità di un ritorno del covid”

LECCO – Da inizio marzo è la responsabile facente funzione del reparto di malattie infettive dell’ospedale di Lecco. La dottoressa Stefania Piconi è stata chiamata al Manzoni dall’ospedale Sacco di Milano per sostituire l’ex primario dottor Paolo Bonfanti nel momento più difficile di un’emergenza coronavirus che ha colpito duramente anche il nostro territorio. Di sicuro un bel “battesimo”, ma adesso che la situazione è più tranquilla abbiamo provato a fare il punto della situazione.

Si parla di un virus che clinicamente non esiste più o comunque meno aggressivo. Dove sta la verità?
“Trovare la verità è estremamente difficile perché è una malattia che non conosciamo e la stiamo vivendo giorno per giorno tutti insieme. Dire che il virus sia clinicamente morto è abbastanza improbabile, ma si è clinicamente attenuato. Attualmente i pazienti che scopriamo covid positivi sono pazienti che presentano una sindrome molto meno aggressiva rispetto a fine febbraio inizio marzo”.

Quale è il motivo di questo cambio?
“Possono essere molteplici, ma quello principale è che ora stiamo vedendo gli effetti del lockdown. Quando un virus particolarmente aggressivo viene a contatto con una popolazione assolutamente suscettibile è ovvio che crea quel quadro epidemiologico che abbiamo vissuto. Quando non si ha un vaccino o una cura efficace, l’unico modo per bloccare questa trasmissione è evitare che le persone infette vengano a contatto con quelle non infette. Aver applicato in modo così rigoroso il distanziamento sociale ci ha portato a ridurre la diffusione del virus. Se poi questo virus è mutato tanto da dare una clinica diversa o si è semplicemente adattato perché il suo effetto era troppo nocivo sull’organismo ospitante onestamente non saprei dirlo, ma è un dato di fatto che il virus ora si manifesta in maniera molto più attenuata“.

Ci possono essere anche fattori ambientali?
“I fattori ambientali, per il covid come per tutti i virus, condizionano la replicazione del virus stesso. Se osserviamo dove sta andando ora il virus vediamo che colpisce zone dove ci sono temperature più basse, quindi è verosimile che il virus segua l’andamento delle temperature. Noi siamo entrati in una seconda stagione, quindi il virus trova meno capacità di mantenersi nell’ambiente. Si tratta comunque di studi ancora in essere perciò non posso dare risposte definitive”.

Sono migliorate anche le cure per chi è colpito dal virus?
“Di sicuro sappiamo riconoscere il virus più rapidamente. La cura definitiva del covid-19 di fatto non c’è ed è ancora in fase di studio, ma i pazienti vengono trattati con una terapia di supporto con l’aggiunta di novità che abbiamo scoperto strada facendo”.

Asintomatici e pazienti convalescenti quanto sono contagiosi?
“Sono in corso alcuni studi che dimostrerebbero come per un paziente covid positivo convalescente (lontano dall’evento acuto), quei frammenti di Rna che troviamo con il tampone non sono frammenti in grado di indurre poi una replicazione virale realmente infettante. Per infettare un’altro soggetto bisogna avere una carica infettiva rilevante e bisogna essere sintomatici, ad esempio bisogna avere la tosse per veicolare il virus. Anche l’asintomatico puro emette una quantità di virioni molto più bassa di un paziente che ha la malattia nella fase acuta”.

Si parla di un vaccino solo nella stagione influenzale 2021/2022, è verosimile?
“L’elaborazione di un vaccino è un processo lento perché prima bisogna trovare la molecola in grado di stimolare la risposta immune nei confronti del patogeno, poi va provata sugli animali, quindi va provata sui soggetti sani e poi bisogna dimostrare che induce una risposta neutralizzante. Solo dopo si può diffondere alla popolazione sana, sicuramente arrivare al vaccino non è un processo rapido”.

C’è il rischio di una seconda ondata di contagi? In quel caso l’ospedale sarà pronto?
“E’ una ipotesi verosimile. Il momento di calma che stiamo vivendo lo stiamo sfruttando per mappare la popolazione: laddove il virus è girato in modo aggressivo è ovvio che l’immunità di gregge di quella zona è efficace, ma dove il virus ha girato molto meno resta una una sacca di popolazione più suscettibile. A fronte della possibilità che possa tornare una seconda ondata è meglio sapere in quale parte della regione Lombardia noi abbiamo la popolazione più suscettibile per poter agire in modo mirato. Gli ospedali di Lecco e Merate al momento hanno ridotto i reparti covid aprendo ai pazienti non-covid e all’attività normale. Abbiamo però la possibilità di riconvertire tutto a covid in maniera rapida nel momento in cui dovessero aumentare i casi”.

La dottoressa Stefania Piconi alla guida del reparto di Malattie Infettive

Distanziamento e mascherine restano l’unico metodo di prevenzione. Come sarà la prossima estate?
“La prossima estate sarà tanto più bella e spensierata quanto più siamo bravi adesso. Se ci comportiamo secondo i consigli che continuiamo a ripetere – distanziamento sociale, mascherina e lavarsi spesso le mani – e se queste procedure minime entreranno nel nostro modo di vivere tanto più è possibile che ci lasceremo il covid alle spalle. Nel frattempo stiamo screenando la popolazione per avere la mappa dei punti fragili e sapere dove focalizzare gli interventi nel momento in cui il covid dovesse ritornare”.

Quando tornerà la normale influenza come si potrà distinguerla dal covid?
“Riguardo l’influenza io sono una fervida sostenitrice dell’utilità della vaccinoterapia soprattutto per quanto riguarda le popolazioni fragili. Una prima raccomandazione è quella di fare una vaccinazione antinfluenzale. Dopodiché le armi per capire se siamo di fronte a influenza o covid le abbiamo e sono i tamponi, le immagini radiologiche, la storia clinica e il momento epidemico. Sicuramente l’arrivo dell’influenza sarà un momento critico che andrà gestito con molta attenzione”.

Passato il momento più difficile anche Lecco si sta muovendo a livello di ricerca?
“Quando si vive un’esperienza così travolgente bisogna fermarsi e iniziare a vedere i dati e analizzare quello che abbiamo raccolto fino ad ora. Alla mia équipe ho detto di cominciare a lavorare per valutare i marcatori predittivi di progressione e i marcatori predittivi di quelli che sono gli esiti del covid. Per sapere come lavorare in futuro è necessario capire quali sono i marcatori che ci possono dire di cosa avrà bisogno un paziente e permettere di  identificare i pazienti più ‘difficili’ all’interno della popolazione infetta. Inoltre stiamo valutando proposte di aderire agli studi per nuovi antivirali in modo da capire quali sono i  farmaci più efficaci in caso di un ritorno del covid. Anche per quanto riguarda il plasma iperimmune stiamo aderendo al protocollo nazionale e stiamo iniziando a raccogliere il plasma”.