Rsa e assistenza dei malati a casa, per i sindacati bisogna fare di più

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Tavolo di confronto tra sindacati e autorità sanitarie sull’emergenza Covid nel lecchese

Al centro del confronto la situazione nelle Rsa e l’assistenza domestica ai malati

LECCO – Si è svolto ieri, mercoledì, l’incontro richiesto dalle sigle sindacali del settore della sanità per fare il punto sull’emergenza Codiv.

L’incontro si è tenuto in videoconferenza con il presidente del distretto di Lecco, il direttore generale dell’Ats Brianza, il direttore socio-sanitario dell’Ats Brianza, il direttore socio-sanitario dell’Asst Lecco, il presidente dell’associazione Uneba rappresentativo delle Rsa del territorio.

I sindacati hanno rappresentato la situazione grave e problematica della Rsa del territorio ad oggi non ancora sufficientemente affrontata in maniera risolutiva.

“Bisogna mettere mano soluzioni organizzative nuove che prevedano oltre che ad una rifondazione delle strutture in maniera progettuale, anche nell’immediato la netta separazione nelle RSA tra ospiti covid – positivi e pazienti sani” scrivono i sindacati.

E’ stata ribadita la necessità di mettere a sistema la comunicazione anche con sistemi telematici tra gli ospiti Rsa e i parenti che sono all’esterno.

Ats ha spiegato che nelle Rsa sono stati attivati sopralluoghi di monitoraggio. La Regione sta lavorando ad un protocollo per gestire gli ingressi e le comunicazioni parentali. Tutte le strutture stanno riaprendo i rapporti parentali. Per quanto riguarda la carenza di test sierologici e tamponi si tratta di una criticità superata, a oggi sono stati fatti in un numero molto elevato.

Poco personale per l’assistenza a casa

Si è posto anche il tema di come affrontare la presenza di pazienti covid nella domiciliarità. “Le Usca (Unità speciali di continuità assistenziali) andavano istituite in una sede di continuità assistenziale nella misura di una per ogni 50mila abitanti. In tutta l’Ats della Brianza ne sono state costituite soltanto tre (Lecco, Monza e Vimercate) per un bacino di utenza di 1.205.000 abitanti e avrebbero dovuto funzionare 7 giorni su 7”.

Le organizzazioni sindacali hanno quindi chiesto l’adeguamento del numero delle Usca agli abitanti “con un dotazione organica e professionale con protocolli d’intervento chiari, garantendo un intreccio reale con i medici di base”.

“Il sabato e la domenica sono rimasti prerogativa dei medici della continuità assistenziale (ex guardia medica). Sicuramente l’anello debole della catena, visto che sono stati lasciati privi di mezzi adeguati”.

“Le Usca sono a termine, a parte l’insufficienza in termini numerici e strutturali non è pensabile lasciare un vuoto sul piano dell’assistenza sul territorio, visto il permanere di malati covid e post covid nel proprio domicilio”.

Cgil, Cisl e Uil chiedono che vengano costituiti dei nuclei di assistenza territoriale della sanità pubblica (almeno uno per ogni ambito territoriale) che prendano il posto, in modo stabile e continuativo, delle Usca (Unita Speciali di Continuità Assistenziale). “Nuclei costituiti da infermieri e altre professionalità, adeguatamente formati e dotati di strumenti per supportare i medici di medicina territoriale e in rapporto con gli specialisti ospedalieri. Solo in questo quadro si può pensare ad un ruolo diverso e una valorizzazione del ruolo e delle competenze degli stessi medici di famiglia. Tagli alla sanità e riduzione di personale e fondi hanno indotto a ridurre anche la medicina di base”.

Ats ha risposto che tutti pazienti segnalati dai medici di medicina generale sono stati seguiti con il telemonitoraggio. Le Usca hanno svolto un ruolo di supporto ai medici di medicina generale gestendo a domicilio i pazienti per cui non era necessaria l’ospedalizzazione. “Se dovesse esserci l’esigenza amplieremo il numero delle Usca e dei medici assegnati. Le Usca non hanno coperto il sabato e la domenica perché avremmo avuto un doppione. Sul territorio operano in maniera adeguata i medici della continuità assistenziale recandosi a domicilio del paziente”.

Per quanto attiene la proposta dei nuclei di Assistenza, “gli operatori sul territorio oggi già ci sono prima di costruirne altri vediamo quelli che ci sono già. Ne faremo comunque un’analisi successiva e se servirà ci attrezzeremo adeguatamente”.

Una mappatura dei bisogni

“Non vi può essere alcuna fase due, riattivazione del sistema produttivo e dei servizi, se contestualmente non vi è una presa in carico delle nuove povertà e delle nuove fragilità che dietro l’angolo, sono prossime ad esplodere nella loro drammaticità – ne sono convinti i sindacati – L’emergenza Covid ci pone difronte a nuove povertà ed a nuovi bisogni. Dobbiamo procedere a costruire una mappatura dei bisogni che riconosca le nuove pressanti fragilità, sia in termini numerici che di tipologia. Le organizzazioni sindacali chiedono pertanto tavoli di confronto che consentano di aggiornare tempestivamente la programmazione delle nuove necessità con distretto, ambiti, comuni”.

Sul tema è stato espresso uno specifico impegno a far partire da subito tavoli di confronto con il sindacato, il distretto, gli ambiti ed i comuni.