Stefano Zecchi a Leggermente: l’esodo istriano nel suo nuovo libro

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Docente ed ex assessore alla Cultura di Milano racconta il suo nuovo romanzo

Ospite al Palazzo del Commercio dell’anteprima di Leggermente

LECCO – Si può parlare di amore in una vicenda così drammatica come la fuga degli italiani della Dalmazia per scappare alle persecuzioni di Tito? “Si può sempre parlare d’amore perché è parte dell’esistenza di ognuno di noi”.

Stefano Zecchi esordisce così nell’incontro di martedì sera al Palazzo del Commercio, presentando il suo nuovo romanzo “L’amore nel fuoco della Guerra”, terzo volume che lo scrittore ha voluto dedicare ai tragici fatti dell’esodo istriano. L’incontro è parte dell’anteprima di Leggermente, il festival della lettura organizzato dalla Confcommercio di Lecco che, come ogni anno, porterà in città diversi autori in un fitto programma di appuntamenti.

Al centro Stefano Zecchi insieme a Marco Magistretti (Confcommercio) e il giornalista Luca Cereda

Veneziano di origine, ex assessore alla Cultura del Comune di Milano e docente di estetica presso l’università di Milano, Stefano Secchi è romanziere, saggista, editorialista. Tra i suoi titoli, Sensualità, Amata per caso, La bellezza, Rose bianche a Fiume, Paradiso Occidente ed Estasi, il suo primo grande successo.

“Non pensavo che un libro potesse cambiare così tanto la vita – ha spiegato lo scrittore – Estasi è arrivato a vendere un milione di copie”.

Raccontare la gente comune

“I miei romanzi parlano di gente comune, allo stesso modo ho voluto raccontare quanto accaduto nel dopo guerra ad Italiani, come noi, che non volevano restare italiani. L’approccio non è quello di uno storico, neppure di un politico, la mia intenzione era quella di raccontare la storia di gente semplice e di come potevano, persone comuni, affrontare una vicenda tanto dolorosa” .

Una vicenda che evoca ricordi d’infanzia dell’autore: “La mia famiglia è veneziana. Ho sempre nella mente le immagini delle motonavi sbarcare , i profughi italiani sedersi a terra e chiamarsi l’uno con l’altro. Mio padre puntava il dito e mi diceva ‘ricordati Stefano’ Io non lo scordai”.