Nel 2015 Franzoso denunciò le spese pazze dell’allora presidente di Ferrovie Nord Norberto Achille, pagando un duro prezzo
La sua storia raccontata agli studenti delle superiori in tre incontri: “Lo rifarei ancora”
LECCO – Un momento di formazione e riflessione sul valore dell’onestà, anche quando fa rima con disobbedienza, sul coraggio di vincere la paura per far valere la cultura della legalità. Questo ha significato il prezioso ciclo di incontri di Andrea Franzoso con gli studenti delle scuole superiori lecchesi, ‘Tacere non è una virtù: il ruolo dei cittadini nella lotta alla corruzione’. Tre incontri, due a Lecco (uno ieri sera presso l’Istituto Parini e uno questa mattina in Sala Ticozzi) e uno all’Istituto Bachelet di Oggiono, che ha promosso l’iniziativa, in cui lo scrittore ha ripercorso la sua personale vicenda da ‘whistleblower’ (in gergo, segnalatore di azioni illecite).

Tutto comincia nel 2015 quando Andrea, allora funzionario addetto al controllo di Bilancio di Ferrovie Nord, decise di denunciare alle forze dell’ordine le ‘spese pazze’ del presidente Norberto Achille. “Decisi di farlo a mio nome, firmando quella denuncia, mettendoci la faccia, perché nascondendomi mi sembrava quasi di fare le cose a metà. Stavo denunciando un illecito, l’utilizzo di molti soldi pubblici per spese private e rimborsi, perché avrei dovuto avere paura a farlo mettendoci la firma?” ha raccontato l’autore del libro ‘Il disobbediente’ agli studenti.
Concluse le indagini, al presidente di Ferrovie Nord vennero contestati i reati di truffa e appropriazione indebita. Il nome di Andrea Franzoso comparirà pochi giorni dopo su tutti i giornali: è lui il ‘whistleblower’ che ha scoperto gli illeciti. “Ricordo ancora quando lo dissi a mio padre, che mi aveva chiamato per dirmi che aveva sentito la notizia delle indagini sul presidente al telegiornale. Non ebbi subito il coraggio di dirgli che ero stato io a denunciare, lo feci dopo, quando i Carabinieri mi dissero che i giornalisti avrebbero scritto il mio nome. Mi chiese se fossi impazzito, ricordo che tra le varie cose mi disse anche che avrei dovuto andarmene dall’Italia, che il nostro è un paese di disonesti dove chi fa la cosa giusta ci rimette, invece che guadagnarci. Ci rimasi molto male: perché ero io a dovermene andare da casa mia, solo per aver fatto il mio dovere?”.
Ma il peggio doveva ancora venire: “Il giorno che tornai in ufficio, dopo la notizia dell’arresto del presidente, tutti mi fecero i complimenti, persino la segretaria di Achille, la stessa che firmava i rimborsi illeciti, venne a baciarmi e a dirmi ‘Ce l’abbiamo fatta’. Poco dopo però le cose cambiarono. I colleghi iniziarono ad evitarmi o comunque ad evitare di farsi vedere con me in pubblico. Mi trasferirono in un ufficio dove praticamente passavo il tempo a girarmi i pollici, non avevo niente da fare”.
Da passacarte, Franzoso viene messo alla porta dopo braccio di ferro legale durato anni con la nuova dirigenza dell’azienda, reso ancora più difficile dalla mancanza di una normativa di riferimenti a tutela di chi segnala illeciti sul posto di lavoro. Anche dalla sua storia, come ricordato, nasce il disegno di legge a tutela del whistleblower. Nonostante la fatica, Andrea non ha dubbi: “Lo rifarei ancora”, invitando le giovani generazioni a non temere di essere onesti.