Una mamma: “Grazie ai medici e ai pediatri che hanno salvato mio figlio”

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una mamma di un bimbo colpito da meningite fulminante

“Ad un anno da quella corsa all’ospedale, voglio ringraziare i medici che hanno salvato mio figlio”

 

LECCO –  “Buongiorno sono una mamma fortunata… molto fortunata.

Scrivo questa lettera e spero che venga pubblicata per ringraziare il Pronto soccorso pediatrico dell’ospedale Alessandro Manzoni di Lecco e il Reparto di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva Pediatrica e Pediatria dell’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano. In questo momento di pandemia vorrei fare un elogio pubblico non alla sanità ma alle persone che lavorano nella sanità…e spero che questa differenza sottile ma fondamentale venga compresa.

Lo faccio anche perché credo che le “belle notizie” servano e debbano far notizia.

Ho un bimbo bellissimo, sano e curioso di 6 anni, molto… a volte credo fin troppo sensibile.
Il 21 novembre 2019 aveva un po’ di febbre…di notte ha vomitato 2 volte…penso al solito virus intestinale…ma poi noto quel livido sulla mano sinistra e dei puntini rosso intenso su tutto il corpo…e il suo sguardo…il suo sguardo che non era il suo. La corsa verso il PS…per tenerlo sveglio in macchina gli chiedo i nomi dei Paw Patrol…se li ricorda tutti ( il cervello funziona ancora!) ma è  rallentatissimo….

In pediatria a Lecco la diagnosi è chiara: meningite fulminante da meningococco b (200/300 casi all’anno in Italia).

Da quel momento la macchina dei soccorsi parte…arrivano altri medici…infermieri…anestesisti…rianimatori…l’ambulanza…perché il mio bimbo è in pericolo di vita… perché il mio bimbo deve essere trasferito d’urgenza in una terapia intensiva pediatrica…c’è posto al Buzzi a Milano (per fortuna!).

È mezzogiorno e io sono fuori da una porta chiusa di una terapia intensiva…
Dopo un’ora o forse anche di più (quando sei in quelle condizioni il tempo non è tempo, non è vita)…un’altra persona mi chiama e mi dice… Signora la situazione è molto grave.
Noi abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare. Ora dobbiamo aspettare le prossime 3 ore. Altrimenti…

Il mio bimbo ha superato le 3 ore!
Il mio bimbo ce l’ha fatta!
In quelle ore i suoi desideri erano avere vicino mamma e papà, mangiare un panino col salame, giocare con gli amici dell’asilo, andare al mare e conoscere Babbo Natale!

Volevo ringraziare pubblicamente dopo 1 anno esatto le persone che hanno salvato mio figlio. Le persone che gli hanno permesso di tornare a sorridere, iniziare la Prima elementare e soprattutto sognare il suo futuro!

Le persone capaci di altissima professionalità e sangue freddo. Le persone che hanno sofferto con me. Le persone a cui ho detto che lavorando in una struttura come “La Nostra Famiglia” sapevo benissimo cosa potesse voler dire un post traumatico da meningite e loro hanno abbassato lo sguardo per non mentirmi. Le persone che venivano col sorriso a guardare il mio bambino felice che montava i mattoncini Lego in un letto di ospedale.

Uno dei primi disegni del piccolo uscito dalla terapia intensiva

Purtroppo non so i nomi di tutte le persone che hanno incrociato la mia vita in quei 15 giorni, ma di ognuno di loro ricordo l’attenta presenza. la ricordo attraverso una particolarità che mi ha colpito della singola persona.

Ricordo con affetto gli occhi profondi di Laura Garini, l’abbraccio di Lucia Calafiore, lo sguardo fermo di Stefania Ferrario , la morbida treccia di Anna Mandelli e poi l’apparente calma del rianimatore che ha fatto il viaggio con noi in ambulanza, il tatuaggio dell’infermiera che mi ha portato una camomilla calda durante la notte, il sorriso divertito del dottore a cui mio figlio -la prima sera- ha chiesto un budino al cioccolato perchè aveva fame e potrei continuare…tutte persone che erano lì per noi. Tutte persone che son sempre stati eroi anche quando del Covid non si sapeva ancora l’esistenza.

Nessun giornale, nessuna locandina in quei giorni ha pubblicato nulla e non voglio nemmeno immaginare che titoloni ci sarebbero stati se fosse invece successo qualcos’altro, invece  la vita dovrebbe fare più rumore..e ancora di più in questo momento.

Il sanitario certo è un lavoro, ma alla sofferenza, alle emozioni, al dolore di un genitore non ci si abitua mai. Si può essere più “corazzati”…più “preparati” a dare certe notizie o a vivere certe esperienze…ma la vita è vita per tutti…anche per chi indossa un camice.

Un grazie davvero di cuore a tutte le persone che quel 21 novembre 2019 hanno reso possibile il mio miracolo e che sicuramente continuano a farne anche oggi”.

Serena