Merate, centinaia di alpini commemorano la battaglia di Nikolajewka

Tempo di lettura: 4 minuti
Commemorazione battaglia Nikolajewka a Merate
La commemorazione della battaglia di Nikolajewka avvenuta a Merate nel gennaio 2020, prima dell'emergenza coronavirus

Alzabandiera e onore ai caduti davanti al Municipio e poi sfilata con le fiaccole fino alla chiesa parrocchiale

Padre Corti, alpino e missionario del Pime, celebra gli alpini e ricorda la figura di don Gnocchi

MERATE – Tutti uniti per ricordare una battaglia che ha fatto la storia. A 77 anni di distanza dal 26 gennaio 1943, la sezione degli alpini di Lecco ha celebrato ieri, venerdì, a Merate la commemorazione di Nikolajewka, battaglia che ha segnato l’eroico ripiegamento dei soldati italiani dal fronte russo durante la 2^ Guerra Mondiale. Tantissime le penne nere, insieme a rappresentanti delle forze dell’ordine e delle istituzioni e a semplici cittadini, che si sono ritrovate in piazza degli Eroi per celebrare in grande stile l’anniversario di una battaglia in cui purtroppo persero la vita moltissime persone.

La cerimonia, condotta dal cerimoniere Mauro Farina, si è svolta davanti a un Palazzo municipale illuminato con i colori del tricolore e agghindato per l’occasione con le bandiere dell’Italia. Presenti la banda sociale meratese e il coro Stelutis di Brivio che hanno accompagnato musicalmente la cerimonia che si è aperta con l’alzabandiera e l’onore ai Caduti.

Dopodiché un lungo corteo, illuminato dalle fiaccole, si è mosso verso la chiesa parrocchiale per la celebrazione della messa, presieduta da padre Pierfrancesco Corti e concelebrata da don Luca Rognone. Alpino a sua volta, missionario del Pime, l’istituto che ha messo a disposizione la scorsa estate Villa Grugana a Calco per il campo estivo alpino riservato ai ragazzi, padre Pierfrancesco ha ricordato, nella predica, cosa abbia significato per lui la battaglia di Nikolajewka.

“Era il 26 gennaio del 1984 ed ero appena arrivato a Merano per svolgere il servizio militare. Di Nikolajewka ricordavo solo quello che avevo studiato a scuola. Non ne sapevo molto. Quella sera lì ho iniziato a capire meglio cosa fosse stato quella battaglia. E ho compreso che davanti a quelle morti, è meglio stare zitti mostrando onore e rispetto peri caduti in quella tremenda campagna di Russia”.

Il consigliere provinciale Felice Rocca, il comandante della stazione dei carabinieri di Merate Edonio Pecoraro e il sindaco di Merate Massimo Panzeri

Padre Corti ha parlato di sé, della sua esperienza di missionario in Bangladesh: “Ne ho viste tante, dalle malattie alla minaccia di morte. Nulla in confronto a quello che hanno visto gli alpini. E per questo mi piace parlare di don Carlo Gnocchi, un sacerdote che ha vissuto la campagna di Russia e la ritirata, portando negli occhi e nel cuore il ricordo di quelle persone morenti. Non è un caso se don Gnocchi accosta a quei volti quello di Cristo, sapendo bene che gli alpini sono gente tosta e forte”. Una testimonianza, quella di don Gnocchi, che per padre Corti ci lascia un grandissimo insegnamento: “Ci sprona a ricordare tutte le persone che sono andate avanti e ci ricorda di coltivare il dono di sapere aiutare gli altri. Così come fanno gli alpini sempre pronti a intervenire in caso di terremoti, alluvioni e altre catastrofi naturali”.

Marco Magni, presidente degli alpini della sezione di Lecco ed Emiliano Invernizzi

Al termine della messa il presidente della sezione ANA di Lecco Marco Magni ha ribadito l’importanza di celebrare l’anniversario della battaglia di Nikolajewka mentre il sindaco di Merate, l’alpino Massimo Panzeri ha ammesso di provare una certa emozione per aver partecipato, per la prima volta in qualità di sindaco, a questa celebrazione. “Perché la gente ama così tanto gli alpini? Non è solo per la loro simpatia o per il loro cappello. La gente vuole bene agli alpini perché gli alpini amano il loro territorio. L’Italia ama gli alpini perché gli alpini amano l’Italia. E non lo fanno solo a parole. In passato lo fecero con le baionette, e ci auguriamo che non ritorni mai più il bisogno, oggi lo fanno invece con il badile in mano, quando ad esempio accade una calamità naturale”.