50 anni di obiezione per la Pace: incontro con Progetto Osnago

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Appuntamento martedì sera in sala civica con il dibattito che vedrà protagonisti Francesco Vignarca e Alberto Anghileri

Nel dicembre 1972 venne riconosciuto dalla legge l’obiezione di coscienza dal servizio militare

OSNAGO – Un incontro per ripercorrere, a 50 anni dalla legge che riconobbe per la prima volta in Italia, l’obiezione di coscienza, le lotte vissute per conquistare quel diritto riflettendo anche sulle guerre di oggi.

Si terrà martedì sera in sala civica a Osnago l’incontro “50 anni di obiezione per la Pace” promosso da Progetto Osnago insieme al circolo Arci La Lo Co. La serata vedrà come relatori Francesco Vignarca, coordinatore delle Campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo ed Alberto Anghileri, consigliere comunale a Lecco e storico obiettore di coscienza al servizio militare.

Precisano gli organizzatori di Progetto Osnago: “Lo scorso 15 dicembre ricorreva il 50esimo anniversario della legge che riconosceva l’obiezione di coscienza al servizio militare, istituita con la legge 15 dicembre 1972 n. 772 (cosiddetta Legge Marcora).Una disciplina organica della materia però si ebbe solo con la legge 8 luglio 1998 n. 230 che riconobbe compiutamente per la prima volta il diritto all’obiezione di coscienza, configurando la stessa non più come un beneficio concesso dallo Stato, bensì come un diritto della persona. Con la sospensione delle chiamate al servizio militare di leva in Italia ad opera della legge 23 agosto 2004, n. 226, risultò sospesa di fatto anche l’opzione del servizio civile obbligatorio per obiezione di coscienza. A 50 anni dalla legge che riconobbe per la prima volta l’obiezione di coscienza vogliamo ripercorrere con chi le ha vissute da protagonista le lotte per conquistare quel diritto”.

Un’analisi del passato con lo sguardo rivolto al futuro: “Ma non vogliamo solo ricordare i fatti di allora: in un periodo purtroppo costellato da nuove guerre in Europa chi – in Russia come in Ucraina – non vuole imbracciare le armi ritenendo che il conflitto armato non debba trovare menti e braccia che lo alimentano è vittima di repressione giudiziaria e messa al bando nell’opinione pubblica. Il rifiuto di imbracciare la armi può essere oggi una risposta dal basso alla crescita della conflittualità tra gli stati?”