Con Progetto Osnago medici a confronto sul Covid. “Non è andato tutto bene e la seconda ondata non ci lascia tranquilli”

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Dall’anestesista al medico di base, passando per il direttore sanitario di una Rsa e il medico consigliere regionale: un dibattito a quattro voci sul Covid

Preoccupa la ripresa dei contagi e la difficoltà a tracciarli. Il sindaco Brivio: “Investire di più sul territorio”

 

OSNAGO – Da Davide Guzzon, primario di anestesia e rianimazione all’ospedale Mandic di Merate, impegnato a gestire gli acuti alla collega Laura Rossi, medico di famiglia, chiamata ad affrontare i tantissimi casi di pazienti sospetti Covid che non sono arrivati neppure a poter effettuare il tampone, passando per chi, è il caso di Andrea Millul, direttore sanitario Rsa Airoldi e Muzzi di Lecco, ha vissuto in prima persona il dramma, ma anche la capacità di reazione, messa in campo dalle case di riposo del territorio. Senza dimenticare neppure chi, come Michele Usuelli nella doppia veste di consigliere regionale e medico neonatologo, ha e sta osservando l’emergenza sanitaria in corso da un punto di vista particolare.

Renato Conca

E’ stata ricca di spunti e approfondimenti la tavola rotonda intitolata “E’ andato tutto bene?” promossa dall’associazione culturale Progetto Osnago per riflettere intorno alla gestione dell’epidemia da coronavirus, declinando nella forma del dubbio quello che, con tanto di colori dell’arcobaleno, è stato lo slogan della prima fase della pandemia. Una domanda più attuale che mai visto la drastica e rapida impennata della curva dei contagi che ha spinto gli organizzatori, pronti all’inizio a ospitare l’incontro in sala civica con accesso contingentato, a prevedere prima la chiusura al pubblico della serata e poi a dare vita alla prima tavola rotonda online di Progetto Osnago, ospitando l’incontro sulla piattaforma Zoom.

L’editoriale di Giannini

Paolo Strina, coordinatore di Progetto Osnago

Uno sbarco sul web che non ha deluso le aspettative con Renato Conca, presidente di Progetto Osnago a fare gli onori di casa e il coordinatore Paolo Strina pronto a dare il là alla discussione, partendo dall’editoriale di Massimo Giannini pubblicato domenica sul quotidiano La Stampa. “L’idea di questo incontro era nata nel momento in cui l’epidemia sembrava ormai declinare. Ci sembrava giusto riflettere per fare memoria. Oggi però i dati ci parlando di altro e ci portano nuovamente vicini al collasso del sistema ospedaliero”.

I dati incompleti e il problema della tracciabilità

Il sindaco Paolo Brivio

Già, i dati. I primi a “saltare”, stando a quello che ha ricostruito, in base all’esperienza personale, il sindaco Paolo Brivio, sottolineando subito la difficoltà, riesplosa con vigore in questi giorni, alla tracciabilità dei positivi. “Non abbiamo ricevuto mai cifre attendibili e spesso ci siamo trovati a dover integrare i numeri, comunicati dall’Ats, con le notizie raccolte sul territorio. Dopo i mesi luttuosi e concitati di marzo e aprile, la situazione sembrava essere, a settembre, sotto controllo. Ora il sistema è nuovamente in panne e riviviamo l’incompletezza dei dati, vissuta in primavera, quando abbiamo vissuto un’altalena di emozioni che ha segnato chiunque e affaticato chi oggi è chiamato nuovamente a prendersi cura dell’altro”.

Guzzon: “E’ stato come l’11 settembre”

Davide Guzzon, primario al Mandic di Merate

Un personale sanitario rinchiuso, bardato testa e piedi con dispositivi di protezione, in quelle trincee che erano diventati e stanno tornando a essere oggi gli ospedali. “Non mi piace la metafora della guerra, la trovo troppo tronfia – ha esordito Guzzon, primario di Anestesia al Mandic di Merate nel suo pacato e attento intervento -. Il paragone più calzante è quello con l’11 settembre quando il sistema è andato in default. Ci aspettavamo senz’altro una primavera diversa e siamo stati travolti, in pochi giorni, da un’ondata di pazienti provenienti dalla Bergamasca”.

La speranza è che oggi, un presidio come Merate, possa davvero restare Covid free permettendo alla sanità di occuparsi anche di altro. “In questi mesi abbiamo fatto quello che dovevamo fare, facendo esperienza sul campo. Non so dire cosa non abbia funzionato: non ho avuto tempo per rifletterci. So che ognuno di noi, in ospedale, ha dato il massimo. E da questa esperienza ne usciamo arricchiti perché abbiamo imparato molto. Il covid è una malattia rognosa, lunga, capace di mandare il sistema in affanno perché richiede ricoveri anche lunghi”. Da medico ospedaliero, impegnato a rispondere alle code di ambulanze che intasavano il pronto Soccorso, Guzzon ha avuto l’impressione che “fuori non ci fosse nulla per arginare l’ondata di contagi che ha travolto la Lombardia, l’Italia e il mondo”.

Rossi: “Anche i medici di base travolti da questo tsunami”

Laura Rossi, medico di famiglia a Cernusco e Osnago

Ospedale e medicina territoriale: due facce della stessa medaglia che eppure, ancora oggi, sembrano due mondi contrapposti tanto da portarsi a chiedere quanto il sistema sia pronto, pur con qualche mascherina e camice in più, a fronteggiare una nuova ondata di contagi. Lo sa bene Laura Rossi già alle prese con le bizze dei numeri. “Sono medico di base nel distretto di Merate e lavoro a Cernusco con molti pazienti di Osnago. Posso dire che i dati ufficiali forniti da Ats ai sindaci non sono neanche lontanamente paragonabili alla realtà”. L’esperienza maturata in ambulatorio parla di 4 – 5 casi certificati Covid a fronte di un centinaio di pazienti con sintomi sospetti. “Anche noi siamo stati travolti da questo tsunami e non ci siamo mai sottratti alle richieste dei nostri pazienti. Eppure la percezione è che la medicina territoriale non abbia fatto niente. E ora temo che stiamo tornando a quei livelli della primavera perché non riusciamo più a tracciare i contatti”.

Senza alcun disincanto, Rossi ha ammesso: “Prevenire un secondo disastro è difficile, se non riusciamo a isolare chi è potenzialmente infettivo. E purtroppo in questi mesi non è stato fatto niente per potenziare il territorio. Quindi diventa difficile evitare l’ondata in ospedale. Senza considerare che l’aver concentrato tutto sul Covid è costato caro in termini diagnostici su altri aspetti, in primis le diagnosi oncologiche”.

Millul: “Lasciati da soli nelle Rsa”

Andrea Millul, direttore sanitario dell’Airoldi e Muzzi

Tante fatiche e tante difficoltà vissute anche nelle case di riposo, dove la conclamata fragilità degli ospiti ha reso il coronovirus un nemico ancor più silenzioso e spietato. “Ci siamo trovati da soli a gestire con ancora più crudezza il dramma del fine vita, reso ancora più inumano dall’assenza dei familiari – ha spiegato Millul, direttore sanitario all’Airoldi e Muzzi – . Alcuni di noi, nascosti da maschere e visiere, si sono perfino finti figli, sorelle e familiari per dare all’anziano l’ultimo saluto. Sono lutti che dovremo tutti elaborare. Non eravamo pronti, non lo era nessuno e no, non è andato tutto bene. Infatti a Nembro nessuno ha osato affiggere i disegni con l’arcobaleno perché ciascuna famiglia piangeva un morto. Detto questo, i nostri anziani hanno resistito di più di quanto potessimo aspettarci e sono queste sorprese in positivo che ci danno forza. Forse perché alcuni di loro, penso a 4 ultracentenari ospitati a Lecco, hanno superato prima la Spagnola…”.

Usuelli  e le critiche alla legge regionale

Michele Usuelli

Parole vibranti a cui si è aggiunto il commento di Michele Usuelli, neonatologo e consigliere regionale di Più Europa, da due anni e mezzo seduto sui banchi della minoranza in Consiglio regionale. Nel suo intervento, squisitamente politico, Usuelli, un passato come neonatologo anche alla Terapia intensiva neonatale del Manzoni di Lecco, ha puntato il dito contro la legge regionale di riforma della sanità lombarda varata dall’allora presidente Roberto Maroni: “Quando si dice che il territorio non ha fatto argine all’ondata di coronavirus, non si dà la colpa a medici come Laura Rossi, ma bisogna per forza far riferimento a una legge che ha distrutto la medicina territoriale, chiamata ad affrontare a mani nude una valanga come questa. Siamo diventati bravissimi a curare un tumore complicatissimo, ma prevenzione, igiene, sorveglianza, territorio sono stati considerati settori da sfigati. In una Regione, come la nostra, che ha un budget di 25 miliardi di euro e ne stanzia 19 miliardi per la sanità”.

Un discorso, quello della necessità di un rafforzamento tra ospedale e medicina di territorio, ribadito anche dal sindaco Brivio: “Bisogna potenziare il servizio delle Usca perché è evidente che manca una capacità di gestione di determinati casi che il medico di base non può affrontare da solo”.