Ospedale di Merate: manca il personale, il reparto di psichiatria non riapre

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Chiuso durante l’emergenza Covid, il reparto di psichiatria rischia di restare solo un ricordo dell’ospedale di Merate

L’Asst Lecco precisa: “Manca personale. E qualora arrivasse, si valuterà l’opportunità economica del provvedimento”. Dure le critiche del territorio

MERATE – Chiuso per mancanza di personale. Con l’ipotesi di una riapertura futura vincolata in base all’opportunità economica di un simile provvedimento. L’Asst Lecco precisa la propria posizione in merito al destino del reparto di psichiatria dell’ospedale San Leopoldo Mandic di Merate chiuso a seguito dell’emergenza epidemiologia da Covid 19 e così rimasto nonostante ormai la fine del periodo emergenziale.

A impedirne la riapertura, stando alle parole del direttore generale di Asst Lecco Paolo Favini, la mancanza, ormai cronica, di personale specializzato con gli ultimi bandi di concorso per medici da impiegare nel dipartimento di salute mentale andati a vuoto. Da qui, la decisione, obbligata, di non riaprire il reparto rimandando a eventuali nuovi ingressi in ospedale la scelta di riapertura del reparto meratese, da soppesare in base alle “opportune valutazioni economiche”.

Dure reazioni nel territorio

Una scelta che ha subito provocato malumori e disappunti nel Meratese, riportando sotto i riflettori l’annosa questione del progressivo e costante depauperamento del presidio di via Cerri.
Il Pd Merate infatti non esita a parlare di “un ulteriore grave passo indietro nella tutela della salute dei cittadini”, analizzando poi, con un certo sarcasmo la situazione brianzola. “Mentre ad ogni livello politico ci si riempie la bocca con le Case di Comunità perché Regione Lombardia ha finalmente capito (ma ci è voluta una pandemia con innumerevoli morti) che una forte integrazione tra territorio e ospedale è imprescindibile se si vogliono tutelare i cittadini… Ecco che il direttore generale dell’ASST di Lecco va in controtendenza e chiude il reparto di psichiatria a Merate. Evidentemente il territorio meratese, diversamente dai trend nazionali e lombardi di incremento delle patologie psichiatriche in questi ultimi anni, gode della protezione di elementi a noi non noti che giustificano il provvedimento”.

Una questione su cui si innesta quella più generale del futuro dell’ospedale: “L’accanimento contro il nostro ospedale è tanto più grave, in questo caso, perché si abbatte su pazienti particolarmente fragili e sulle loro famiglie che ne sopportano il peso quotidianamente. E i Sindaci di questo territorio, che hanno molta voce in questo settore – perché sono loro che devono sottoscrivere la richiesta di ricovero nei casi di emergenza (TSO) – stanno in silenzio? Il Sindaco di Merate ormai vive in una condizione di sudditanza per le scelte lombarde dimenticando di proteggere e tutelare i meratesi e il meratese. Intanto però si perdono posti letto di degenza e cura delle patologie nelle fasi più gravi e non gestibili sul territorio né dalle famiglie e la provincia di Lecco scende al di sotto degli standard regionali”.

Meno posti letto in tutta l’Asst Lecco

Sensibile all’argomento tanto da aver dato vita, da poco, a un tavolo permanente a tutela della sanità, il Pd Merate ha anche calcolato che “con la chiusura di Merate i posti letto psichiatrici disponibili in ASST scendono da 26 a 16 con un tasso di 4,8 per 100.000 contro la media regionale di 8 per 100.000. È importante considerare che la chiusura influisce anche sui tempi di intervento in caso di urgenza per un TSO, coinvolgendo psichiatri, forze dell’ordine e sindaci. In una materia così delicata, sarebbe stato opportuno consultare preventivamente le parti interessate prima di prendere una decisione con gravi ripercussioni sulle famiglie colpite da patologie psichiatriche. Le famiglie perdono così un punto di riferimento specialistico e si trovano a dover affrontare un difficile percorso di presa in carico e gestione dei casi, considerando la complessità della continuità delle cure e la delicata relazione di fiducia con i pazienti affetti da patologie psichiatriche”.

Un’analisi a cui fa seguito una richiesta, inoltrata ai sindaci, di chiedere “spiegazioni riguardo alla decisione unilaterale, che ha un impatto significativo sulla vita dei cittadini, sia dal punto di vista sanitario che di sicurezza”.

Cambia Merate e il coinvolgimento dei sindaci

Anche il gruppo di minoranza Cambia Merate si appella ai sindaci, in particolar modo al primo cittadino di Merate Massimo Panzeri, per opporsi alla decisione presa: “Chiediamo che nell’interesse di Merate e del nostro territorio – trascurando almeno per un momento appartenenze e affinità politiche con chi governa tali scelte – si faccia promotore di una seria protesta contro la direzione generale dell’Asst, la direzione generale Welfare e l’assessorato al Welfare di Regione Lombardia. E, insieme agli altri Sindaci del Meratese, solleciti la Regione affinché delinei una strategia di lungo periodo per il futuro del Mandic”.

Per i consiglieri capitanati da Aldo Castelli la chiusura del reparto di psichiatria, prima temporanea e poi permanente, rappresenta “una grave perdita per il territorio e in particolare per le famiglie a contatto con le più rilevanti problematiche di salute mentale. Una decisione che la dice lunga sulle strategie della direzione generale dell’Asst: l’adozione di misure che sempre più impoveriscono il San Leopoldo Mandic, introdotte in via transitoria, così da risultare più accettabili, finiscono per divenire irreversibili. È solo l’ultimo episodio di uno stillicidio che riduce progressivamente l’offerta e l’attrattività del nostro Ospedale e che probabilmente si innesta in un quadro ben definito quanto occulto, anche se gli indizi non lasciano spazio alla fantasia. Personale sempre più ridotto, medici gettonisti, riduzione delle sale operatorie, tagli alle specialità chirurgiche, il venir meno della continuità assistenziale per alcune patologie che andrebbero curate sul territorio: sono inequivocabili segni di un declino continuo del nostro Ospedale, che poco a poco viene privato dell’essenza stessa del presidio, senza che sia delineata una vera vocazione per il futuro del territorio”.