L’esperta infettivologa lecchese: “Il Coronavirus? Tanto subdolo quanto democratico”

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Intervista alla Prof.ssa Antonella Castagna, infettivologo

Residente a Civate, in servizio presso l’ospedale San Raffaele di Milano

LECCO – Tra i medici lecchesi impegnati nella lotta al Coronavirus vi è la Prof.ssa Antonella Castagna, di Civate, docente in Malattie Infettive e Tropicali, in servizio al San Raffaele di Milano.

Professore associato all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, la dott.ssa Castagna è responsabile, presso l’Istituto Scientifico San Raffaele, dell’Unità Funzionale Divisione di Malattie Infettive e dell’Unità di Ricerca su gestione e trattamento antiretrovirale dell’infezione da HIV.

Che idea si è fatta di questo virus?

“E’ un virus che non va sottovalutato. Possiamo considerare le prime informazioni arrivate dalla Cina indicazioni piuttosto incerte. Oggi sappiamo che questa malattia si presenta in forma lieve nella maggioranza dei casi ma esiste quota di pazienti, non sappiamo definire ancora esattamente quanti, in cui l’infezione può determinare una polmonite grave che deve essere gestita con grande attenzione”.

Perché ci colpisce in maniera così diversa da persona a persona?

“Bisogna distinguere tra chi si infetta e chi sviluppa una polmonite grave. Tutti si possono infettare, è un virus ‘molto democratico’ se vogliamo così definirlo, è però vero che la fascia di pazienti esposta alle complicanze più gravi include soprattutto maschi con patologie preesistenti, in particolare anziani. Per questo è cosi importante in questo momento, proteggere i nostri anziani”.

Qual è il campanello d’allarme?

“Febbre e tosse sono i sintomi principali e più frequenti, ma è soprattutto la fatica a respirare bene, la dispnea , che deve insospettirci; in questi casi è opportuno chiamare il 112. Accorgersi di aver un respirazione più faticosa dopo aver parlato o dopo aver camminato è un segnale da riferire al 112 , consente di valutare meglio l’opportunità di accesso al Pronto Soccorso degli Ospedali, strutture che oggi in Lombardia sono oberate dal flusso incessante di pazienti. E’ importante che giungano in ospedale solo i malati candidati al trattamento ospedaliero, le forme lievi possono invece essere trattate a casa”.

Come lo state curando?

“In ambiente ospedaliero abbiamo codificato tre tipi di intervento da usare in associazione. L’utilizzo di antivirali per ridurre la replicazione del virus. Anche se i farmaci oggi utilizzati sono di efficacia limitata; sono in fase di sviluppo clinico nuovi antivirali, più promettenti. L’utilizzo di farmaci anti-infiammatori o immunosoppressori per prevenire o ridurre la “tempesta citochinica” scatenata dal virus, che è all’origine del danno polmonare. Infine il supporto respiratorio, elemento fondamentale nel mantenere una saturazione di ossigeno adeguata per tutto il tempo necessario fino a che che la malattia abbia completato il suo decorso. Questo aspetto è fondamentale e deve essere gestito da un team multi-specialistico di infettivologi, rianimatori, medici intensivisti. Per questo motivo avere un numero adeguato di letti in terapia intensiva è un elemento cruciale, probabilmente il più importante nel definire quali dimensioni avrà l’epidemia in termini di mortalità dei pazienti”.

La Cina non è mai stata più vicina, è bastata una manciata di giorni per trasformare il lodigiano nella Wuhan italiana e poi l’intera penisola in zona rossa. A cosa si deve una diffusione così rapida?

“La rapidità della diffusione epidemica nel nostro paese è simile a quella cinese. Quando il virus è arrivato nei nostro Paese si è verificato lo stesso problema epidemiologico accaduto in Cina. E’ un virus subdolo e contagioso , l’appello a stare a casa deve essere recepito in modo assoluto. Nei prossimi giorni vedremo se le misure restrittive adottate sono state efficaci nel creare il vuoto intorno al virus, ma è importante sottolineare che se qualcuno devia dalle regole che ci siamo dati, rischia di compromettere il risultato dell’impegno richiesto a tutti”.

Secondo lei il picco è arrivato o dobbiamo aspettarci di peggio?

“Venerdì si sono registrati oltre 900 morti in Italia, difficile dire che l’epidemia stia rallentando significativamente. Dobbiamo monitorare il numero di contagi, (variabile in base alla quantità di tamponi fatti giornalmente) il numero dei decessi e dei guariti. L’analisi di questi dati ci permetterà di verificare se il picco dell’epidemia si avvererà nei prossimi giorni come abbiamo stimato. Dobbiamo monitorare la situazione anche negli ospedali e proteggere gli operatori sanitari in modo che negli ospedali non si creino le condizioni per piccoli focolai epidemici che possono alimentare il contagio”.

Come vivete questa epidemia dietro il camice da medico?

“L’aspetto che più amareggia è la sensazione di non avere disponibili tutti i letti che vorremmo e il dover lasciare a casa pazienti con una malattia più lieve che, se vi fosse la possibilità, terremmo meglio sotto osservazione in ospedale. La stragrande maggioranza dei malati lievi è oggi seguita a domicilio, grazie all’enorme lavoro dei medici di base, anch’essi in prima linea in questa battaglia”.

Nella sua carriera di infettivologo, ha dedicato tanta attenzione al tema dell’HIV, una delle più epidemie piu importanti del ventesimo secolo. Vi sono dei punti in comune con questa epidemia?

“Dal punto di vista psicologico e psico-sociale vi è una notevole somiglianza, simile è lo sconcerto che ha provocato l’HIV a suo tempo nella comunità scientifica e nella società civile. L’aspetto peculiare dell’infezione da Coronavirus, che si trasmette attraverso le goccioline che il malato emette attraverso i colpi di tosse, gli starnuti, la saliva e possono essere respirate da altre persone vicine al malato è che il contagio può interessare tutti, non è legata a particolari fattori di rischio. L’infezione da HIV è oggi un’infezione cronica, ben controllata con l’utilizzo di farmaci specifici ma al momento non curabile. Il decorso della polmonite da Coronavirus, per quel che ne sappiamo al momento, è invece molto breve, si conclude entro un mese, ma è gravato da tassi di mortalità, per lo meno nei pazienti ospedalizzati, significativi. E a questo si aggiungono e si aggiungeranno le conseguenze molto gravi per l’economia del nostro paese”.

Cosa cambierà dopo questa emergenza?

“La pandemia da Coronavirus è un evento che già incide sulle nostre vite e inciderà profondamente nelle nostre abitudini, nel nostro stile di vita, sotto tutti i profili, di salute pubblica, relazionale ed economico. Oggi attendiamo tutti di poter usare la parole ‘fine’, è difficile pensare al dopo. Ora dobbiamo combattere questa epidemia, riuscire a contenerla, questo è l’obiettivo prioritario adesso”.